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LA
GERUSALEMME
LIBERATA.
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LA
GERUSALEMME
LIBERATA,
DI TORQUATO TASSO.
TOMO PRIMO.
IN PARIGI,
Si yende da Crapart, Caii.i.i e Ratier,
Libraj , Piopiietarj delli Raccolta de'
Libri di piccola forma detta Cazin , strada
Pavée-S.-André , a° 12.
i&oS..
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Xtt.\Tfe
UNIVERSITY
V J.IBRARY7
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VITA V
DEL TASSO,
Estratta dagli Elogi di Lorenzo Crasso*
JLiE contese della nascita di Torquato Tasso
sono state si grandi , che più che ad indagare
il vero, han servito di mantenimento all' os-
tinazione; fatalità forse dell' Italia, che ere-
ditando dalla Grecia le scienze, ereditò anche
d'un altro Omero le contese de' natali. K
quantunque Torquato in più luoghi delle suo
Opere chiamossi Napoletano, ed io, come dì
patria, possa valermi di cosi bella testimo-
nianza, con tutto ciò non debbo questo affer-
mare , sapendo bene , che non meno coloro ,
che nascono nella città di Napoli , che negli
altri luoghi e città del regno , Napoletani
s' appellano. Da Bernardo Tasso da Bergamo
chiarissimo poeta, e da Porzia Riossi , 1' uno
e 1' altra di nobilissima famiglia, a' dieci
d' aprile del 1644 nacque Torquato Tasso in
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Gì
I
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€ T IT A
Sorrenro, eittà deliziosa per le odorifere ondìr
del mare , e per le fruttifere sue colline , da
Napoli dieciotto miglia lontana. Fin da' primi
anni delineata osservavasi nel suo volto una
serietà cinta d ' una mestissima pallidezza».
Avendo appresa, dopo la gramatica, la ret*
torica, e la poetica , fu dall* accorto genitore
mandato allo studio di Padova , acciocché
approfittandosi nelle leggi , divenisse il sos*
tegno della sua casa , pur troppo avvezza da
molti anni a sofierire le fierissirae scosse dell'
implacabile fortuna. Ma , conoscendosi Tor-
quato fornito d'animo ripugnante alla pro-
fessione legale, benché temesse e venerasse
il padre , gravido di poetici entusiasmi , altre
leggi non imparò, che le canore leggi d'uu
armonioso componimànto. Non ancor giunta
/lU' anno decim' ottavo, fé' comparire del
suo amenissimo ingegno il primo fiore , stam-
pando il Rinaldo , poema, il quale , a giudi-r
tio degl'intendenti, superò non solamente
1 ' età incapace di formar così regolata coni^
posizione, ma di molti rinomati poeti avanzò
la gloria. Per la morte de ' genitori , da Pa-r
dova, dove studiata aveva la filosofia, «
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D-E t TA-SSO. 7
V altre scienze si conferi a Bologna, preve-
nuto però in ogni luogo dalla sua fama : e ivi
trovò ricovero in casa di monsignor Cesis,
poscia cardinale, tnvagliito d^l Tasso il prin-
cipe cardinal d' £ste , Mecenate de' virtuosi ,,
. clìiamollo a Ferrara j conducendolo sempve
seco, recandosi a somma grandezza d'aver
alla sua corte un poeta di tanta estimazione ,
elle dal cristianissimo rè di Francia veniva
onorato col titolo di grande. Con questa occa-
sione entrò nella grazia di tutta la casa Es-
tense , protettrice delle lettere , e principal-
mente di Alfonso duca di Ferrara , nella di
cui fioritissima corte ebbe agio Torquato di
dar 1' ultimo^ compimenti al suo famosissimo
poema eroico , intitolato La Gerusalemme
liberata, che da molti e molti* anni comin-
ciato aveva* "Questo è quel poema, il quale
perfettissimamente composto, badato a dive-
dere-, che Omero nella lingua greca, Virgilio
nella lingua latina superiori non sono a cosi
bella composizione, nell' italico idioma com-'
posta, per la sceltezza delle parole, per l'ai*
tezza dello stile , per la nobiltà della frase ,.
per la proporzione delle metafore , per 1 ' ar-
t
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8 VITA
monia del mefro, per l' elezione del soggetto ,
e per la perfezione dell ' arte , animirandosi
nella struttura di sì grand ' opera le scienze
tutte ; onde con ragioVie dal dottissimo Paolo
Beni venne celebrata sopra tutti gli altri
poemi nel libro della comparazione di Omero y
di Virgilio , e del Tasso , avendo della Geru-
salemme liberata commentati i primi dieci
canti , perchè più chiaramente apparissero di
questo singoiar poeta la dottrina e l'arte.
Ma con tutto ciò contro a così lucido sole
dell' eroica poesia non mancarono d' in-
sorgere ombre caliginose per ecclissarlo. Era
nella città di Firenze famosissima l'academia
della Crusca, la quale, o che nutrisse ancor
lo sdegno concepnto verso il Tasso , o che iu»-
proporzionate stimasse le lodi attribuite al
poema, fabbricò contro al detto poema una
' rigorosa censura, che uscita alla pubblica luce,
quantunque gli autori di essa per letterati li
giudicasse il mondo , non però volle alienarsi
dalla pristina opinione, anzi al Tasso servi
d ' accrescimento di gloria. Ma a Torquato di
genio malinconico accrebbe la detta censura
non ordinaria bile j ed impaziente d' ogni di»
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I>ILTA88 0. 9
mora , diedesi a fonnar la risposta alla Crusca ^
ed a rifar il poema col novello titolo di Ge-
rusalemme conquistata; errore veracemente
grande y nato da un grand' uomo, e da' lette-
rali tutti ripresa, sola difendendolo l'op-
pressione , di tempo in tempo , della sua na-
turale malinconia, la quale crescendo cogli
anni , era divenuta un' evidentissima fatuità»
Mentre Torquato dimorava in Ferrara nella
splendidissima corte del duca Alfonso con ogni
estimazione, di nuovo si vidfe assalito dalla
sua solita atra bile ; e come lontano da' retti
sensi miravasi operare , ora qual fuggitivo
andando ramingo con mntazione d ' abito e
di nome, ora qual timido agnello ritornato
all' ovile , solamente costante nell' incos-
tanza delle sue azioni. Non mancò in tanti
discorsi d ' eruditi ingegni, chi assegnasse per
cagioni di quella pazzia 1 ' altissime fiammo
d'un impossibile amore internamente rac-
chiuse col predominio dell ' innata malinconia*
A fallo cosi compassionevole cercando dar
soccorso il prudentissimo duca, procura di
racchiuderlo in luogo di sicurezza , nella qual
custodia y ancorché dimorato vi fosse buono
,dby Google
IO ▼ I T A
spasio di tempo indarno , forse avrebbe la
pristina libertà ottenuto , se dal pietoso zelo ,
e dalla sviscerata amicizia dell' abate Angelo
Grillo Benedettino, poeta anch' egli di nobil
grido, non si fossero procurate appresso il
duca Alfonso le intercessioni di molti princi-
pi , e particolarmente del duca di Mantova y
per la di lui liberazione. Uscito dal carcere
Torquato, partì da Ferrara, ed andò a Man-
' tova; e, perchè era chiamato in Roma dal
cardinal Cintio Aldobrandino , acciocché ono-
rato della corona dell' alloro pubblicamente
venisse, come celebre poeta, subito tra' suoi
' repentini furori volle condursi alla porte di
Roma, non sano di mente però, benché ogni
parte desiderasse per sua salute d ' essère una
valevole Anticira. Giunto in Roma, ed avenda
dato fine alla dottissima opera del mondo crea-
to, composta in verso sciolto, quando s'at-
tendeva da tutto il mondo letterato 1' onore^
vole e gloriosa funzióne , giustissimo il cielo ,
considerando , che al cantor della terrena
Gerusalemme dar si dovesse la corona nelli^
celeste, volle che Torquato lasciasse la caduca
peri' etema gloriai' anna iSpS. U cadavera
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DSX.TA88 0. II
dì questo nobilissimo poeta fu seppellito in
Roma nella Chiesa di Sant' Onofrio y leggen*
dosi nella lapida :
D. o. M.
TORQUATI TASSI
Omw hìc jacent.
Hoc, ne nescius essetHoipes,
Fratres hujiis Ecclesiae
Posuerunt.
AnnoM.D.XCV.
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ALLEGORIA
DEL POEMA.
T
XJ'zAOiCA poesia , quasi animale in cui
due nature si cengiungono, d'imitazione e
d'allegorìa h composta; con quella alletta a
se gli animi , e gli orecchi degli uomini , «
maravigliosamente gli diletta ; con questa ^
nella virtù , o nella scienza , o nell ' una e
nell' altra gli ammaestra : e siccome l'epica
imitazione altro giammai non è, che somi-
glianza ed imagine d' azione umana, cos\
suole l'allegoria degli epici, dell' umana
vita esser figura. Ma l'imitazione riguarda le
azioni dell ' uomo , che sono ai sensi esteriori
sottoposte , ed intorno ad esse principalmente
affaticandosi cerca di rappresentarle con pa-
role efficaci ed espressive , ed atte a por chia-
ramente dinanzi gli occhi corporali le cose
rappresentate : né considera i costumi , o gli
affetti, o i discorsi dell' animo, inquanto
essi sono intrinseci , ma solamente in quanto
fuori se ne escono , e nel parlare , e negli^tti ,
e nell' opere manifestandosi accompagnano
\
^ Digitizedby Google^
ALLEGORIA DEL POEMA. l3
l'azione. L'allegoria all' incontro rimira le
passioni, e le opinioni , e i costumi /non solo
in quanto essi appajono , ma principalmente
nel loro essere intrinseco ^ e più oscuramente
le significa con i^ote (per così dire ) miste-
riose j e che solo da' conoscitori della natura
delle cose pessimo essere appieno comprese.
Ora lasciando l'imitazione da parte , dell'
allegoria j eh' h nostro proposito , ragionerò.
£]]ày siccome h doppia la vita degli uomini y
cosìi or dell ' una , or dell ' altra ci suole essere
figura y che ordinariamente per uomo inten-
diamo questo composto di corpo , e d' anima,
e 4i mente; ed allora vita umana si dice quella,
che di tal composto è propria , nelle opera-
zioni della quale ciascuna parte d'esso con-
corre , ed operando queUa perfezione acqtiista,
della quale per sua natura h capace. Alcuna
volta, benché più di rado, per uomo s'in-
tende non il composto, mala nobilissima parte
di esso , cioè la mente. E secondo quest' ulti-
mino significato si dirà , che il vivere dell'
uomo sia il contemplare , e l' operare sempli-
cem^te con l'intelletto ; come questa vita
molto paja paxticipare della divinila, e quasi
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k4 ALLtGORtA
transumanandosi , angelica divenire. Or della
vita dell ' uomo contemplante è figura la co<*
media di Dante, e l'Odissea, quasi in ogni sua
parte : ma la vita civile in tutta l'Iliade si
vede adombrata ; e nell ' Eneide ancpra , ben-
ché in questa si scorga più tosto un mescola-
mento d' azione e di contemplazione. Ma
perchè 1 ' uomo contemplativo è solitario , e
l'attivo vive nella compagnia civile, quindi
avviene che Dante , ed Ulisse nella sua par*
tita di Calipso , si fingono non accompagnati
da esercito, o da moltitudine di seguaci , ma
soli si fingono ; dove Agamennone e Achille
si sono descritti, l'uno generale dell' esercito
Greco , 1 ' altro condottier di molte schiere di
Mirmidoni, ed Enea si vede accompagnato
quando combatte , e quando fìi 1 ' altre civili
operazioni ; ma quando scende ali ' inferno ed
ai Campi Elisi , lascia i compagni , e resta ,
non eh ' altri , il suo fedele Acate , il quale
non soleva mai dal fianco allontanarglisi. Né
a caso finge il poeta, che vada egli solo^
perchè in quel suo viaggio ci è significata una
sua contemplazione delle pene e de' premi,
che nell' altro secolo all' anime buone , ed
,db^ Google
BUL PO£MA. iS
fXie reo si riferbano. Oltra di ci& IJopera-^
zione dell' intelletto speculativo, eh' h ope^
razione d' una sola potenza, commodanient»
dall' azion d'un solo ci vien figurata; ma
1 ' operazione politica , che procede dall' intel-
letto , ed insieme dall ' altre potenze dell ' ani-
mo y che sono quasi cittadini uniti in una re-r
pubblica, non può così commodamente esser»
adombrata d'azione, in cui molti insieme,
ed ad un fine operanti non concorrano. A
queste ragioni , ed a questi esempi avendo io
riguardo , formai 1 ' allegoria del mio poema
tale quale ora si manifesterà.
L' esercito composto dì varj principi e d' al-
tri soldati Cristiani , significa 1 ' uomo virile ,
il quale è composto d'anima , e di corpo ; e
d' anima non semplice, ma distinta in molte
e varie potenze* Gerusalemme , città forte ,
ed in aspra e montuosa regione collocata,
alla quale siccome ad ultiiqo fine , sono driz-
zate tutte le imprese dell ' esercito fedele , ci
segna la felicità civile^ qual però conviene ad
uomo Cristiano , come più sotto si dichiarerà ,
la quale è un bene molto difficile da conse-
guire , e posto in cima ali 'N^alpestre e faticosi^
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26 ALLEGORIA
giogo della virtù , ed a questo sono volte,
come ad ultima meta, tutte le azioni dell'
uomo politico. Goffredo , che di tutta questa
adunanza h capitano , in vece dell' intelletto ,
e particolarmente di quello intelletto , che
considera non le cose necessarie y ma le mu-
tabili , e che possono variamente avvenire , ed
egli per voler di Dio e dei principi , è eletto
capitano in questa impresa, perocché l'in-
telletto h da Dio e dalla natura costituito
signore sovra 1' altre virtù dell' anima, e
sovra il corpo , e comanda a quelle con po-
testà civile , ed a questo con imperio regale.
Rinaldo , Tancredi , e gli altri principi sono
in luogo dell' altre potenze dell' animo , ed
il corpo dai soldati men nobili ci vien dino-
tato : e perchè per la imperfezione dell ' uma-
na natura, e per gì' inganni del nemico di
essa, l'uomo non parviene a questa felicità
senza molte interne difficoltà , e senza trovar
fra via molti esterni impedimenti , questi tutti
ci sono djEdla figura poetica dinotati. La morte
di Sueno e dei compagni, quali non congiunti
al campo , ma lontani sono uccisi , pu6 dimos-
trarci la perdita che 1 ' uomo civile fa degli
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OELPOEMA. IJ
amici, e d' altri beni esterni, che sòdo instru>
nienti della virtù , ed ajuti a conseguir la
felicità. Gli eserciti d ' Africa et d ' Asia , e
le pugne avverse ,. altro non sono che i nemi-
ci , e le sciagure , e gli accidenti di contraria
fortuna. Ma venendo agli intrinseci impedi-
menti , 1 ' amor , che fa vanneggiar Tancredi ,
e gli altri cavalieri , e gli allontana da Gof-
fredo , e lo sdegno , che desvia Rinaldo dalla
impresa, signi6cano il contrasto che con la
ragionevole fanno la concupiscibile ed iras-
cibile virtù , e la ribellion loro. I demoni ,
che consultano per impedir 1' acquisto di Ge-
rtisalcnmie, sono insieme figura e figurato, e ci
rappresentano se medcsmi, che si oppongono
alla nostra civile felicità, acciochè ella non
ci sia scala alla cristiana beatitudine. I due
Maghi Ismeno ed Armida , ministri del Dia-
volo , che procurano di rimovere ì Cristiani
dal guerreggiare , sono due diaboliche tenta-
zioni , che insidiano a due potenze dell ' ani-
ma nostra, dalle quali tutti i peccati procedono*
Ismeno significa quella tentazione , che cerca
d * ingannare con false credenze la virtù ( pe»
co8\ dire) opittiatrice. Armida è la tentazione .
2.
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l8 ALLEGORIA
che tende insidie alla potenza , che appetisce ;
e cosi da quello procedono gli errori dell*
opinione, da questa quegli dell' appetito. Gli
incanti d ' Ismeno nella selva, che ingannano
con deiasioni , altro non significano , che la
falsità delle ragioni, e deHe persuasioni, laqual
' si genera nella selva , cioè nella moltitudine
e varietà de' pareri , e de' discorsi umani ; e
perocché 1' uomo segue il vizio , e fugge la
virtù , o stimando che le fatiche e i pericoli
siano mali gravissimi ed insopportabili, o giu-
dicando (come giudicò Epicuro e i suoi se-
guaci ) che ne' piaceri e nell' ozio si ritrovi
la felicità : per questo doppio è l' incanto e
la delusione. Il fuoco , il turbine , le tenebre ,
ì mostri , e l' altre così fatte apparenze, 3ono
gì ' ingannevoli argomenti , che ci dimostrano
le oneste fatiche , gli onorati pericoli sotto
imagine di male. I fiori , i fonti , i ruscelli ,
gli istromenti musici, le Niufe, sono i fallaci
sillogismi , che ci mettono innanzi gli agi e i-
diletti del senso, sotto apparenza di bene.
Ma tanto basti aver detto degl' impedimenti
«he tro^a l'uomo coA in se stesso , come fuori
di se; perocché; se bene d'alcune cose non
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DI I. POEMA. 19
s' è espressa 1' allegoria , con questi, principj.
ciascuno per se stesso potrà investigarla. Or»
passiamo agli ajuti estemi e intemi, e co^
quali l' uomo civile superando ogni difficoltà ^
si conduce alla desiderata felicità. Lo scuda
di diamante , che ricopre Raimondo , e poi si
mostra apparecchiato in difesa di Goffredo ,
deve intendersi per la particolar custodia del
signor Iddio. Gli angeli significano orl'ajuto
divino , ed or le divine inspirazioni y le quali
ancora ci sono adombrate nel sogno di Goffrè*
do , e nei ricordi dell' Eremita. Ma l'Eremita,
che per la liberazione di Rinaldo indrizza i
due messagieri al Saggio y figura la cognizione
sopranaturale ricevuta per divina grazia , sic-
come il Saggio la umana sapienza ; imperoc-
ché dall'umana sapienza, dalla cognizione
dell' opere di natura, ei dei magisteri suoi si
genera e si conferma negli animi nostri la
giustizia , la temperanza , il disprezzo della
morte e delle cose mortali , la magnanimità ,
ed ogni a^ra virtù morale , e grande ajuta
può ricevere 1' uomo civile in ciascuna sua
opeiazion» dalla contemplazione. Si finge che
queeto Saggio fosse nel suo nascimento pagano^
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20 ALLEGORIA
ma che dall' Eremita convertito alla vera
fede, 8Ì sia renduto cristiano, e eh' avendo
deposta la sua prima arroganza , non molto
presuma del suo sapere , ma s' acqueti al giu-
dizio del maestro : perchè la filosofia nacque
e si nudri tra' gentili nell' Egitto , e nella
Grecia , e di là a noi trapassò , presontuosa di
96 stessa, e miscredente, ed audace, e superba
fuor di misura. Ma da san Tommaso , e dagli
altri santi Dottori è stata fatta discepola , e
ministra della teologia , e divenuta per opera
loro modesta , e più religiosa , nessuna cosa
ardisce temerariamente affermare contra quello
che alla sua maestra è rivelato. Ne indarno è
introdotta la persona di questo Saggio, poten-
do per consiglio solo dell' Eremita esser tro-
valo , e ricondotto a Rinaldo , perch' ella
s' introduce per dimostrare che la grazia del
signor Iddio non opera sempre negli nomini
immediatamente , o per mezzi estraordinarj ,
ma tk molte fiate le sue operazioni per mezzi
naturali ; ed è molto ragionevole , che Gof-
fredo , il quale di pietà e di religione avanza
tutti gli altri , ed è , come abbiamo detto , '
figura dell' intelletto , sia particolarmente fa*
,dby Google
D E I. P O £ M A. ai
Torìto y e privilegiato con grazie, le quali a
nessun* altro non siano comunicate. Questa
umana sapienza adunque indrizzata da virtù
superiore, libera 1' anima sensitiva dal vizio ,
e v' introduce la moral virtù : ma perchè
questa non basta, Piero Eremita confessa
Goffredo e Rinaldo, e prima aveva convertito
Tancredi. Ma essendo Goffredo e Rinaldo le
due persone che nel poema tengono it luogo
principale , non sarà forse se non caro ai let *
tori , eh ' io replicando alcuna delle già dette
cose , minutamente manifesti 1' allegorico
senso y che sotto il velo delle loro azionisi
nasconde. Goffredo ,'il quale tiene iL primo
luogo nella favola, altro non è nell' allegoria,
che l'intelletto, il che s ' accenna in alena
luogo del poema , come in quel verso.:
Tu il senno sol , tu sol Io scettro adopra.
£ più chiaramente in quell ' altro :
L' anima tna mente del campo , e vita.'
£ si soggiunge vita , perchè nelle potenze
più nobili le men nobili sono contenute. Ri-
naldo dunque , il quale nella azione è nel se-
condo grado d' onor, deve ancora nell' alle-
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22 ALLEGORIA
goria in grado corrispondente esser collocato :
ma qual sia questa potenza dell * animo , che
tiene il secondo grado di dignità , or si farà
manifesto. Irascibile è quella , la quale fra
tutte 1' altre potexize dell ' anima meno s' al-
lontana dalla nobiltà delta mente ; intanto par
che Platone cerchi , dubitando^ se ella sia di-
versa dalla ragione , o nò : e tale ella è nell*
animo , quali sono nell 'adunanza degli uomini
ì guerrieri, é siccome di costoro e ufficio, ub-
bidiendo ai principi , che danno l' arte alla
scienza del commandare, combattere contra
i nemici, così è debito della irascibile parto
dell' animo guerriera, e robusta, armarsi per
la ragione contra le concupiscenze, e con
quella Temenza e ferocità eh' h propria di
lei , ribattere , € discacciare tutto quello che '
gli può essere impedimento alla felicità : ma
quando essa non ubbidisce alla ragione ,
ma si lascia trasportare dal suo proprio im-
peto, alle volte avviene, che combatte non
contra le concupiscenze, ma per le concu-
piscenze, o a guisa di cane, reo custode,
non morde i ladri , ma gji armenti. Ques-
ta virtù impetuosa, vomente , ed invitta,
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SEI. 3POEM A. 2Z
come che non possa interamente essere da
un sol cavaliere figurata , h nondimeno
principalmente significata da Rinaldo ^ come
ben s' accenna in quel verso, ove di lui si
parla :
Sdegno gnerrìer della ragion feroce.
Il qoale mentre combattendo centra Ger-
nando trapassa i termini della vendetta ci-
vile , e mentre serve ad Armida , ci può
dinotare l ' ira non governata dalla ragione :
mentre disincantata la selva , espugna la
città, rompe l'esercito nemico, l'ira di-
rizzata alla ragione. Il ritorno dunque di Ri-
Baldo , e la reconciliazion sua con Goffredo ,
«Itro non significa, che l' obbedienza, che
rende la potenza irascibile alla ragionevole ,
e in queste riconciliazioni due cose si awer-
tiscono : l'una, che Goffredo con civile
moderazione , si dimostra superiore a Rinal-
do , il che e ' insegna, che la ragione co-
manda all' ira non regalmente , ma citta-
dinescamente. All' incontro Goffredo impe-
riosamente imprigionando Argillano , reprime
la sedizione , per darci a divedere , che la
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.24 « ALLEGORIA
potestà della mente sovra il corpo h regia
e signòrHe. L' altra cosa degua di conside-
razione , è che siccome la parte ragionevole
^on dee ( che molto in ciò s ' ingannarono
gli stoici) escludere l' irascibile dalle azioni^
né usurparsi gli oiRci di lei ^ che questa
usurpazione sarebbe contra la giustizia na-
turale , ma deve farsela compagna e ministra :
cosi non doveva Goffredo tentare la ventura
del bosco egli medesmo y uh attribuirsi gli
altri uffici debiti a Rinaldo.
Miupre artifizio dunque si sarebbe dimo^
trato , e minor riguardo avuto a quella utilità ,
la quale il poeta , come sottoposto al poli*
tico , deve aver per fine , quando si fosse
finto che da Goffredo solo fosse stato operato
tutto ciò eh' era necessario per 1' espugna-
xione di Gerusalemme.
Non è coptrario , o diverso da quello che
• ' è detto f ponendo Rinaldo , e Goffredo
per segno della ragionevole e della irasci-
bile virtù; quel che dice Vgone nel sogno,
quando paragcTnal' uno al capo e 1' altro
alla destra : perchè il capo ( se crediamo
^ Platone ) è sed^e della ragione , e la destra^
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DEL POEMA. 25
te non è sede deli' ira, è almeno sao prin-
cjj>alisaimo istromento. Ma per venir final-
mente alla conclusione y 1' esèrcito in cui
già Rinaldo e tutti gli altri cavalieri, per
grazia di Dio, e per umano avvedimento
9ono ritornati , e sono obbedirti al capitano,
significa 1' uomo già ridotto nello sfato della
giustizia naturale , quando le potenze supe-
riori comandano , come debbono , e le infe-
Tiori obbediscono: ed oltre a ciò , nello stato
dell'obbedienza divina, allora facilmente è
disincantato il boséo , espugnata la città , e
sconfitto 1' esercito nemico, cioè superati
agevolmente tutti gli esterni impedimenti ,
1' uomo conseguisce la felicità politica : ma
perchè quella civile . beatitudine non deve
essere l'ultimo segno dell' uomo cristiano, ma
deve egli mirar più alto alla cristiana feli-
cità , per questo non desidera Goffredo d' es-
pugnar la terrena Gerusalemme , per averne
semplicemente il dominio temporale , ma
perchè in essa si celebri il culto divino, e
possa il sepolcro liberamente esser visitato
da' pii e divoti peregrini, e si chiude il poema
nella adorazione di Go£&edo , per dimostrarci
1. 3
Digitizedby Google ^
26 ALLEGORIA DEL POEMA.
che l' intelletto affaticato nelle azioni civili
deve finalmente riposarsi nelle orazioni , e
nelle contemplazioni dei beni dell' altra vita
beatissima ed immortale.
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LA
GERUSALEMME
liberata:
' ì ' . ■■ -
CANTO PRIjyiO.
ARGOMENTO.
Manda a Torto«a Dio 1 ' Angelo ; u ' poi
Goffredo aduna i principi cristiani.
Quivi concordi que ' famosi eroi
Lui duce fan degli altri capitani.
Quinci egli pria vuol rivedere i suoi
Sotto 1 ' insegne; e poi gì ' invia ne ' piani
Ch ' a Sion vanno : intanto di Giudea.
U rè si turba alla novella rea.
\^ ANTO 1* anni pietose , e ' 1 capitano
Che '1 gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò col senno e con la mano ;
Molto soffrì nel glorioso accpiisto ;
£ in van 1 ' inferno a lui s ' oppose ; e in vanq»
8 ' armò d ' Asia e di Libia il popol misto :
Che ' 1 ciel gli die favóre , e sotto ai santi
^gni ridusse i suoi compagni erranti.
uigiiizedbyGqOgle
ftS l'i- CERUSÀLEMMC tlBERATA^
O Musa , tu che di caduchi allor
Non circondi la fronte in Elicona ,
Ma SII nel cielo infra i heati cori
Hai di stelle immortati aurea corona ;.
Tifspira al petto mio celesti ardori ,
Tu rischiara il mio canto , e tu perdona
S ' intesto fregi al ver , s' adorno in parte
D' altri diletti , che de' tuoi, le carte.
Sai che la corre il mondo , ove più versi
Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso ;
£ che '1 vero condito in molli versi)
I più schivi allettando ha persuaso.
Così all' egro fanciul porgiamo aspersi
Di soavi ticor gli'orti del vaso :
Succhi amari , ingannato , intanto ei beve ,
E dall ' inganno suo vita riceve.
Tu magnanimo Alfonso , il c[ual ritogli'
Al furor di Fortuna , e guidi in porto
Me peregrino errante , e fira gU scogli y
. E fi'a r onde agitato , e quasi assorto ;
Queste mie carte in lieta fronte accogli ,
Che quasi in voto a te sacrate io porto.
Forse un dì fia , che la presaga penna
Osi scriver di te quel eh ' or n ' accenna.
E ben ragion ( s * egli avverrà che *ri pace
II buon popol di Cristo unqua si veda ;
E con navi e cavalli al 'fiero Trace
Cerchi ritór la grande itigiùstfi preda )
Ch ' a te Ib seettro in terra , o se ti piace j
li* alto imperio de' mari a te con,ceda. .
Emulo dì Goffredo , i nostri carmi
Intanto ascolta , et t' apparecchia all' armi^
CAWTOPBIMO.. 29
Già '1 sesto anno volgea che 'n oriente
Passò 3 campo cristiano all' alta impresa ;
£ Nicea per assalto, e la potente
Antiochia con arte avea-gik presa.
li' avea poscia in battaglia , incontra gente
Di Persia innumerabile , difesa ;
!E Tortosa espugnata : indi' alla rea
Stagion die loco , e '1 novo anno attendea.
E '1 fiàe omai di quel piovoso inverno ^
Che fea I' arme cessar , lunge non era ;
Quando dall' alto soglio il Padre etemo ,
Ch' è nella parte più del ciel sincera , •
E quanto è dalle stelle al basso inferno ,
Tanto h più in su della stellata spera ,
. Gli occhi in giù volse , e in un sol punto , e in una
Vista mirò ciò che 'nse il mondo aduna.
Mirò tutte le cose , ed in Soria
S' aiHssò poi ne ' principi cristiani:
£ con quel guardo suo eh' addentro spia^
IVel più secreto lor gli affetti umani ,
Tede Goffredo che scacciar desia
Dalla santa città gli empj Pagani :^
£ pien di fé , di zelo , ogni mortai^
Gloria , imperio , tesor mette in non cale.
M9 vede in Baldovin cupido ingegno
Ch' all' umane grandezze intento aspira ;
Tede Tancredi aver la vita a sdegno ,
Tanto un suo vano amor 1' ange e raartira :
£ fondar Boamondo al novo regno
Suo d' Antiochia alti principi mira ,
£ leggi imporre , ed introdur costume y.
£d arti , e culto di verace nume»
3.
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So LA GERUSALEMME LIBERATA.
£ cotanto internarsi in tal pensiero ,
Gh' altra impresa non par che più rammenti*.
Scorge in Rinaldo ed animo guerriero ,
£ spirti di riposo impazienti.
Pion cupidigia in lui d'oro o d'impero,
Ma d'onor brame immoderate, ardenti.
Scorge che dalla bocca intento pende
Di Guelfo , e i chiaii antichi esempj apprend«s
Ma poich' ebbe di questi, e d' altri cori
Scorti gl'intimi sensi il rè del mondo;
Chiama a se dagli angelici splendori
Gabriel, che ne 'primi era il secondo.
£ tra Dio, c[uesti, e l' anime migHori
Interprete fedel , nunzio giocondo :
Giù i decreti del cicl porta , ed al cielo
Riporta de' mortaH i preghi , e' 1 zelo.
Disse al suo nunzio Dio ; Goffredo trova ,
£ in mio nome dì lui : Perchè si cessa ?
Perchè la guerra ornai non si rinnova ,.
A liberar Gerusalemme oppressa ?
Chiami i duci a consiglio , e i tardi mova
All' alta impresa : ei capitan fìa d' essa.
Io qui r eleggo , .e 'l faran gli altri io terra ,
Già suoi compagni, or suoi ministri in guerra^
Così parlogU ; e Gabriel s' accinse
Veloce ad eseqùi r l' ifnp^te cose.
La sua forma invisibil d' aria cinfte^
£d al senso mortai la sottopose.
Umane membra, aspetto uman si finse.
Ma di celeste maestà il compose.
Tra giovane, e fanciullo età confine
l^rese, ed ornò di raggi il biondo: crine.
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CANTO PRIMO. 3»
Ali tiandic vesti eh* han d* or le cime)
Infaticabilmente agili e preste.
Fende i Tenti e le nnLi , e Ta sublime
Sovra la terra , e sovra il mar con queste.
Così vestito, indirinossi all' ime
Parti del mondo il messaggier celeste :
Pria sul Libano monte ei si ritenne ,
E si librò suU' adeguate penne.
E ver le piagge di Tortosa poi
Driszò, precipitando il volo in gtuso.
Sorgeva il novo sol Hai lidi Eoi,
Parte già fnoF, ma 1 più neU' onde chiuso i
E porgea mattutini i preghi suoi
Goffredo a Dio , come egli avea per uso ;
Quando a paro col sol , ma più lucente y
L' Angelo gli apparì dall* oriente.
£ gli disse: Goffredo , ecco opportuna
Già la stagion eh' al guerre^ar s' aspetta-^
Perchè dunque trapor dimora alcuna
A liberar Gerusalem soggetto ?
Tu i prìncipi a consiglio ornai ragnna:
Tu al (in dell' opra i neghittosi affretta.
Dio per lor duce già t' elegge ; ed essi
5opporran volontari a te se stessi.
Dio messaggier mi manda : io ti rivelo
La sua mente in suo nome. Oh quanta spen»
Aver d' alta vittoria , oh quanto ado
Dell' oste a te commessa or ti convieue !
Tacque; e sparito, ri volò del cielo
Alle parti più eccelse e più serene.
Kesta Goffredo ai detti , allo splendore >
P' octhi lbb«glÌAio , attonito di core.
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34 t«A GERUSALEMME LIBERATA.
Turchi , Persi , Antiochia ( illustre suono ,
£ di nome magnifico e di cose l )
Opre nostre non già ^ ma del ciel dono
Furo j e vittorie in ver maravigUose.
Or j se da no^ rivolte e torte sono
Contra quel fin che '1 donator dispose ;
Temo cen privi , e (avola alle genti
Quel sì chiaro rimbombo al fin diventi.
Ah non sìa alcun , per Dio , che sì graditi
Dani in u^o sì reo perda , e diffonda.
A quei che sono alti principj orditi,
Di tutta r opra il filo e '1 fin risponda.
Ora che i passi Uberi e spediti ,
Ora che la stagione abbiam seconda ,
Che non corriamo alla citta eh' è meta
D' ogni nostra vittoria ? e chi più '1 vieta ?
Principi , io vi protesto ( i miei protesù
Udrà il mondo presente , udrà il futuro j
L* odono or su nel ciel anco i celesti)
Il tempo dell' impresa è già maturo.
Men diviene opportun , piii che si resti :
Incertissimo fi a quel eh' è sicuro.
Presago son, s' è lento il nostro corso ,
Ch'avrà d' lE'gitto il Palestin soccorso. .
Disse : e ai detti seguì breve bisbiglio :
Ma sorse poscia il soUtario Piero ,
Che , privato , fra ' principi a consiglio
Sedea , del grau passaggio autor primiero.
Ciò eh' esorta Goffredo, ^d io consiglio ;
!Nè loco a dubbio v' ha , sì certo è il vero ,
£ per se noto ; ei dimostroUo a lungo :
Voi r approvate j ip questo sol v' aggiungo t^
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CAUTO PllIliO. S5
Se ben raccolgo le discordie e 1' onte;
Quasi a prova da voi fatte e patite ,
I ritrosi pareri y e le non pronte
£ in mezzo all' eseijuire opre impedite ;
Reco ad uu ' alta originaria fonte
La cagion d' ogni indugio e d* ogni lite :
A quella autorità , clie in molti e vari
D' opinion , quasi librata , è pari.
Ove un sol non impera , onde i giudici
Pendano poi de ' prem) , e delle pene ,
Onde fian compartite opre y ed uffici ;
Ivi errante il governo esser conviene.
Deb , fate un corpo sol di membri amici :
Fate un capo cbe gli altri indrizzi e frène :
Date ad un sol lo scettro , e la possanza j
£ sostenga di rè vece e sembianza.
Qui tacque il veglio. Or quai pensier, qùai petti
Son cbiusi a te*, sant' aura e divo ardore }
Inspiri tu dell' eremita i detti , ^
£ tu gì '. imprimi ai cavalier nel core :
Sgombri gì' inserti , anzi gì' innati affetti
Di sovrastar, di libertà , d' onore ;
Sì cbe Guglielmo e Guelfo , i più sid>limi,
Chiamar Goffiredo per lor duce i primis .
L' approvar gli altri. Esser sue parti denno
Deliberare, e comandare altrui.
Imponga ai vinti legge egli a suo senno
Porti la guerra , e quando vuole , e a cui.
Gli altri , già pari , ubbidienti al cenno
Sian' or ministri degl' imperj sui.
Concluso ciò , fama ne vola , e grando .
Per le lingue degli uomini si spande.
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ZS LA GERUSALEMME LIBEIATA.
£i si mostra ai soldati : e ben lor par^
Degno dell' alto grado ove 1* han posto;
E riceve i saluti , e* 1 militare
Applauso , in volto^placìdo e composto.
Poich ' alle dimonstranze mnili e care
D ' amor, d' ubbidienza ebbe risposto ,
'Impon che *l d\ seguente , in un gran campo ,
Tutto si mostri a lui schierato il campo.
Facea nefl' oriente il sol ritomo ,
Sereno e luminoso oltre l' usato ;
Quando co' raggi uscì del novo giorno,
Sotto r insegne ogni guerriero armato :
£ si mostrò quanto potè più adomo
Al pio BugUon , girando in largo prato.
S ' era egli fermo , e si vedea davanti
Passar distinti i cavalieri e i fanti.
Mente degli anni e dell' obblio nemica ,
Delle cose custode e dispensiera ,
Vagliami tua ragion, sì cb' io ridica
Di quel campo ogni duce , ed ogni schiera.
Suoni e risplenda la lor fama antica ,
Fatta dagli anni ornai tacita e nera ;
Tolto da' tuoi tesori , orni mia lingua
Ciò chi' ascolti ogni età , nulla 1 ' estingua.
Prima i Franchi mostrarsi : il duce loro
Ugone esser solea , del rè fratello.
iSeir isola di Francia eletti foro
Fra quattro fiumi , ampo paese e bello.
Poscia eh' Ugon morì , de' gigli d' oro
Seguì l'ausata insegna il fier drappello
Sotto Glotareo capitano egregio ,
A cui , se nulla manca ^ è il nome regio.
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CAVTO FRlUO. ^ 67
Hilie ton di graTÌssìma arraatura:
80110 altrettanti i cavatier seguenti, .
Di disciplina ai primi , e di natura ,
£ d' arme e di sembianza indifferenti ;
Pl^ormandi tutti, e gli ha Roberto in con,
Ch' è prìncipe natio di quelle genti*
Poi due pàstor de' popoli spiegaro
Le sqnadhre lor Guglielmo ^ ed Ademaro*
li* uno e 1' altro di lor , che ne ' dirini
XJ$cj già trattò pio ministero,
Sotto r elmo premendo i lunghi crini,
Esercita dell' arme or V uso fero :
Dalla città d' Orange , e dai confini
Quattrocento guerrier scelse il primiero*
Ma guida quei di Poggio in guerra V altro,
Knmero egual, né men nell' arme scaltro.
Baldoyin poscia in mostra addur si Tede
Coi Bolognesi suoi quei del germano :
Che le sue genti il pio fratel gli cede
Or eh' ei de' capitani è capitano.
Il conte de* Carnuti indi succede.
Potente di consiglio , e prò' di mano.
Yan con lui quattrocento : e triplicati
Conduce Baldovino in sella armati.
Occupa Guelfo il campo a lor vicino ,
Uom che all' alta fortuna agguaglia il merto.
Conta costui per genitor Latino
Degli avi Estensi un lungo ordine e certo.
Ma German di cognome e di domino ,
^eUa gran casa de' Guelfoni è inserto..
Begge Carìntia, e presso l' Istro e 'IReno
Ciò che i prisd^ Suevi e i Reti avieno.
J. 4
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S8 GERUSALEMME LIBERATA.
A qnesto, cke retaggio era materno,
Acquisti ei giunse gloriosi e grandi.
Quindi gente traea che prende a scbemo
D' andar contra la morte, ot' ei comandi:
Usa a temprar ne' caldi alberghi il -verno ,
£ celebrar con lieti inviti i prandi.
Fnr cinquemila alla partenza ; e appena
( De' Persi jiTanzo ) il terso or qui ne mena.
Seguia la gente poi candida e bionda ,
Che tra' Franchi , e i Germani , e ' 1 mar si giace.
Ove la Mosa , ed ove il Reno inonda ,
Terra di biade e d* animai ferace :
£ gì' insulani lor , che d' alta sponda
Riparo fansi all' ocean vorace :
L' ocean , che non pur le merci e i legni ,
Ma intere inghiotte le cittadi , e i regni.
Gli uni e gli altri son mille e tutti vanno
Sotto un altro Roberto insieme a stuolo.
Maggior alquanto è lo squadron Britanno :
Guglielmo il regge al rè minor figUuolo.
Sono gì' Inglesi sagittarj , ed hanno
Gente con lor y eh' è più vicina al polo.
Questi dall' alte selve irsuti manda
La divisa dal mondo ultima Irlanda.
Yien poi Tancredi ; e non h alcun fra tanti
( Tranne Rinaldo ) o ferttor maggiore ,
O più bel di maniere e di sembianti,
O più eccelso ed intrepido di core.
S' alcun' ombra di colpa i suoi gran vanti
Rende men chiari, è sol follia d' amore :
Nato fra If arme, amor di breve vista.
Che si nutre d' aflanni, e ibtza acquisU.
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CANTO PRIMO. Xg
É fama che qnel dì clie glorioso
Fc* la rotta de* Persi il popol Franco:
Poiché Tancredi alfin -vittorioso
I fuggitivi di seguir fu stanco ;
Cercò di refrigerio , e di riposo
All' arse labbia , al travagliato fianco , ■
E trasse , ove invitollo al re»o estivo,
Cinto di verdi seggi , un fonte vivo.
Quivi a lui d' improvviso una donsella ,
Tutta , fuor che la fronte , armata apparse.
£ra pagana , e la venuta anch' ella
Per r istessa cagìon di ristorarse.
Egli mirolla, ed ammirò la bella
Sembianza , e d' essa si compiacque e n' arse.
O maraviglia \ Amor eh' appena è nato ,
Già grande vola , e già trionfa armato.
Ella d' elmo coprissi , e se non era
Ch' altri quivi arrivar , ben 1* assaliva.
Partì dal vìnto suo la donna altera,
Ch' h per necessità sol fuggitiva ;
Ma r immagine sua bella e guerriera
Tale ei serbò nel cor , qual' essa e viva.
E sempre ha nel pensiero e l' atto e '1 loco ,
In che la vide , esca continua al foco.
E ben nel volto suo la gente accorta
Legger potria : questi arde , e fuor di spene ;
Così vien sospiroso , e così porta
Basse le ciglia , e di mestizia piene.
Oli ottocento a cavallo , a cui fa scorta ,
Lasciar le piagge di Campagna amene ,
Pompa maggior della natura , e i colli
Che vagheggia il Tirren fertili e moUi. <
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40 GERTJSÀLElfséE LIBERATA.
Yenian dietro ^cento in Grecia nati.
Che 8on quasi di ferro in tutto scardili :
Pendon spade ritorte all' un de' lati :
Suonano al tergo lor faretre ed arcbi ;
Asciutti hanno i cavalli al corso usati ,
Alla fatica invitti , al ciho parchi :
Neil' assalir son pronti , e nel ritrarsi ;
£ combatton fuggendo erranti e sparsi.
Tazio regge la schiera ; e sol fu questi
Che , Greco , accompagnò l' armi Latine*
O vergogna , o misfatto ! or non aventi
Tu , Grecia , quelle guerre a te vicine ?
£ pur quasi a spettacolo sedesti^.
Lenta aspettando de' grand' atti il fine.
Or se tu sei vii serva , è il tuo servaggio
(Non ti lagnar ) giustizia , e non oltri^ggio.
Squadra d' ordine estrema ecco vien poi y
Ma d' onor prima , e di valore e d' urte.
Son qui gli avventurieri invitti eroi,
Terror dell' Asia , e folgori di Marte.
Taccia Argo i Mìnj , e taccia Artù que ' suoi
£rranti , che di sogni empion le carte :
Ch' ogni antica memoria appo costoro
Perde : or qual duce fia degno di loro ?
Dudon di Gonsa è il duce ; • perchè doro
Fu il giudicar di sangue e di virtute ,
Gli altri sopporsi a lui concordi furo ,
Ch' avea più cose fatte , e più vedute.
£i di virilità grave e maturo
Mostra in fresco vigor chiome tannte ;
MosUa , qua» d' onor vestigi degni ,
Di non JjruUe (eri^ impressi segi^^
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CINTO pitmd. 4k
EusUno è poi fra ' primi : e i proprj pregi
Illustre il fanno , e più il fratel Buglion«.
Oernando t' è , nato di rè Nonregi ,
Che scettri vanta, e titoli , e corone.
Rnggier di BalnaviUa infira gH egregi >
La yeccliia fama , ed Engerlan ripone.
E celebrati sop fra' più gagliardi
Un Gentonio , un Rambaldo, e duo Gherardi,
Son fra ' lodati Ubaldo anco , e Rosmondo >
Dei gran ducato di Lincastro erede.
Non fia , eh' Obito il Tosco aggravi al fondo
Chi fa della memòria avare prede :
Né i tre fratei Lombardi al chiaro mondo
InvoU , Achille , Sfor«a , e Palamede :
O '1 forte Otton, che conquistò lo scudo.
In cui dall' angue esce il fanciullo ignudo.
Né Guasco , né Ridolfo addietro lasso :
Né r un né V altro Guido , ambo famosi.
Non Eberardo , e non Gemier trapasso
Sotto silensio ingratamente ascosi.
Ove voi me , di numerar già lasso ,
Gildippe , ed Odoardo amanti e sposi
Rapite ? o nella guerra anco consorti ,
Non sarete disgiunti , ancor che morti.
Nelle scuole d' Amor che non s' imprende?
Ivi si fé cortei guerriera ardita.
Tà sempre affissa al caro fianco , e pende
Da un fato solo V una e l' altra vita.
Colpo eh' ad un sol noccia , uncpia non scende ,
Ma indiviso é il dolor d' ogni ferita.
£ spesso é r un ferito , e 1' altro langue :
£ versa V ahna ^el , se quesU il sangue.
4»
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4ft GERrSALEMME LIBERATA.
Ma il fanciullo Rinalclo è soyca qnesti ,
£ soTra quaoti in mostra eran condotti.
Dolcemente feroce alxar vedresti
La regal fronte , e in lui mirar sol tutti.
Xt età precorse , e la speranza : e presti
Pareano i fior, quando n' uscirò t frutti.
Se '1 miri fulminar nell' arme avvolto ,
Marte lo stimi : Amor, se scopre il volto.
Lui nella riva d' Adige produsse
A Bertoldo Sofia , Sofia la bella
A Bertoldo il possente : e pria che fosse
Tolto quasi il bambin dalla mammella ,
Matilda il ToUe , e nutricollo , e instrusse
Neil' arti r^e ; e sempre ei fu con ella )
Sin eh' invaghì la giovanetta mente
La tromba che s' udia dall' oriente.
AUor ( né pur tre lustri avea fomiti )
Fuggì soletto , e corse strade ignote :
Varcò r Egeo , passò di Grecia i liti.
Giunse nel campo in region remote.
Nobilissima fuga , e che l' infiti
Ben degna alcun magnanimo nipote.
Tre anni son eh' è in guerra : e intempestiva
Molle piuma del mento appena usciva.
Passati i cavaKeri, in mostra viene
La gente a piedi , ed è Raimondo avanti.
Reggea Tolosa , e scelse infra Pirene,
E &a Garona , e l'ocean suoi fanti.
Son quattromila , e ben armati , e bene
Instrutti, usi al disagio , e tolleranti.
Buona è la gente , e non può da più dotta,
O da più forte guida esser condotta.
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CANTO PRIMO. 43»
Ma cinquemila Stefano à' Ambnosa
E di Blesse , e di Turs in guerra adduce.
Pfon è gente robusta o faticosa ,
Sebben tutta di ferro ellVrilucc.
La terra molle e lieta e dilettosa ,
Simili a se gli abitator produce.
Impeto fan nelle battaglie prime ;
Ma di leggier poi langue , e si reprime.
Alcasto il terzo vien , qnal presso a Tebt
Già Capaneo , con minaccioso Tolto.
Sei mila Elvezj , audace e £era plebe ,
Dagli alpini castelli avea raccolto :
Che '1 ferro uso a far solcbi , e franger glebe ,
In nove forme , e- in più degne opre ba -volto ;
£ con la man, che guardò rozzi armenti,
Par che i regi sfidar nulla paventi.
Tedi appresso spiegar V alto vessillo
Col diadema di Piero , e con le cbiavii»
Qui settemila aduna il buon Camillo
Pedoni , d' arme rilucenti e gravi :
Lieto / eh' a tanta impresa il ciel sortillo,
Ove rinnovi il prisco onor degli avi :
O mostri almen eh' alla virtù Latina ,
O nulla manca , o sol la disciplina.
Ma già tutte le squadre eran con bella
Mostra passate , e 1' ultima fu questa :
Quando Goffredo i maggior duci appella,
K la sua mente lor f k manifesta.
Come appaja diman V alba novella
Vuo * che 1* oste s' invii leggiera e presta:
Sicch' ella giunga alla citta sacrata ,
Quanto è possibil più , meno aspettata.
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44 GERrSALEMME LIBERàTA.
Preparatevi dunque ed al viaggi»
Ed alla pugna , e alla vittoria ancora.
Questo ardito parlar d' uom così saggio
Sollecita ciascuno , e 1* av^ora.
Tutti d' andar son pronti al novo raggio >
E impazienti in aspettar V aurora.
Ma 1 provvido Buglion sema ogni tema
Non è però , benché nel cor la prema.
PercV egK avea certe novelle intese.
Che s' è d* Egitto il rè già posto in via
In verso Ga«a , hello e forte arnese
Da fronteggiare i regni di Soria.
Né creder può , che l' nomo , a fiere imprese
Avvezzo sempre , or lento in o«io stia ;
Ma d* averlo aspettando aspro nemico ,.
Parla al fedel suo messaggiero Enrico :
Sovra una lieve saettia , tragitto
Tuo * che tu faccia nella Greca terra.
Ivi giunger dovea ( così m* ha scritto
Chi mai per uso in avvisar non erra)
Un giovine regal d' animo invitto ^
Ch' a farsi vien nostro compagno in guerra;
Prence è de* Dani , e mena un grande stuolo
Sin dai paesi sottoposti al polo.
Ma perché '1 Greco imperator fallace
Seco forse userà le solite arti ,
Per far cV o torni indietro , o ' 1 corso audace
Torca in altre da noi lontane parti ;
Tu , nunzio mio ^ tu , consiglier verace ,
In mio nome il disponi a ciò che parti
Nostro e suo hene : e dì che tosto vegn*
Che di Ini fora ogni tardanza indegna.
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CANTO PRIMO. 46
!NoB Tenìr seco tu ; ma resta appresso
Al rè de ' Greci a procurar 1' ajato ;
Che già più d' una volta a noi promesso ,
£ per ragion di patto anco dovuto.
Cosi parla , e V informa ; e poiché '1 messo
Le lettre ha di credenza , e di saluto ;
Toglie affrettando il suo partir, congedo:
£ tregua fa co' suoi pensier Goffredo.
Il dì segnente , allor eh' aperte sono
Del lucido oriente al sol le porte ,
Di tromhe udissi , e di tamhuri un suono ,
Ond' al cammino ogni guerrier s' esorte.
Non è si grato ai caldi giorni il tuono ,
Che speranza di pioggia al mondo apporte^
Come fu caro alle feroci genti
Jj altero suon de' bellici instrumenti.
Tosto ciascun / da gran desio compunto ^
Teste le membra delle usate spoglie :
£ tosto appar di tutte V arme in punto ;
Tosto sotto i suoi duci ogn ' ubm s' accoglie*
£ r ordinato esercito congiunto
Tutte le sue bandiere al vento sciogtie ; '
£ nel vessillo imperiale e grande
La trionfante Croce al ciel si spande.
Intanto il sol , che de' celesti campi
Tà più sempre ava usando , e in alto ascende j
L' armi percote , e ne trae fiamme e lampi
Tremuli e chiari , onde le viste offende,
L' aria par di faville intomo avvampi ,
£ quasi d' alto incendio in forma ^lende ;
E co' fieri nitrii il suono accorda
Pel ferro scosso ^ e le campagne assorda «
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AS GERUSALEMME LIBERATA.
n capitan , che da ' nemici agguati
he schiere sue d* assicurar desia ,
Molti a cavallo leggermente armati
A scoprir il paese intorno invia.
E innansi i guastatori avea mandati ,
Da cui si debba agevolar la via ,
E i voti luoghi empire , e spianar gli erti :
£ da cui siano i chiusi passi aperti.
Non h gente pagana insieme accolta ,
Non muro cinto di profonda fossa ,
Non gran torrente , o monte alpestre , o foltft
Selva , che '1 lor viaggio arrestar possa.
Così degli à)tri fiumi il rè talvolta,
Quando superbo oltra misura ingrossa,
Sovra le sponde ruinoso scorre :
Ne cosa è mai che gli s' ardisca opporre*
Sol di TripoU il rè , che 'n ben guardate
Mura , genti , tesori , ed arme serra ,
Forse le schiere Franche avria tardate :
Ma non osò di provocarle in guerra.
Lor con messi , e con doni anco placatt
Ricettò volontario entro la terra :
E ricevè condizion di pace ,
Siccome imporle al pio Golfredo piace.
Qui del monte Seir , eh' alto e sovrano
Dall' oriente alla cittade è presso ,
Gran turba scese di fìdeti al piano ,
D' ogni età mescolata , e d' ogni sesso.
Portò suoi doni al vincitor cristiano :
Godea in mirarlo , e in ragionar con esso :
Stupia dell' armi peregrine : e guida
Ebbe da lor Go£&edo amica e fida..
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CÀTTTO PRIMO. j^7
Condoce ei sempre alle marittime onde
Vicino il campo per diritte strade ; ,
Sapendo ben che le propinque sponde
. U amica armata costeggiando rade ,
La qual può far che tutto il campo abbonda
De' necessarj arnesi ; e che le biade
Ogn' isola de' Greci a lui sol mieta ;
£ Scio pietrosa gli vendemmi , e Greta.
Geme il -vicino mar sotto l' incarco
Dell* alte navi , e de* più lievi pini :
Sicché non s' apre omai sicuro varco
Nel mar Mediterraneo ai Saracini.
Ch' oltra quei eh' ha Giorgio armati , e Marco
Ne* Yinixiani , e Liguri confini ;
Altri Inghilterra , e Francia , ed altri Olanda ,
£ la fertil Sicilia altri ne manda.
E questi che son tutti insieme uniti
Con saldissimi lacci in un volere ,
S' eran carchi , e provvisti in varj liti
Di ciò eh' è d* uopo alle terrestri schiere :
Le quai , trovando liberi e sfomiti
I passi de* nemici alle frontiere ,
In corso velocissimo sen vanno
Là 've Cristo soffri mortale affanno.
Ma precorsa è la Fama , apportatrice
J5e* veraci romori , e de* bugiardi ,
Ch' unito è il campo vincitor fehce :
Che già s' è mosso , e che non è chi '1 tardi:
Quante e quai sian le squadre ella ridice :
Narra il nome , e '1 valor de' più gagliardi :
Narra i lor vanti , e con terribil faccia
Gli usurpatori di Sion minacela.
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48 GSR1TSJLI.SM1ÌE LIBEKATA.
£ r aspetUr del male è mal peggiore
Forse, che non parrebbe il mal presente;
Pende ad ogn' aura incerta di romore
Ogni orecchia sospesa , ed ogni mente :
£ nn confuso bisbiglio , entro e di fuore..
Trascorre i campi , e la cittk dolente.
Ma il vecchio rè ne' già vicìn perigli
Tolge nel dnbblo cor fieri consigli.
Aladin detto è il rè , che di quel regno
^OYO signor, vive in continua tura.
Uom già crudel ; ma '1 suo feroce ingegnp
Pur mitigato avea V età matura.
£gli , che de' Latini udì il disegno
Ch' han d' assalir di sua città le mpra ,
Giunge al vecchio timor novi sospetti ;
£ de' nemici pavé , e de' soggetti.
Perocché dentro a una città commisto
Popolo alberga , di contraria fede ;
La debil parte e la minore in Cristo ,
La grande e forte in Macometto crede*
Ma quando il rè fé' di SionT acquisto
£ vi cercò di stabilir la sede ,
Scemò i pubblici pesi a' suoi pagani ;
Ma più gravonne i miseri cristiani.
Questo pensier , la ferità nativa
Che dagli anni sopita, e fredda langue^
Irritando inasprisce , e larawiva
Sì , eh' assetata è più che mai di sangue.
Tal fero torna alla stagione estiva
Quel che parve nel giel piacevol angue :
Così leon domestico riprende ,
L' innato suo furor , a'aitri l' offendi;.
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CANTO PRIMO. 49
Veggio ( dicea ) deUa letisb noTa
Veraci segni ia questa turba infida.
Il danno universa! solo a lei giova >
Sol nel pianto tomun par eh' ella rida.
E forse insidie e tradimenti or cova,
Rivolgendo fra se come m' uccida :
come al 9Ù0 nemico , e suo consorte
Popolo , occultamente apra le porte.
Ma noi farh ; prevenirò questi empi
Disegni loro , e sfogherommi appieno. '
Gli ucciderò , faronne acerbi scempj :
Svenerò i figli alle lor madri in seno :
Arderò loro alberghi, e insieme i temp).
Questi i debiti rogbi ai morti fieno ;
K su quel lor sepolcro , in messo ai voti ,
Vittime pria farò de' sacerdoti.
Cosi r iniquo fra suo cor ragiona ;
Pur non segue pensier sì mal concetto.
Ma b' a quegli innocenti egli perdona^
£ di viltà , non di pietade effetto.
Che s' tm timor a incrudelir lo sprona ,
Il ritien più potente altro sospetto :
Troncar le vie d' accordo , e de' nemici
Troppo teme irritar l' arme vittrici.
Tempra dunque il £ellon la l'abbia insana
Anzi altrove pur cerca ove la sfoghi \
1 rustici ^difiij abbatte e spiana ,
E da in preda alle fiamme i culti luoghi ;
Parte alcuna non lascia integra o sana ,
Onde il Franco si pasca , ove s' alloghi ;
Turba le fonti e i rivi , e le pure onde
Di veneni mortiferi confonde.
i. 6
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5o GERUSALEMME LIBERATA.
Spietatamente è cauto : e non obblia
Di rinforxar Gerusalem frattanto.
Da tre lati fortissima era pria :
Sol verso Borea è men sicura alc[uanto.
Ma da' primi sospetti ei le munia
D' alti ripar il suo men forte canto ;
E V accoglieagran cpiantitade , in fretU^
Di gente mercenaria e di soggetta.
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GERUSALEMME LIBERATA. £l
CANTO SECONDO.
ARGOMENTO.
Novo iDcanto fa Iimen , che vano uscito »
Vuole Aladin che muoja ogni cristiano.
La pudica Sofronia e Olindo ardito,
Perchè cessi il furor del rè pagano ,
Voglion morir. Clorinda, il caso udito,.
Non lascia lor piii de' ministri in mano.
Argante , poi che quel eh' Atete dice
Non cura il Franco , a lui guerra aspra ìndice.
JVlEif TRE il tiranno s* apparecchia afl* armi,
Soletto Ismene un di gli s' appresenta t
Ismen , che trar di sotto ai chiusi marmi
Può corpo estinto , e far che spiri e senta :
Ismen , che al suon de' mormoranti carmi
Fin nella reggia sua Pluto spaventa,
"Eà i suoi Demoi^ negli empj ufficj impiega
Pur come servi , e gli discioglie , e lega.
Questi or Macone adora , e fu cristiano.
Ma i primi riti anco lasciar non puote ;
Ansi sovente in uso empio e profano
Confonde le due leggi a se mal note.
Ed or dalle spelonche , ove lontano '
Dal volgo , esercitar suol V arti ignote ,
Vien nel pnhhlico rischio al suo signore ;
A rè malvagio cont iglier peggiore.
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5» GERUSALEMME LIBERATA.
Signor, dicea , sema tardar sen viene
H vÌDcitor esercito temuto ;
Ma facciam noi ciò che a noi far conviene ;
Darà il ciel, darà il mondo ai forti ajato.
Ben tu di ri , di duce hai tutte piene
Le parti , e lunge hai visto e provveduto.
S' empie in tal guisa ogn' altro i propj uffici.
Tomba fia quesU terra a' tuoi nemici.
Io quanto a me ne vengo, e del periglio,
E dell' opre compagno ad aitarte.
Ciò che può dar di vecchia età consiglio.
Tutto prometto , e ciò che magica arte.
Gli angeU che dal cielo ebbero esiglio
Costringerò delle fatiche a parte.
Ma dond' io vogBa incominciar gV incanti,
E con quai modi , or narrerotti avanti.
Nel tempio de' cristiani occulto giace
Un sotterraneo altare ; e quivi è il volto
Di colei, che sua diva , e madre face.
Quel volgo , del suo Dio nato e sepolto.
Dinanzi al simulacro accesa face
Continua splende : egU è in un velo avvolto ;
Pendono intomo in lungo ordine i voti ,
• Che vi portaro i creduli devoti.
Or questa efl&gie lor , di la rapita ,
Vogho che tu di propria man trasporte ,
E la riponga entro la tua meschita :
Io poscia incanto a^oprerò si forte ,
Ch* ©gnor, mentre ella qui fia custodita,
Sark fatai custodia a queste porte.
Tra mura inespugnabili il tuo impeio
Sicuro fia per novo «Ito mistero.
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CAUTO SECONDO. B9
Sì disse , e 1 persuase : e impaziente
Il rè sen corse alla magion di Dio,
£^ sforzò i sacerdoti , e irreverente
II casto simulacro indi rapio;
C portoUo a quel tempio , ove sovente
S' irrita il ciel col folle culto e rio.
Nel profan loco , e su la sacra imago
Susurrò poi le sue bestemmie il mago.
Ma come apparse in ciel V alBa novella ,
Quel, cui r immondo tempio in guardia è dato^
Non rivide l' immagine , dov' ella
Fu posta, e invan cerconne i^ altro lato.
Tosto n' avvisa il rè, eh' alla novella
Di lui si mostra fieramente irato :
Ed immagina l>en eh' alcun fedele
Abbia fatto quel furto, e che se '1 cele.
O fu di man fedele opra furtiva ,
O pur il ciel qui sua potenza adopra
Che di colei eh' è sua regina e diva,
• Sdegna che loco vii l' immagin copra :
Ch' incerta fama è ancor, se ciò s' ascrìva
Ad arte umana, od a mirabil' opra.
Bene è pietìi , die la pietade e '1 zelo
Uman cedendo, autor sen creda il cielo.
Il rè ne f k con importuna inchiesta
Ricercare ogni chiesa, ogni magione:
Ed a chi gli nasconde, o manifesta
Il furto o il reo ^ gran pene , e premj impone.
E '1 mago di spiarne anco non resta
Con tutte r arti il ver ; ma non s' appone^:
Che '1 cielo ( opra sua fosse , o fosse altrui)
CeloUa, ad onta degV incanti, a lui.
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L
54 GERUSALEMME LIBERATA.
Ma poiché 'I rè crudel vide occultarse
Quel che peccato de' fedeli ei pensa ;
Tutto in lor d' odio infellonissi, ed arse
D'ira, e di rahhia immoderata immensa.
Ogni rispetto ohbHa ; tuoI Yendicarse ,
Segua che pnote , e sfogar 1' alma accensa:
Morrà, dicea, non andrà l'ira a voto,
Nella strage comune il ladro ignoto.
Purché '1 reo non si salvi, il giusto pera
£ r innocente. Ma quel giusto io dico i
£ colpevol ciascun, né in loro ^chiera
Uom fu giammai del nostro nome amico.
S' anima v' è nel novo error sincera,
Basti a novella pena un fallo antico.
Su, su, fedeli miei, su via prendete
Le fiamme , e '1 ferro, ardete , ed uccidete.
€osì parla alle turhe , e se n' intese
La fama tra' fedeli immantinente,
Ch* attoniti restar, sì gli sorprese
Il timor della morte omai presente.
£ non h chi la fuga , ó le difese.
Lo scusare o '1 pregare ardisca, o lente ;
Ma le timide genti e irresolute ,
Donde meno sperafo ebher salute.
Vergine era fra lor di già matura
Verginità , d* alti pensieri e regi :
D' alta beltà , ma sua beltà non cura ,
O tanto sol quant' onestà sen fregi.
£ il suo pregio maggior, che tra le mura
D' angusta casa asconde i suoi gran pregi;
E da' vagheggiatori ella s* invola
Alle lodi, agli sguardi, inculta e sola.
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CAKTO SECONDO. 55
Pur guardia esser non può clie *n tutto celi
Beltà degna eh' appaja, e che s* ammiri:
IVè tu il consenti j Amor ; ma la riveli
D' un giovinetto ai cupidi desirì.
Amor, eh* or cieco, or Argo, ora ne veli
Di benda gli occhi, ora cegli apri e giri;
Tu per mille custodie entro ai più casti
Verginei alberghi il guardo altrui portasti.
Colei Sofronia, Olindo egli s' appella,
D' una cittade entrambi, e d' una fede.
Ei che modesto è si, com' essa è beUa ,
Brama assai, poco spera, e nulla chiede;
IVè sa scoprirsi, o non ardisce : ed ella
O lo sprezza , o noi vede , o non s' avvedéi.
Così finora il misero ha servito
O non visto , o mal noto , o mal gradita.
S' ode r annunzio intanto , e che s'apprejBta
Miserabile strage al popol loro.
A lei che gjenerosa e ^antoV)nesta ,
Viene in pensier come salvar costoro.
Muove fortezza il gran pensier ; 1' arresta
Poi la vergogna , e '1 virginal decoro.
Vince fortezza , anzi s* accorda e face
Se vergognosa , e la vergogna audace.
La vergine tra '1 volgo uscì soletta,
^on coprì sue belleeee , e non 1' espose ;
Kaccolse gli occhi, andò nel vel ristretta,
Con ischive maniere, e generose.
Non sai ben dir, s' adorAa, o se negktta,
Se'caso, od arte*il bel volto compose ;
Di natura , d* Amor, de' cieli amici
Le negUgenxe sue sono artifici.
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L
S8 GERUSALEMME LIBERATA.
Mirata da ciascun passa , e non mira
h' altera donna , e innanii al rè sen viene ;
IVè perchè irato il yeggia, il pie ritira ,
Ma il fero aspetto intrepida sostiene.
Vengo, signor, gli disse, e 'nUnto l' ira
Prego sospenda , e 1 tuo popolo afiìrene :
Vengo a scoprirti , e Tengo a darti preso
Quel reo che cerchi, onde sei tanto offeso.
AU' onesta baldansa , all' improvviso
Folgorar di belleue altere e sante ,
Quasi confuso il rè , quasi conquiso ,
Frenò lo sdegno , e j^cò il fier sembiante^
S' egli era d' alma , ó se costei di viso
Severa manco , ci diveniane amante ;
Ma ritrosa beltà ritroso core
^on prende : e sono i vesii esca d' amore.
Fu stupor , fu vagheua, e fu diletto ,
S' amor non fò, che mosse il cor villano.
Narra, ei le dice, il tutto: ecco io commetto,
Che non s' offenda il popol tuo cristiano.
, £d ella : Il r^o si trpya al tuo cospetto ;
Opra è il furto, signor, di questa mano :
Io P' immagine tolsi: io son colei,
Che tu ricerchi , e me punir tu dei.
Così al pubblico fato il capo altero
Offerse , e '1 volle in se sola raccorrà.
Magnanima meniogna ! or quando è il vero
Si bello, che si possa a te preporre ?
Himan sospeso, e non si tosto il fero
Tiranno aìl' ira , come suol, trascorre.
Poi la richiede : Io vuo' che tu mi scopra
Chi die consiglio , e chi fu i^ieme all' opra.
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CANTO SECONDO.
Non Tolli (ar della mia gloria altrui
^è por miniala parte , eHa gH dice ;
Sol di me stessa io consapevol fui,
Sol consigliera, e sola esecutrice..
Dunque in te sola , ripigliò colui ,
Caderà V ira mia vendicatrice.
Disse ella : È giusto ; esser a me con-viene >
Se fui sola all' onor , sola al^ pene.
Qui comincia il tiranno a risdegnarsi ;
Poi le dimanda : Ot' hai l' imago ascosa ?
Tion la nascosi , a lui risponde , io 1' arsi;
£ r arderla stimai laudabH cosa.
Così almen non potrà più Tiolarsi
Per man de' miscredenti ingiuriosa.
Signore y o chiedi il furto , o 1 ladro chiedi;
Quel non -vedrai in etemo , e questo il vedi.
Benché né furto è il, mio , né ladra io sono ;
Giusto è ritor ciò eh' a gran torto è tolto.
Or questo udendo , in minaccerò! suono
Freme il tiranno , e '1 freu dell' ira è sciolto.
Non speri più di ritrovar perdono
Cor pudico , alta mente , o nohil volto:
E indarno Amor , contra lo sdegno crudo y
Di sua .vaga helletsa a lei Ta scudo.
Presa è la bella donna , e incrudelito
n rè la danna entro un incendio a morte.
Già 1 velo , e 1 casto manto è a lei sopito ;
Stringon le molli braccia aspre ritorte.
KUa si tace ; e in lei non sbigottito ,
Ma pur commosso alquanto è il petto forte;
E smarrisce il bel volto in un colore y
Che non è palUdessa , ma candore.
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£9 GERUSALEMME LIBERATA.
Divulgossi il gran caso , e quivi tratto
Già '1 popol s' era : Olindo anco ▼' accorse;
Dubbia era la persona , e certo il fatto ,
Venia , cbe fosse la sua donna in forse.
Come la bella prigioniera in atto
IV on pur di rea , ma di dannata ei scorse ;
Come i ministri al duro ufficio intenti
Vide , precipitoso urtò le genti.
Al rè gridò : Non h, non h gik rea
Costei del furto , e per follia sen vanta.
* Non pensò , non ardi, né far potea
Donna sola e inesperta opra cotanta*
Come ingannò i custodi ? e della Dea
Con qual' arte involò l' immagin santa ?
Se '1 fece, il narri. Io l'ho , signor, furata.
Abi tanto amò la non amante amata !
Soggiunse poscia : Io la , donde riceve
L' alta vostra mescbita e V anra e 'i die,
Di notte ascesi, e trapassai per breve
Foro , tentando inaccessibil vie.
A me r onor, la morte a me si deve;
Non usurpi costei le pene mie.
Mie son quelle catene , e per me questa
Fiamma s' accende , e '1 rogo a me s' appresta
Alza Sofronia il viso , e umanametite
Con occbi di pietade in lui rimira.
A cbe ne vieni , o misero innocente ?
Qual consiglio o furor, ti guida o tira }
Non son' io dunque senza te possente
A sostener ciò cbe d' un uom può Y ira ?
Ho petto ancb' io cb* ad una morte crede
Di bastar solo , e compagnia non chiede.
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CAUTO SECONDO, Sg
Parla cos\ all' amante , e noi dispone
Si eh' egli si disdica, o pensier mute.
O spettacolo grande , ove a tenzone
Sono amore e magnanima virtute ! ,
Ove la morte al vincitor si pone
In premio ; e '1 mal del vinto è la salute !
Ma più s' irrita il rè, quant' ella, ed esso
£ più costante in incolpar se stesso.
Fargli cbe vilipeso egli ne resti ;
£ che 'n disprezzo suo spressin le pene.
' Credasi, dice, ad ambo, e queUa e questi
Vinca, e la palma sia qual si conviene.
Indi accenna ai sergenti, i quai son {Hresti
A legar il garzon di lor catene.
Sona amhp stretti al palo stesso , e volto
È il tergo al tergo, e '1 volto ascoso al volto.
- Composto è lor d' intomo il rogo ornai ,
£ già le fiamme il mantice v' incita ;
Quando il fanciullo in dolorosi lai
Proruppe , e disse a lei eh' è seco unita:
Qnesto dunque è quel laccio, ond' io sperai
Teco accoppiarmi in compagnia di vita ?
Questo è quel foco , eh' io credea che i cori
Ne dovesse infiammar d' eguali ardori \
Altre fiamme , altri nodi Amor promise :
Altri cen' apparecchia iniqua sorte.
Troppo , ahi ben troppo , eUa giìi noi divise !
Ma duramente or ne congiunge in morte.
Piacemi almen , poiché in sì strane guise
Morir pur dei , del rogo esAer consorte ,
8e del letto non fui : duolmi il tuo fato ,
' Il mio DOD già , poich' io U moro a lato.
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6o Gerusalemme liberata.
Ed oh mia morte avTentnrbsa appieno!
O fortunati miei dolci martiri !
S' impetrerò che giunto seno a seno.,
L' anima mia nella tua bocca io spiri :
£ -venendo tu meco a un tempo meno ,
In me fuor mandi gli ultimi sospiri.
C^osl dice piangendo ; ella ripigtia
Soavemente , e in tai detti il consiglia:
Amico , altri pensieri , altri lamenti
Per più alta cagione il tempo chieda .
Che non pensi a tue colpe ? e non Efunmenti
Qual Dio prometta ai buoni ampia mercede f
Soffri in suo nome , e fian dolci i tormenti ,
E lieto aspira alla superna sede.
Mira il ciel comm' è bello , e mira sole,
Ch' a se par che n' inviti , e ne console.
Qui il volgo de ' Pagani il pianto estolle :
Piange il fedel , ma in voci assai più basse.
Un non éi> che d' inusitato e molle
Par che nel duro petto al rè trapasse.
£i presentillo , e si sdegnò ; nh volle
Piegarsi , e gii occhi torse , e si ritrasse.
Tu sola il duol comun non accompagni ,
Sofironia , e pianta da ciascun non piagni.
Mentre sono in tal rischio , ecco un guerriero
( Che tal parea ) d' alta sembiansa, e dégna :
E mostra , d' arme e d' abito straniero ,
Che di lontan , peregrinando , vegna.
La tigre che suU' elmo ha per cimiero ,
Tutti gli occhi a se trae , famosa insegna.
Insegna usata da Qlorinda in guerra ,
Onde la credon lei , né '1 creder erra.
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CANTO SECONDO. 6l
Costei gì' ingegni ferammili , e gli usi
TTutti sprexzÀ fin dall' età più acerba :
Ai lavori d' Aracne , all' ago , ai fusi
Inchinar lum degnò la man superba : ^
Fuggì gli abiti molli , e i lochi chiusi ;
Che ne' campi onestate anco si serba :
Armò d' orgoglio il toUo , e si com{Hacc[ae
Rigido farlo, e più* rigido piaccpie.
Tenera ancor , con pargoletta destra
Strinse , e lento d' un corridore il morso :
Trattò r asta e la spada , ed in palestra
Indurò i membri , ed allenogli al corso :
Poscia o per via montma , o per silvestra ,
L' orme seguì di fier leone e d' orso :
Seguì le guerre , e in esse e fra le selve,
Fera agli uomini parve , uomo alle belve.
Tiene or costei dalle contrade Perse ,
Perchè ai Cristiani a suo porter resista ;
Bench' altre volte ha di lor membra asperse
Lie piagge , e 1' onda di lor sangue ha mista.
Or quivi in arrivando a lei s' ofl'erse
L' apparato di morte a prima vista.
Di mirar vaga , e di saper qual fallo
Condanna i rei , sospinge oltre il cavallo.
Cedon le turbe , e i duo legati insieme
Ella si ferma a riguardar dappresso ;
Mira che 1' una tace , e 1' altro geme ,
£ più visor mostra il men forte sesso.
Pianger luì vede in guisa d' uom , cui preme
Pietà , non doglia , o duol non di se stesso :
£ tacer lei con gli occhi al ciel sì fisa ,
Ch' ansi ' 1 morir par di quaggiù divisa.
1. 6
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6a GERUSALEMME tìBERATA.
Clorinda intenerissi , e si condolse
D' ambeduo loro , e lacrimonne alquanto^
Pur maggior sente il duoi per chi non duolse^
Più la muove il silenxio , e meno il ^pianto.
Senza troppo indugiare ella si volse
Ad un uom che canuto avea dà canto.
Deh dimmi , chi son questi ? ed al martoro
Qual gli conduce o sorte , o colpa loro ?
Così pregollo : e da colui risposto
Breve , ma pieno alle dimande fue.
Stupissi udendo , e immaginò ben tosto
Gh' egualmente innocenti eran que' due.
Già di vietar lor morte ha in se proposto ,
Quanto potranno i preghi o I' armi sue.
Pronta accorre alla fiamma , e fa ritrarla ,
Che già s' appressa : ed ai ministri parla.
Alcun non sia di voi , che in questo duro
Ufficio oltra seguire abbia baldanza ,
Finch' io non parli al rè : ben t' assicuro ,
Gh' ei non v ' accuserà di tal tardanza.
Ubbidirò i sergenti , e mossi furo
Da quella grande sua regal sembianza.
Poi verso il rè si mosse , e lui tra via
Ella trovò , che ' ncontra lei venia»
Io son Clorinda , disse ; hai forse intesa
Talor nomarmi , e qui , Sigùor , ne vegno ,
Per ritrovarmi teco alla difesa
Della fede commune , e del tuo regno. ,
Son pronta ( imponi pure ) ad ogni impresa :
L' alte non temo , e F umili non sdegno.
Toglimi in campo aj^erlo , o pur tra ' 1 chiuso
Delle mura impiegar , nulla ricuso.
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CAUTO SECONDO. s 6i
Tacque , e rispose il rè : Qual si clisginiita
Terra è dall' Asia, o dal cammin del Sole,
Tergine gloriosa , o-ve non gianta
Sia la tua fama , e V onor tuo non vole ?
Or che s' è la tua spada a me congiunta ,
D' ogni timor m' affidi , e mi console.
Pion, s' esercito grande unito insieme
Fosse in mio scampo , aTrei più certa ^>eine.
Già già mi par eh' a giunger qu) Goffredo
Oltra il dover indugi. Or tu dimandi
Ch' impieghi io te : sol di te degne credo
L' imprese malagevoli , e le grandi.
Sovra i nostri guerrieri a te concedo
Lo scettro , e legge sia quel che comandi.
Così parlava : ella rendea cortese
Grazie per lodi : indi il parlar riprese.
Nova cosa parer dovrà per certo
Che preceda ai servigi il guiderdone ;
Ma tua bontà m' affida : io vuo' che ' n merto
Del futuro servir que' rei mi done.
In don gli chieggio , e pur, se 'ì fello è incerto,
Gli danna indementissima ragione.
Ma taccio questo , e taccio i segni espressi ,
Ond' argomento T innocenza in essi.
E dirò sol , eh' è qui comun sentenza
Che i Cristiani togliessero l' imago ;
Ma discord' io da voi; né però senza
Alta ragion del mio parer m ' appago.
Fu delle nostre leggi irriverenza
QueU' opra far che persuase il Mago ;
Che non convien ne' nostri tempj a nui
GÌ ' idoU avere , e men gì ' idoli altrui.
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§4 GERUSÀIEMME LIDBRATA.
Danqae suso a Macon recar mi giova
n miracol dell' opra ; ed ei lo fece
Per dimostrar che i tempj suoi con nova
Rdigion contaminar non lece. .
Faccia Ismeno , incantando , ogni sua prova y
£gli a cui le malie son d'arme in vece :
Trattiamo il ferro pur noi caTalieri ;
Quest' arte è nostra, e 'n questa sol si speri.
Tacque , ciò detto : e M rè, bench ' a pietade
li' irato cor difficilmente pieghi , ^
Pur compiacer la volle : e '1 persuade
Ragione , e '1 muove autorità di preghi..
Ahbian vita, rispose , e libertade ,
£ nulla a tanto intercessor si neghi.
Siasi questa o giustizia , ovver perdono ;
Innocenti gli assolvo , e rei gli dono«
Così fìiron disciolti. Avventuroso
Ben veramente fu d ' Olindo il fato ;
Gh' atto potè mostrar, che ' n generoso
Petto alfine ha d' amore amor destato.
Va dal rogo alle notte, ed h già sposo
Fatto di reo , non pur d' amante amato.
Volle con lei morire : ella non schiva ,
Poiché seco non muor , che seco viva.
Ma il sospettoso rè stimò periglio
Tanta virtù congiunta aver vicina ;
Onde, com' egli volle, ambo in esigUo
Oltra i termini andar di Palestina.
£i pur seguendo il suo crudel consiglio j
Bandisce altri fedeli, altri confina.
Oh come lascian mesti i pargoletti
Figli, e gli antichi padri, e i dolci letti t
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CANTO si:(:9ifDo. €i
Dura dÌTÌsion ! scaccia sol quelli
r>i forte corpo , e di feroce ingegno ;
Ma il mansueto sesso , e gli anni imbelli
Seco ritien^ siccome ostaggi, in pegno.
Molti n' andaro errando^ altri rubelli
Farsi, e più che ' 1 timor , potè lo sdegno..
Questi unirsi co* Franchi, e gl'/incontraro
Appunto il di che in Ejnaus entraro.
Emaus.è citta, cui Breve strada
Dalla regal Gerusalem disgiunge :
£d uom che lento a suq diporto vada ^
Se parte mattutino , a nona giunge.
O quanto intender questo ai Franchi aggrada !
O quanto più ' 1 desio gli affretta e punge \
Ma perch ' oltre il meriggio U.sol già scende ,
Qui fa spiegare il Capitan, le tende.
L* ayean già tese : e poco era remota '
L' alma luce del sol dali ' oceano ;
Qnauflo due gran baroni in veste ignota
Venir son visti , e *n portamento estrano.
Ogni atto lor pacifico dinota
€he vengon come amici al Capitano.
Del gran rè dell' Egitto eran messaggi, '
£ motti intomo avean scudieri e paggi.
Alete è l' un, chp da principio indegno
Tra le brutture della plebe è sorto ;
Ma rinnalxaro ai primi, onor del regno
Parlar facondo e lusinghiero e scorto.
Pieghevoli costumi, e vario ingegno.
Al iSnger pronto , ali* ingannajce accorto ;
Gran fabbro di calunnie, adorne in modi
Novi , che son accuse > e pajon lodi.
e.
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9^ GERtrSALEMME LIBERATI.
L* altro è il circasso Argante , nom che straniero
Sen venne alla regal corte d' Egitto ;
Ma de* satrapi fatto è dell' ihipero,
£ in sommi gradi alla, milizia ascritto :
Impaziente, inesorabil, fero ,
Neil* arme infaticabile ed invitto ;
D* ogni Dio sprezzator, e clie ripone
Nella ^ada sila legge , e sua ragione.
Chiesero questi udiett^a , ed al cospetto
Del famoso Goffredo ammessi entraro :
E in umU seggio, e in un vestire scHetto
Fra' suoi duci sedendo il ritrOvàro;
Ma verace valor , benché negletto ,
È di se stesso a se fregio assai chiaro.
Piccibl segno d * onor gli fece Argante ,
In guisa pur d' uom grande, e non curante.
Ma la destra si pose Alete al seno ,_^
E chinò il capo , e piegò a iena i luttu ;
E r onorò con ogni modo appien<T ,
Che di sua gente portino i costumi.
Cominciò poscia ; e di sua bocca usctcno
Più che mei dolci d' eloquenza i fiumi ;
E perchè i Franchi han già il sermone appreso
Della Soria , fu ciò eh * ei diàsfe inteso.
O degno sol, cui d' ubbidire or degni
Questa adunanza di fainosi eroi ,
Che per 1' addietro ancor le palme e i regni
Da te conobbe , e dai consigli tuoi.
Il nome tuo , che non riman tra i segni
D* Alcide, omai risnona anco fra noit
E la fama d * Egitto in ogni parte f
Del tuo valor chiare novelle hk sprfrtc.
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CAWTO SECONDO. 67
Ni T ' è fra tanti alcun clie non le ascolte,
Come egli suol le maraviglie estreme ; ^
Ma dal mio rè con istupore accolte
Sono non sol , ma con diletto insieme :
E s' appaga in nart-arle anco più volte,
Amando in te ciò eh* altri invidia e teme.
Ama il valore , e volontario elegge
Teco unirsi d' amor, se non di legge.
Da sì bcUft cagion dunque sospinto,
L* amicizia e la pace a te richiede ;
E '1 mewo, onde 1' un resti all' altro avvinto.
Sia la virtù , s* esser non può la fede.
Ma perchè inteso a vea che t ' eri accinto
Per iscacciar V amico suo di sede ;
VoUe, pria eh* altro male'indi seguisse,
Ch' a te la mente sua per noi s' aprisse.
E la sua ménte è tal : che se appagarti
Vorrai di quanto hai fatto in guerra tuo ,
Ne Giudea molestar, né 1 * altre parti
Che ricopre il favor del regno suo ;
£i promette all' incontro assicurarti
n non hen fetmo stato : e se voi duo
Sarete uniti , or quando i Turchi e i Persi
Potranno unqua sperar di riaversi ?
Signor, gran cose in picciol tempo hai fatte,
Che lunga etk porre in ohhlio non puote ;
Eserciti, città, vinti, e disfatte,
Suprati disagi, e strade ignote;
Sicch' al grido, o smarrite o stupefatte
Sonle Provincie intorno, e le remote;
K se hen acquistar puoi novi imperi ,
Acquistar nova gloria indarno speri.
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68 GERUSALEMME LIBERATA.
Giunt» è tua gloria al sommo , e per 1' innancx
Fuggir le dubbie guerre a te conviene ;
Ch' QTe tu -vinca, sol di stoto avanci,
Tih tua gloria maggior «juinci diviene :
Ma 1' imperio acquistato e preso dianzi,
E I' onor perdi, se *1 contrario avviene.
Ben gioco h di fortuna audace e stolto ,
Por contra il poco e incerto , il certo e '1 molto»
Ma il consiglio di ul , cui forse pesa
Cb* altri gli acquisti a lungo andar conserve ,
E 1 ' aver sempre vinto in ogni impresa y
E quella voglia naturai che ferve ,
E sempre è più ne' cor più grandi accesa»
D' aver le genti tributarie e serve ;
Faran, per avventura , a te la pace
Fuggir , più cbe la guerra altri non face.
T ' esorteranno a seguitar la strada
Cbe t' è dal fato largamente aperta :
A non depor questa famosa spada ,
Al cui valore ogni vittoria è certa ,
Fincbè la legge di Macon non cada :
Fincbè r Asia per te non sia deserta.
Dolci cose ad udire , e dolci inganni ,
Ònd' escon poi sovente estremi danni.
Ma s' animosità gli occbi non benda , '
P^è il lume oscura in te della ragione ,
Scorgerai cb' ove tu la guerra prenda ,
Hai di temer ^ non di sperar cagione ;
Cbè fortuna quaggiù varia a vicehda ,
Mandandoci venture or triste, or buone :
Ed ai voli troppo alti e repentini
Sogliono i precipixj esser vicini.
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CAHTO SECONDO. 69
'Dittimi yS* h danni tuoi i ' Egitto move y '
D * oro e d' armi potente , e d» consiglio : v
£ s' arvieache la guerra anco rìnnove
n Perso e ' 1 Turco, e di Gassano il figlio ;
Qufii for«e opporre a si gran furia , o dove
Ritrovar potrai scampo al tuo periglio ?
Ti affida forse il rè malvagio Greco ,
Il qual dai sacri patti ignito è teco ì
La fede Greca a chi non h palese ? ^
Tu da un sol tradimento ogn' altro impara :
Anzi da mille ; perchè mille ha tese
Insidie a voi la gente infida, awa.
Dunque chi dianzi il passo a voi contese ,
Per voi la vita esporre or si prepara ?
Chi le vie , che communi a tnti sono ,
^egò , del proprio sangue or farà dono ì
Ma forse hai tu riposta ogni tua speme
In queste squadre, ond' ora cinto siedi.
Quei che sparsi vincesti uniti insieme
Di vincer anco agevolmente credi :
Sehhen son le tue schiere or molto sceme ,
Tra le guerre e i disagi, e tu tei vedi :
Sehhen novo nemico a Ve s' accresce ,
E co' Persi e co * Turchi Egizj mesce.
Or , quando pur estimi esser fatale ,
Che vincer non ti possa il ferro mai j
Siati concesso : e siati appunto taU
Il decreto del ciel, qual tu tei fai,
Tinceratti la fame : a questo male
Che rifogio , per Dio , che schermo avrai ì
Vibra contra costei la lancia , e stringi
La spada, e la vittoria anco ti fingi.
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JO GERUSALEMME llBERATA.
Ogni campo d* mtomo arso e distrtitta
Ha la provida man degli abitanti ;
E in chiuse mura ^ e in alte torri il frutto
Riposto , al tuo "venir più giorni avanti.
Tu eh' ardito siti qui ti sei condutto.
Onde speri nutrir cavalli e fanti ?
Dirai : 1' armata in mar cura ne prende.
Da * venti dunque il viver tuo dipende ?
Comanda forse tua fortuna ai venti ,
£ gli avvince a sua voglia , e gli diàlega ?
Il mar eh' ai preghi è sordo , ed ai lamenti ,
Te solo udendo , al tuo voler si piega ?
O non potranno pur le nostre genti ,
E le Perse e le Turche , unite in lega ,
Cosi potente armata in un raccorre ,
Ch' a questi legni tuoi si possa opporre ?
Doppia tittoria a te , Signor , bisogna ,
S* hai dell* impresa a riportai* 1* onore.
Una perdita sola , alta vergogna
Può cagionarti , e danno anco maggiore ;
Ch' ove la nostra armata in rotta pogna
La tua , qui poi di fame in Campo more ;
E ie tu sei perdente , indarno poi
Saran vittoriosi i legni tuoi.
Ora se in tKle stato anco rifiuti
Col gran rè dell ' Egitto e pace e tregua ,
( Diasi licenza al ver ) 1 ' altre virtuti ,
Questo consiglio tuo non bene adegua.
Ma voglia il ciel che * 1 tuo pensier si muti , i
S* a guerra è volto, e che *1 contrario segua j
Sicché r Asia respiri ornai dai lutti ,
E goda tu della vittoria i fruiti.
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CAUTO SECONDO. 7I
JNè voi , che del periglio e degli affanni ,
lìl «Iella gloria a lui siete consorti ,
' Il favor di fortuna or tanto inganni,
Ohe nove guerre a provocar v' esorti.
Ma , qual nocchier che dai marini inganni
Hidutti ha i legni ai desiati porti,
Haccor dovreste ornai le sparse vele ,
JNè fidarvi di nuovo al mar crudele.
Qui tacque Alete; é *ì suo parlar seguirò
Con basso mormorar que ' forti eroi :
£ ben , negli atti disdegnosi , aprirò
Quanto ciascun quella proposta annoi.
XI capitan rivolse gU occhi in giro
Tre volte e quattro, e mirò in fronte i suoi ;
"Et poi nel volto di colui gli affìsse
Ch' attendeala risposta, e cos) disse:
Messaggter, dolcemente a noi sponesti
Ora cortese, or minaccioso invito.
8« 'l tuo rè m' ama , e loda i nostri gesti,
£ sua mercede, e m' è 1' amor gradito.
A quella parte poi, dove protesti
La guera a noi del paganesmo unito ;
Risponderò , come da me si suole,
Liberi sensi in semplici parole.
Sappi che tanto abbiam fin' or sofferto
In mare, in terra, all' aria chiara e scura ,
Solo acciocché ne fosse il calle aper^p
A quelle sacre e venérabil mura ;
Per acquistar appo Dio grasia e mertOy
Togliendo lor di servitù sì dura : - \
fih mai grave ne fia , per fin sì degno ,
Esporre onor mondano , e vita e regno.
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m^ GERUSALEMME LIBERATA*
Cbè nQn ambuiosi avari affetti
Ne spronare all' impresa, e. ne ftir guida:
Sgombri il Padre del ciel dai nostri petti
Peste SI rea , s' in alcun pur s' annida;
Né soffra cbe l' asperga , o che V infetti
Di venen dolce , cbc piacendo ancida;
Ma la sua man , che i duri cor penetra
Soavemente , e .gli anmioUisce e spetra.
Questa ha noi mossi, e questa ha noi cpnduttì>
Tratti d' ogni periglio e d' ogni impaccio :
Questa fa piani i monti, e i fiuìm asciutti ,
L' ardor toglie alla state , al verno il ghiaGoio :
Placa del mare i tem{>estosi flutti:
Stringe e rallenta questa a' venti il laccio :
Quindi son 1' alte mura aperte ed arse,
Quindi r armate schiere uccise e sparse.
Quindi r ardir, quindi la speme nasce,
Non dalle frali nostre fonte, e stanche;
Non dall' armata,- e non da quante pasce
Genti la Grecia , e non daU' armi Franche.
Pur eh' ella mai non ci abbandonni e lasce,
Poco dobbiam curar che altri ci manche.
Chi sk come difende , e come fere.
Soccorso ai suoi perigli altro non chere.
Ma quando di sua aita ella ne privi
Per gli error nostri , o per giudicj occulti ;
Chi sia di noi eh' esser sepolto schivi
Ove i membri di Dio fur già sepulti ?
Noi morirem , ne invidia avremo ai vivi :
Noi morirem , ma non morremo inulti ;
Nel* Asia riderà di nostra sorte :
Né pianta fi« da noi la nostra morte.
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CÀUTO SEGOIfbO^ 73
Non creder già che noi fuggiam la pace,
Come guerra mortai si fugge e pavé ;
Che r amicizia del tuo rè ne piace ,
^è r unirci con lui ne sarà grave.
Ma s' al suo impero la Giudea soggiace,
Tu '1 sai : perchè tal cura ei dunipie n' have ?
13e' regni altrui V ac<{uisto ei non ci vieti,
E regga in pace i suoi Uanquilli e lieti.
C'osi rispose , e di pungente rabbia
Ija risposta ad Argante il cor tratìsie :
ISfè '1 celò già, ma con enfiate labbia
Si trasse avanti al Capitano , e disse :
Chi la pace non vuol, la guerra s' abbia;
Che penuria giammai non fu di risse :
E ben la pace ricusar tu mostri ,
Se non t' acqueti ai primi detti nostri.
Indi il suo manto per lo lembo prese,
CurvoUo , e fenne un seno , e '1 seno sporto ,
Così pur anco a ragionar riprese ,
Via più che prima dispettoso e torto :
O sprewator delle più dubbie imprese •
E guerra , e pace in questo sen t' apporto :
Tua sia r elezione ; or ti consiglia
Sen»' altro indugio , e qual più vuoi, ti piglia.
L' atto fero , e '1 pailar tutti commosse
A chiamar guerra in un concorde grido;
Non attendendo che risposto fosse
Dal magnanimo lor duce Goffrido.
Spiegò quel crudo il seno e '1 manto scosse,
Ed a guerra mortai , disse, vi sfido,
E 'I disse in atto sì feroce ed empio ,
Che parve aprir di Giano il chiuso tempio.
'• 7
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74 GERUSAtEMME IrlBERATA.
Parve eh' aprendo il $eno , indi traesse
H furor pacxo, e la discordia fera;
£ che negli occhi orribili gli ardesse
La gran face d' AleUo e di Megera.
Quel grande già , che incontra il cielo eresse
ÌJ alta mole d' error , forse tal* era ;
£ in cotal atto il rimirò Bahelie
Aliar la fronte , e minacciar le stelle.
Soggiunse allor Goffredo : Or riportate
Al vostro rè, che venga e che s' affretti ;
Che la guerra accettiam che minacciate :
£ s' ei non vien , fra '1 Nilo suo n'aspetti.
Accommiatò lor poscia in dolci e grate
Maniere, e gli onorò di doni eletti: :,
Biechissimo ad Alete un elmo diede,
Ch' a Nicea concpiistò fra V altre prede.
£hhe Argante una spada, e '1 fahro egregio
L' else e 1 pomo le fé ' gemmato , e d' oro ,
Con magisterio talché perde il pregio
Della ricca materia af^o il lavoro.
Poi che la tempra , e La riochesf a e 1 fregio ,
Sottilmente da lui mirati foro ,
Disse Argante al Bnglion : Vedrai ben tosto
Come da me il tao d(mo in uso è posto.
Indi tolto congedo , è da lui ditto
Al suo compagno : Or ce n' andremo ornai ,
Io ver Gerusalem , tu verso Egitto ;
Tu col sol nuovo , io co ' notturni raì ;
Ch' uopo di mia presensa, o di mio scrìtto
£sser non può cola dove tn vai ;
Reca tu la risposta , io dihragarmi
Quinci non vuò , dove si trattan l' anni. '
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CAHTO SCCOHDO. 7$
Così di messa^gier fatto è nemico ;
Sia fretta intempestÌTa o sia matura y
JLà» ragion delle genti, e V uso antico
S' offenda o no , né 1 {fensa egli, né 1 eDrit
Sema risposta aver va per V amico
Silensio deRe stelle all' alte nnra,
D' indugio impaciente; ed a dii resta
Già non men la dimora anco è molesta.
Era la notte aUor eh' alto riposo
Han r onde e i venti, e parea muto il mondo ;
Gli animai lassi , e quei che '1 mare ondoso ,
O de ' licpiidi laghi alberga il fondo ,
E chi si giace in tana , o in mandra ascoso >
E i (jinti augelli nell' ohhlio profondo
Sotto il silenzio de' secreti orrori ^
Sopian gli affanni, e raddolciano i cori*
Ma né 1 campo fedel , né '1 Franco duct
Si discioglie nel sonno , o abnen s' accheta ;
Tanta in loi^ cupidigia é che liluca
Ornai nel ciel 1' alba aspettata e Ueta y
Perché il cammin lor mostri , e gli coadnca
Alla città ohe al^gran passaggio é meta.
Mirano ad or ad or se raggio alcuno
Spunti , e rischiarì delU notte il bruno.
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7& GERUSALEMME tlBEKÀTÀ.
CANTO TERZO.
ARGOMENTO.
Giange a Gernsalerome il campo : e qnivì
In fera guisa è da Clorioda accolto.
Sveglia in Erminia amor Tancredi : e vivi
Fa i proprj incendj al discoprir d' un volto.
Restan gli Àvvenlurier di duce privi :
Ch' un sol colpo d' Argante a lor V ha tolto.
Pietose essequie fangli. Il pio Buglione,
Ch'antica selva si recida, impone.
vjr I ▲ r aura messaggiera erast desta
A nunsìa^ che se ne vien 1' aurora :
Ella intanto s' adoma , e 1' aurea testa .
Di rose, colte in paradiso, infiora ;
Quando il campo , eh' all' arme ornai s' appresta y
In voce mormoraTa alta e sonora,
E prevenia le trombe: e queste poi
Dier più lieti e canori i segni suoi.
n saggio Capitan con dolce morso
I desideri lor guida e seconda :
Che più facil saria svolger il corso
Presso Carìddi alla volubil' onda ,
O tardar Borea , allor che scuote il dorso
Dell' Apennino, e i legni in mare affonda.
Gli ordina , gì' incammina , e 'n snon gli r^gg*
Rapido sì , ma rapido eoo legge.
.dbyGóogle
CANTO TER80. 77
Ali ha GÌascnno al core , ed alt al piede :
f^h del suo ratto andar però s' accorge.
Ma quando il sol gli aridi campi fiede
Con raggi assai ferventi, e in alto sorge j
£cco apparir Gerusalem si vede :
Ecco additar Gemsalem si scorge^:
Kcco da mille voci unitamente
Gerusalemme salutar si sente.
Così di naviganti audace stuolo ,
Clie mova a ricercar estranio lid^ ,
E in mar dubbioso , e sotto ignoto polo .
Provi 1 ' c»ide fallaci, e '1 vento infido : , /
S ' alfin discopre il desiato suolo ,
Il saluta da lunge in lieto grido :
E r uno all' altro il mostra , e intanto obblia
La noja, e 'l mal della passata via.
Al gran piacer cbe quella prima vista ^
Dolcemente spirò nell' altrui petto,
Alta contrizion successe , mista
Di timoroso e riverente affetto.
Osano appena d' innalzar la vista
Ver la città , di Cristo albergo eletto;
Dove morV , dove sepolto fue ,
Dove poi rivesti le membra sue.
Sommessi accenti, e tacite parole,
Kotti singulti , e flebili sospiri
Della gente, che in un s' allegra e duole,
Fan che per 1 ' aria un mormorio s ' aggiri ;
Qual nelle folte selve udir si suole ,
8 ' awien che tra le frondi il vento spiri ;
O quale infra gli scogli , o presso ai lidi
Sibila il mar, percos&o , in rauchi stridi.
7-
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T^g GERUSALSMUE LIBERATA.
JVndo ciascuno il pie calca il sentiero ;
Che r esempio de' duci ogni altro mòvt.
Serico fregio e d* or^ [Huma o cimiero
Superbo dal suo capo ogn' un rìmo-ve :
Ed insieme del cor 1' abito altero
Depone , e caldee pie lagrime piove.
Pur , quasi al pianto abbia la via rinchiusa
Così parlando ogn' un se stesso accusa :
Dun<]ue OTe ta, Signor , di mille rivi
Sanguinosi il terren lasciasti asperso ,
D' amaro pianto afanen due fonti vivi
In sì aced^a memoria oggi io non verso ?
Agghiacciato mio cor, che non derivi
Per gli occhi, e stffli in lagrime converso '
Duro mio cor , che non ti spetri e frangi ?
Pianger ben merti ogn' or , s' ora non piangi.
Dalla cittade intanto nn eh' alla guarda
Sta d' alta torre , e scopre i monti e i campi,
Colk giuso la polve aliarsi guarda ,
Sicché par che gran nube in aria stampi :
Par che baleni quella nube ed arda ,
Come di fiamtoie gravida , p di lampi :
Poi lo splendor de' Incidi metalli
Sceme , e distingue gli uomini , e i cavalli.
Allor grivada : Oh qual per 1' aria stesa
Polvere io veggio ! o come par che splenda !
Su , suso , o cittadini , idla difesa
S ' armi ciascun veloce , e i muri asceìida :
Già presente è il nemico. E poi ripresa
La voce : ogn* un s' afiiretti, e l* arme prenda:
Ecco il nemico , è qui : mira la polve ,
Che sotto orrida nebbia il cielo involvc.
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.CAWTO TEKZO. 79
I semplici fnnciuUi , e i vecclii inenni y
£ ' 1 volgo delle donne sbigottite
Che non sanno ferir , né fore schermi , /
Traean supplici e mesti alle meschite.
Oli altri di memhra , e d' anima più ferrai
Già frettolosi 1 ' arme avean rapite.
Accorre altri aUe porte , altri alle mmra :
11 rè va intorno , e '1 tatto Tede e «ira.
Oli ordini diede , e poscia ei si ritrasse
Ove sorge una torre infra due porte ,
Sicch' è presso al bisogno ; e son pia basse
Quindi le piagge , e le montagne scorte.
Volle che quivi seco Erminia andasse :
Erminia bella , eh' ei raccolse in corte ,
Poi eh' a lei fa dalle Cristiane s<|uadre *
Presa Antiochia , e morto il rè suo padre.
Clorinda intanto incontra ai Franchi è gita :
Molti van seco , ed ella a tutti è innante.
Ma in altra parte , ond' è secreta uscita,
Stk preparato alle riscosse Argante.
La generosa i suoi seguaci incita
Co' detti, e con l' intrepido seminante ;
Ben con alto principio a noi conviene ,
Dicea-, fondar dell ' Asia oggi la spene.
Mentre ragiona a ' suoi , non lunge scorse
Un Franco stuolo addur mstijche prede ;
Che ( come è 1 ' uso ) a depredar precorse ,
Or con gregge ed armenti al campo rìede.
Ella ver loro , e verso lei sen corse
II duce lor , eh' a se vemr la vede.
Cardo il duce è nomato , uom di gran possa ^
Ma non già tal eh' a lei resister possa.
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gp GERUSALEMME LIBERATA.
Cardo a quel fero scontro è spinto a terra
In su gli occbi de' Franchi e de ' Pagani ,
Ch' allor tutti gridar , di quella guerra
Lieti auguri prendendo , i quai fiur vani.
Spronando addosso agli altri ella si serra ,
£ vai la destra sua |>er cento mani.
Seguirla i suoi guerrier per quella strada'.
Che spianar gli orti , e che s' apr\ la spada.
Tosto la preda al predator ritoglie :
Cede lo stuol de ' Franchi a poco a poco ;
Tanto che ' n cima a un colle ei si raccoglie ,
Ove ajutate son 1 ' arme dal loco.
Allor , siccome tùrbine si scioglie
£ cade dalle ntthi aereo foco y
Il buon^ancredt , a cui Cofiredo accenna y
Sua squadra mosse , ed arrestò l ' antenna.
Porta s\ salda la gran lancia , e in guisa
Vien feroce e leggiadro il giovinetto ,
Che veggendolo d' alto, ilrè s* avvisa
Che sia guerriero infra gli scelti eletto.
Onde dice a colei eh' è seco assisa ,
E che già sente palpitarsi il petto :
Ben conoscer dei tu per sì lungo uso
Ogni Cristian , benché nell' armi chiuso.
Chi h dunque costui che cosi bene
S ' adatta in giostra , e fiero in vista è tanto ?
A quella , in vece di risposta , viene
Su le labbra un sospir , su gli occhi il pianto.
Pur gli spirti e le lagrime ritiene ,
Ma non così che lor non mostri alquanto :
Che gli occhi pregni un bel purpureo giro.
Tinse, e roco spuntò mezso il sospiro..
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CANTO TERZO. %l
Poi gli dice infingevole , e nasconde ^
Sotto il manto dell ' odio altro desio :
Oimè ! bene il conosco , ed ho ben donde •
Fra mille riconoscerlo deggia io.
Che spesso il vidi i campi e le profonde
Fosse del sangue empir del popol mio.
Ahi quanto è crudo nel feiire ! e a piaga
Ch' éi faccia erba non giova od arte maga. -
« £gli h il Prence Tancredi : oh prigioniero
Mio fosse un giorno ! e noi vorrei già morto : -
Vivo il vorrei , perchè * n me desse al fero
Desio dolce vendetta alcun conforto.
Così parlava, e de' suoi detti il vero ,
Da chi r udiva , in altro senso è torto;
E fuor n ' USCI con le sue voci estreme
Misto un sospìr eh' indarno ella già preme.
Clorinda y:itanto ad incontrar 1' assalto
Ya di Tancredi , e pon la lancia in resta.
Ferirsi aUe visiere , e i tronchi in alto
Yolaro , e parte nuda ella ne resta :
Che , rotti i lacci ali ' elmo suo , d ' un salto
( Mirabil colpo ! ) ei le balzò di testa :
E le chiome dorate al vento sparse ,
Giovane donna in messo '1 campo apparse.
Lampeggiar gli occhi , e folgorar gli sguardi
Dolci neH ' ira ; or che sarìan nel riso ?
Tancredi , a che pur pensi ? a che pur guardi ì
Non riconosci tu 1' amato viso ?
Quest ' è pur quel bel volto , onde tutt ' ardi :
Tuo core il dica , ov ' è il suo esempio inciso :
Questa è colei che rinfrescar la fronte
Ytdesti già nel solitario fonte.
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iSft GERUSALEMME LIBERATA.
Ei eh' al cimiero , ed al dipinto scado
Non badò prima , or, lei reggendo , impetra*
Ella , quanto può meglio , il capo ignudo
Si ricopre , e 1 ' assale ; ed ei s ' arretra.
y à contra gli altri , e mota il ferro crudo ;
Ma però da lei pace non impetra ;
Che minacciosa il segue , e Volgi , grida :
£ di due morti in un punto Io sfida.
Percosso il cavalier non ripercote ;
Né si dal ferro a rìguardarsi attende,
.Come a guardar i begli occhi e le gote,
Ond' Amor 1 ' arco inevitabil tende.
Fra se dicea : Van le percosse vote
Talor che la sua destra armata scende :
Ma colpo mai del bello ignudo volto
Non cade in fallo , e sempre il cor m ' è colto*
Risolve alfin , benché pietk non sptre ,
Di non morir , tacendo , occulto amante.
Vuol eh' ella sappia eh' un prìgion suo fere
Già inerme , e supplichevole e tremante.
Onde lie dice : O tu che mostri avere
Per nemico me sol fra turbe tante ,
Usci^m di questa mischia ; ed in disparte
Io potrò teco , e tu meco provaite.
Cos) me' si vedrà s' al tuo s' agguaglia
IT mio valore. EUa accettò 1 ' invito ,
E come esser seni ' elmo a lei non caglia ,
Già baldanzosa , ed ei seguia smarrito.
Recata s ' era in atto di battaglia
Già la guerriera , e già V avea ferito ;
Quand' egli , Or ferma, disse , e siano fatti
Ansi la pugna della pugna i patti*.
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ClHTO TERZO. 83
Fennossi , e lui xii pauroso audace
Rende iu «pel punto il disperato amore. '
I patti sian , dicea , poiché tu pace
Meco non vuoi , che tu mi tragga il core.
II mio cor , non più mio , s ' a te dispiace
Ch' egli più viva , volontario more.
£ tuo gran tempo : e tempo è ben che trarlo
Ornai tu debha ; e non dehb' io vietarlo :
Ecco io chino le braccia , e t' appresento
8ensa difesa il petto ; or che noi fiedi ?
Vuoi eh' agevoli 1 ' opra ? io son contento
Trarrai 1' usbergo or or , se nudo il chiedi.
Distingnea forse in più duro lamento
I suoi dolori il misero Tancredi ;
Ma calca l' impedisce intempestiva
De' Pagani e de ' suoi , che soprarrìva.
Gedean cacciati dallo stuol Cristiano
I Palettini , o sia temensa od arte.
Un de ' persecutori, uomo inumano ,
Yidele sventolar le chiome sparte :
£ da tergo , in passando , aùò la mano
Per ferir lei nella sua ignuda parte ;
Ma Tancredi gridò , che se n' accorse ,
£ con la spada a quel gran colpo accorse.
Pur non g\ tutto invano , e ne ' confini
Del bianco cotto il bel capo fenile.
Fu levissima piaga , e i biondi crini
Rosseggiaron cos\ d' al<juante stille ,
Comej'osseggìa 1' or che di rubini
Per man d' illustre artefice sfaville.
Ma il Prence infuriato , attor si spinse
▲ddoaao a quel vittano , e * l ferro strinae. \
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84 GERUSALEMME LIBERATA.
Qiftl si dilegua , e questi acceso d' ira
Il segue ; e Yan come per 1 ' aria strale.
Ella riman sospesa , ed ambo mira
Lontaui molto , né seguir le cale :
Ma co * suoi fuggitivi si ritira ; ^
Talor mostra la fronte , e i Franchi assafe :
Or si volge , or rivolge , or fugge , or fuga ;
Ne si può dir la sua caccia , ne fuga.
Tal gran tauro talor ncll' ampio agone,
Se volge il corno ai cani , onde è seguito ^
S ' arretran essi ; e s * a fuggir si poue ,
Ciascun ritoma a seguitarlo ardito.
Clorinda, nel fuggir, da tergo oppone
Alto lo scudo ,"e '1 capo è custod^o.
Cosi coperti van ne ' giuochi Mori
Dalle palle lanciate i fuggium.
Già questi seguitando , e quei fuggendo
S ' erano ali ' alte mura avvicinati ,
Quando alzaro i Pagani un grido orrendo^
£ indietro si fhr subito voltati ;
£ fecero un gran giro , e poi volgendo
Bitomaro a ferir le spalle e i lati :
£ intanto Argante giù movea dal monte
La schiera sua , per assalirgli a fronte.
Il feroce Circasso uscì di stuolo ;
Ch* esser voli' egli il feritor primiero :
£ quegli , in cui ferì , fu steso al suolo ,
£ sossopra in un fascio il suo destriero :
£ pri^ che 1 ' asta in trónchi andasse a volo ,
Molti , cadendo , compagnia gli fero ;
• Poi stringe il ferro , e quando giunge appieno,
Sempre uccide , od abbatte ^ o piaga almeno.
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CIHTO TERZO. 85
Clorinda emula sua tolse di -vita
n forte Ardelio , uom gik d' età matura ;
Ma di vecchiesza indomita , e munita
I>i due gran figli , e pur non fu sicura ;
Oh' Aleandro il maggior figlio aspra ferita
Himosso avea dalla patema cura :
£ Polifemo , che restogli appresso ,
A gran pena salvar potè se stesso.
Ma Tancredi, dappoi eh' egli non giunge
Quel TiUah , che destriero ha più corrente ,
Si mira addietro , e vede hen che lunge
Troppo è trascorsa la sua audace gente :
"Vedela intorniata , e '1 corsier punge ,
Volgendo il freno , e là s ' invia repente :
Ned egli solo i suoi gnerrier soccorre ;
Ma quello stuol eh' a tutti i rìschi accorre.^
Quel di Dudon awenturier drappello ,
Fior de^li eroi , nerho*e vigor del campo.
Kinaldo il più magnanimo e '1 più hello ,
Tutti precorre ; ed è men ratto il lampo.
Ben tosto il portamento e '1 hianco augello
Conosce Erminia nel celeste campo ;
£ dice«al rè che ' n lui fissa lo sguardo :
Eccoti il domator d' ogni gagliardo.
Questi ha nel pregio della spada eguali
Pochi, o nessuno, ed è fanciullo ancora.
Se fosser tra ' nemici altri sei tali ,
Già Scria tutt^ vinta e serva fora :
£ gik domi sarebbono i più australi
Regni , e i regni più prossimi all' aurora :
£ forse il Nilo occulterebbe invano ,
Dal giogo , il .capa incognito et lontano.
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tS GERUSALEMME LIBERALA. ^
Rinaldo ha nome; e la sna clestra irata
Temon più d' ogni machina le mora.
Or Tolgi gli occhi ov ' io ti mostro , e guatii
Colui che d* oro e verde hk 1* armatura :
Quegli è Dudone, ed è da lui guidata
Questa schiera , che schiera è di ventura :
È guerrier d' alto sangue, e molto esperto ,
Che d' etk vince, e non cede di merto.
^ Mira quel grande eh' h coperto a bruno ,
£ Gemando il fratel del rè ?lonregio :
JNon ha la terra uom più superbo alcuno ;
Questo sol de' suoi fatti oscilra il pregio.
E spn que ' duo che van sì giunti in uno ,
£d han bianco il vestir, bianco ogni fregio ^
Gildippe ed Odoardo , amanti e sposi ,
In valor d' arme , e in lealtà famosi.
Cosi parlava ; e già vedeaU là sotto
Come la strage più e più s' ingresse ;
Che Tancredi e Rinaldo il cerchio han rotto ,
Benché d' uommi denso e d' armi fosse,
£ poi lo fttuol eh' è da Dudon condotto
.Ti giunse , ed aspramente anco il percosse.
Argante, Argante stesso , ad un grand' urto
Di Rinaldo , abbattuto , appena è surto.
ISh sorgea forse ; ma in quel punto stesso
Al figliuol di Bertoldo il destrier cade :
£ restandogli sotto il piede oppresso ,
Convien eh' indi a ritrarlo alquanto bade.
Lo stnol Pagan frattanto in rotta messo ,
Si ripara agendo alla tittade.
Soli Argante e Clorinda , argine e sponda
Sono al iarar che lor da tergo inonda.
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I
CAITTO TERZO Ì7
tnUmi Tanno , e T impeto seguente
In lor 8 ' arresta akjnanto , e sì re{nime ;
Sicché potcan man perigjUosaoiente
Quelle genti fuggir, che ftiggian [ttinie.
Segue Dudon nelb TÌttoria ardente
1 f^iggitiyi, e '1 fier Tigrane opprime
Con V* urto del ca-vallo ; e con la spada
Fa che scemo del capo a terra cada.
Né giova ad Algassarre il fino ushergo y
IVed a Corban robnsto il forte elmetto ;
Che in guisa lor ferì la nuca e ' 1 tergo ,
Che ne pass^ la piaga al viso , al petto :
£ per sua mano ancor del dolce albergo
L' alma uscì d' Auiurate , e di Meemetto ,
£ del crudo Almansor; né '1 gran Circasso
Può sicuro da hu mover il passo.
Freme in se stesso Argante , e pur tahrdu
Si (erma e volge, e poi cede por anco.
Alfin così improvviso a lui si volta ,
£ di tanto rovescio il coglie al fianco ,
Che dentro il ferro vi s' immerge , e tolta
E dal colpo la vita al duce Franco.
Cade , e g^ occhi eh' appena aprir si poono,
l>ura quiete preme « e ferreo sonno.
Gli aprì tre volte , e i dolci rai del cielo
CercÀ fruire , • sovra un braccio aliarsi :
E tre volte ricadde , e fosco velo
Gli occhi adombrò , che stanchi alfin serrarsi.
Si dissolvono i membri , e '1 mortai gelo
Irrigiditi , e di sndor gK hk sparsi. ,
Sovra il corpo già morto il fero Argante
Punto non bada , e via trascorre avante.
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88 GERUSALEMME LIBERATA.
Con tatto ciò , sebben à' andar non cess».
Si volge ai franchi , e grida : O cavalierì ,
Questa sanguigna spada è quella stessa ,
Che '1 Signor vostro mi donò pur jeri :
Ditegli come in uso oggi 1' ho messa ;
.Gh' udirà la no-^ffella ei volentieri :
E caro esser gli dee che ' 1 suo hel dono
Sia conosciiito al paragon sì buono.
Ditegli che vederne ornai s' aspetti
IVeUe viscere sue più certa prova :
E quando d' assalirne ei non s* affretti ^
Verrò , non aspettato , ov ' ei si trova.
Irritati i Cristiani ai ferì detti,
Tutti ver lui già si moveano a prova ;
Ma con gli altrì esso è già corso in sicuro
Sotto la guardia dell' amico muro.
I difensori a grandinar le pietre
Dall ' alte mura in guisa incominciaro ,
E quasi innumerabili faretre
Tante saette agti archi ministrare ,
Che fona è pur , che '1 Franco stuol s' arretre :
E i Saracin nella cittade entraro.
Ma già Kinaldo , avendo U pie sottratto
Al giacente destrìer , s ' era qui tratto.
Venia per far nel barbaro omicida
Dell' estinto Dudone aspra vendetta ;
E fra ' suoi giunto , alteramente grìda : ,
Or qua! indugio è questo ? e che s' aspetta ?
Poich' è morto il signor che ne fu guida ,
Che non corriamo a vendicarlo in fretttt i
Dunque in s\ grave occasion di sdegno
Esser può fragil muro a noi ritegno ì
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CABTa TERZO. 85
Non , se di fei^o doppio , o- d ' adamante
Questa muraglia impenetrabil fosse ,
Cola dentro sicuro il fero Argante
S ' appiatteria dalle vostr' alte posse.
Andiam pure ali ' assalto : ed egli innante
A tutti gli alt4l in questo dir si mosse ;
Che nulla teme la sicura t^sta
O di sassi o dv strai nembo o tempesta.
£i crollando il gran capo , alxa la feiccia
Piena di sì terribile ardimento ,
Che fin dentro alle mura i cori aggbiaccia
Ai difensor d' insolito spavento.
Mentre egli altri rincora , altri minaccia ,
Sopravvien cbi reprime il suo talento :
Cbè Goffiredo lor manda il buon Sigiero ,
De * gravi imperj suoi nunsio severo.
Questi sgrida , in suo nome , il troppo ardire ,
E incontinente il ritornar impone.
Tornatene , dicca , cb ' alle vostr' ire
IVon è il loco opportuno , o la stagione. ^
Goffredo il vi comanda. A questo dire
Rinaldo se frenò , eh' altrui fu sprone :
Benché dentro ne frema , e in più d ' un segno
Dimostri fuore il mal celato sdegno.
Tornar le schiere indietro , e dai nemici
Non fu il ritorno lor punto turbato :
Né in parte idcuna degli estremi uffici
n corpo di Dudon restò fraudato.
Su le pietose- braccia i fidi amici
Portarlo , caro peso ed onorato.
Mira intanto il fiuglion d' eccelsa parte
Della forte cittade il sito e 1' arte.
8.
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90 GERUSALEMME LIBERATA.
Gernsaleni sovra due colli h posta
D' impari aliena , e -volti fronte a fronle :
Va per lo messo tao -valle mterposta
Che lei distingue , e 1' «i dall' altro monte.
Fuor da trt lati ha malage-rol costa :
Per r altro Tassi , • non par ^e si monte.
Ma d' altissime mura è più difesa
La parte piana , e 'ncontra Borea stesa.
La cìttk dentro kk lochi, in coi si serba
L' acqua che piove , e laghi e Conti viri ;
Ma fuor la terra intomo è nuda d' erba,
£ di fontane sterile , e di rivi.
Né si vede fiorir lieta • superba
D' alberi, e &re schermò ai raggi estivi ;
Se non se in quanto oltra sei miglia un bosco
Sorge d' ombi« nocenti orride e fosco.
Hk da quel lato donde il giorno appare ,
Del felice Giordan le nobil' onde ;
E dalla parte Occidental , del mure
Mediterraneo le arenose sponde.
Verso Borea è Betel , di' alce i' altare
Al bue dell * oro , e la Samaria ; • donde
Austro portar le suol piovoso nembo ,
Betelem che '1 gran parto accolse in grembo.
Or mentre guarda e 1' alte mura e '1 sita
Della città , Goffredo , e del paese ;
£ pensa ove s ' accampi , onde assaUto
Sia il muro ostil pità facile ali ' offese ;
Erminia il vide , e dimostrollo a dito
Al rh pagano , e cosi ji dir riprese :
Goffredo è quel che nel purpureo mante
Ha di regio e d' angusto in se cotanto.
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CINTO TERZO. 9i
Teramente è costui nato all' impero ^ -
Sì del regnar , del comandar sa 1' arti :
£ non minor clie duce è caTaliero ;
Ma del doppio valor tutte lià le parti*
JVè fra tofba s) grande, aom più guerriero,
O più saggio dì lui potrei. mostranti.
Sol Raimondo in conùgUo , ed in battaglia
Sol Rinaldo e Tancredi a lui s' agguagKa.
Risponde tA rè pagan : l>en ho di lui
Contessa , e 1 -vidi aDa gran corte in Francia, *
Quand' io d' Egitto measaggier tì fui:
£ 1 vidi ìé nobil giostra oprar la lancia.
E sebben gli anni giovinetti sui
Non gli veStian di piume ancor la guancia ,
Pur dava ai detti, all' opre, «Uè sembianse,
Presagio ornai d* altisnme speranse.
Presagio alii troppo vero ! e tpù le ciglia
Turbate inchina , e poi le innaka , e chiede ;
Dimmi chi sia colui eh' ha pur vermiglia
La sopravvesta , e seco a par » vede.
O quanto di sembianti a lui somiglia,
Sebhen alquanto di statura cede.
£ Baldovin , risponde , « ben si scopre
Nel volto a lui fratel, ma più n^ opre.
Or rimira colui, che quasi in modo
D' uom che consigli , stk dall' altro fianco :
Quegli è Raimondo , il qnal tanto ti lodo'
D' accorgimento, uom già canuto e bianco.
Non è chi tesser me' beflico frodo
Di lui sapesse , o sia Latino o Franco.-
Ma quell' altro più in là , eh' orato ha l' elmo ,
Del rè Britanno è il b«on figlinol Guglielmo.
tizedbyG00g[e
9» GERUSALEMME LIBERATA.
V h Guelfo seco , e gli è d' opre leggiadre
Emulo , e d' alto sangue , e d' alto stato.
Ben il conosco alle sue spalle quadre,
Ed a quel petto colmo e rBevato.
Ma '1 gran nemico mio tra queste squadre
Già riveder, non posso , e pur vi guato.
Jo dico Boemondo il micidiale,
Distruggitor del sangue mio reale.
Cosìparlavan questi; e '1 Capitano ,
Poi eh' intomo ha mirato , ai suoi discende.
E perchè crede che la terra in vano
S' oppugneria, dove il più erto ascende;
Contra la porta aquilonar , nel piano
Che con lei si congiunge , alxa le tende ;
E quinci procedendo , infra la torre
Che chiamano Angolar, gli altri Ta porre. .
Da quel giro del campo è contenuto
Della cittade il terso , o poco meno :
Che d' ogni intorno non avrìa potuto
( Cotanto ella volgea ) cingerla appieno.
Ma le vie tutte, ond' aver puote ajuto ,
Tenta Goffredo d* impedirle almeno :
Ed occupar fa gli opportuni passi,
Onde da lei si viene ^ ed a lei vassi.
Impon che sian le tende indi munite
E di fosse profonde , e di trinciere :
Che d' una parte a ciUadine uscite.
Dall' altra oppone a correrie straniere.
Ma poi che fur queste opere fomite.
Voli' egli il corpo di Dudon vedere :
E colà trasse, ove il huon duce estinto
Da mesta turba e lagrimosa è cinto.
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CAUTO TERZO, 95'
Di nol>ìl pompa t fidi amici oi^iaf o
Il gran feretro , ove sublime ei giac«.
Quando Goffredo entrò ,. le turbe alzaro •
La voce assai più flebile e loquace. '
Ma con volto né torbido , ne chiaro
Frena il suo affetto il pio Buglione, e tace.
E poi che 'n lui, pensando , alquanto fisse
Le luci ebbe tenute , alfin sì disse.
Già no9 si deve a te doglia né pianto ;
Che se muori nel mondo, in ciel rinasci:
E qui dove ti spogli il mortai manto,
Di gloria impresse alte vestigia lasci.
Vivesti qual guerrier cristiano e santo ;
K come tal sei morto : or godi , e pasci
In Dio gli occhi bramosi , o felice alma ,
Ed hai del ben oprar corona e palma.
Vivi beata pur; che nostra sorte ,
P^on tua sventura a lagrimar n' invita : '
Poscia eh' al tuo partir , sì degna e forte
Parte di noi fa col tho pie partita.
Ma se questa, che '1 volgo appella morte.
Privati ha noi d' una terrena aita;
Celeste aita ora impetrar ne puoi ,
Che i ciel t' accoglie infra gli eletti suoi.
E come , a nostro prò , veduto a)>biamo
Ch'usavi, uom già mortai, 1' arme mortali ^
' Così vederti oprare anco speriamo,
Spirto divin , 1' arme del ciel fatah. ,
Impara i voti omai , eh' a te porgiamo , .
Raccorre, e dar soccorso ai nostri mali j
"Tu vittoria ci impetra : a te devoti
SoKerem trionfando al tempio i voti.
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$4 GERUSALEMME LIBERATA.
Così diss' egli : e fpik la notte oscura
Avea tatti del giorno i raggi spenti;
E con ]' obblio d' ogni nojosa cura y '
Ponea tregua alle lagrime , ai lamenti.
Ma il Capitan di' eqmgnar mai le mura
INon crede senaa i bellici stromenti,
Pensa ond' abbia k travi, ed in quai forme
Le macbine componga , e poco dorme.
Sorse a poi O0Ì sole, «d cgK «Hi*
Seguir la pompa funeral.poi roBe.
A Dudon d' odorifero cipresso
Composto hanno il sepolcro appiè d' un colle ^
^on lunge agli steccati; e sovra ad esso
Un' altissima palma i rami estolle,
Or qui fu posto ; e i sacerdoti intanto
Quiete all' alma gU pregar col canto.
Quinci e quindi fra i rami erano $ipptu
Insegne, e prigioniere axvw diverse,
Cik da lui tolte in più felici imprese
Alle genti di Siria , ed alle Perse.
Della corassa sua, dell' altro arnese
In messo il grosso tronco si coperse.
Qui ( vi fu scritto poi) giace Dudone:
Onorate V altissimo campione.
Ma il pietoso Buglion , poi che da questa
Opra si tolse dolorosa e pia ,
Tutti i fabbri del campo alla foresta
Con buona scorta di soldati invia.
Ella è tra vaOi ascosa , e manifesta
L' avea fatta ai Francesi uom di Soria.
Qui per troncar le macbine n' andaro,
A cui non abbia la citta riparo.
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CAlfTO TEBZO. 95
L* un r altro esorta , clie le f>iante atterri,
H faccia al bosco inusitati oltraggi.
Caggion recise da' taglienti ferri
Le sacre palme, e i frassini seWaggi:
I funebri cipressi, e i pini,' e i ccrri,
L* elei frondose, e gli alti abéti, e i faggi:
Oli olmi mariti , a cui talor s'appoggia
La vite 5 e con pie torto al ciel sen poggia.
Altri i tassi , e le querce altri percote ,
Cile mille volte rinnovar le chiome;
IS, mille volte ad ogni incontro immote
L' ire d^ ' venti han rintuzzate e dome :
Ed altri impone alle stridenti rote
D* omi« di cedri 1* odorate some.
Lasciano alsuon dell' arme, al vario grido,
£ le fere e gli tugei, la tana e 'l nido.
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CERUSALEIIME iAbERATA.
CANTO QUARTO.
ARGOMENTO.
Tutti i anmi d' Inferno a se raccoglie
L' Imperador del tenebrpso regno-,
£ per dare a ' Cristiani acerbe doglie
Vuol , eh' Ufi ognun di lor soo iniquo ingegno.
Per lor opra Idraote a crude voglie
Si volge y e vuol eh' Armida al suo disegno
Spiani la via , parlando in dolci modi ,
£ sue machine sian beUetze , e frodi.
IVI EN TRE fan questi i bellici stromenti,
Perchè debbano tosto in uso porse,
Il gran nemico dell' umane genti
Contra i Cristiani i lividi occhi torse;
£ scorgendogli ornai lieti, e contenti,
Ambo le labbra per furor si morse,
E qual tauro ferito , il suo dolore
Versò, mugghiando e sospirando, fuore.
Quinci, avendo pur tutto il pensier volto
A recar ne' Cristiani ultima doglia, .
Che sia , comanda , U popol suo raccolto
( Concilio orrendo ! ) entro la regia soglia :
Come sia pur leggiera impresa ( ahi stólto ! )
11 tepngnare alla divina voglia :
Stolto, eh' al ciel s' agguaglia , e in obblio pone,
Come di Dio la destra irata tuoue.
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CAUTO QUARTO. - «7
Chiama gli abitator deli' ombre eteme
n rauco suon deHa tartarea tromba:
Treman le spaziose atre caverne , •
£ r aer cieco a qnd rumor rimbomba.
Pf è si stridendo mai dalle superne
Regioni del cielo il folgor piomba ,
iNè sì scossa giammai trema la terra ,
Quando i vapori in sen gravida serra.
Tosto gli Dei d* abisso in varie torme
Concorron d' ogn' intomo all' alte porte.
O come strane, o come orribil forme !
Quant' è negli occhi lor terrore , e morte !
Stampano alcuni il suol di ferine orme,
£ 'n fronte umana han chioma d' angui attortf ,
£ lor s' aggira dietro immensa coda,
Che ^asi sferza si ripiega, e snoda.
Qui mille immonde Arpie vedresti, e miVe
Centauri, e Sfingi, e pallide Gorgoni,
Molte e molte latrar voraci SciUe,
£ fischiar Idre, e sibilar pitoni,
E vomitar Chimere atre faville,
£ Polifemi orrendi, e Gerioni,
E in novi mostri, e non più intesi o visti,
Diversi aspetti in un confusi, e misti.
D' essi parte a sinistra, e parte a destra
À seder vanno al crudo rè davante.
Siede Pluton nel mezzo, e con la destra
Sostienlo scettro ruvido e pesante :
Né tanto scoglio in mar, né rupe alpestra,
Pfè pur Calpe s' innalza , o '1 magno Atlante,
Ch' a^zi lui non paresse un picciol colle ;
Si la granfronte, e le gran coma eslolle.
I. 9
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§8 OBRUSÀLEMME LIBERATA.
Orrida maestà nel fero aspetto
Terrore accreàcè, e più superbo il rende:
R<MMggian gli occhi, e di veneno infetto.
Come infausta cometa , il guardo splende:
Gr involve il mento , e su l' iirsuto petto
Ispida e folta la gran barba scende:
£ in guisa di voragine profonda,
S' apre la bocca d' atro sangue immonda.
Quali i fumi sulfurei ed infiammati
Escon di MongibeUo , e '1 puxso e '1 tuono ;
Tal della fera bocca i negri fiati,
Tale il fetore e le faville sono.
Mentre ei parlava , Cerbero i btrati
Rijuresse, e l' Idra si fé' muta al suono:
Restò Cocito , e ne tremar gli abissi ;
£ in questi detti il gran rimbombo udissi:
Tartarei numi, di seder più degni
La sovra il sole, ond' è 1' origin vostra,
Che meco già dai più felici regni
Spinse il gran caso in questa orribil chiostra ;
Gli antiqui altrui sospetti , e i fieri sdegni
Pfoti son troppo , e 1' alta impresa nostra.
Or colui regge a suo voler le stelle,
E noi siam giudicate alme rubeUe.
Ed in vece del di sereno e puro, -
Dell' aureo sol , degli stellati giri ,
N' bà qui rìiicbiasi in ^lesto abisso oscuro ,
Né vuol eh' al prìmo onor per noi s' aspiri.
E poscia ( ahi quanto a ricordarlo è duro!
Quest' è quel che più inaspra i miei martiri )
Ne ' bei seggi celesti ha l' uom chiamato ;
L' uom vile) e di vii fango i» terra nato.
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Ckfiro QUIKTO. 99
Tie ci& gli parve assai ; ma m preda a morte ^
Sol per fame più danno , il FigUo diede.
K i venn e , e ruppe le tartaree porte , ^j
K porre osò ne' regni nostri il piede ,
E trame V alme a noi dovute in sorte ,
£ riportarne al ciel sì ricche prede,
Tincitor trionfando ; è in nostro scherno
Le insegne ivi spiegar del vinto inferno.
Ma che rinnòvo i miei dolor parlando ?
Chi non ha già le ingiurie nostre intese ?
Ed in qual parte si trovi» , né quando
Ch' egli cessasse dalle usate imprese ì
IVon più dessi alle antiche andar pensando ;
Pensar dobbiamo alle presenti offese.
Deh non vedete ornai come egli tenti
Tutte al suo culto richiamar le genti?
Noi trarrem neghittosi i giorni, e l'ore,
fie degna cura fia che *1 corn' accenda ì
E soffrirém che fona ognor maggiore
11 suo popòl fedele in Asia prenda ?
£ che Giudea soggioghi, e che Ì suo onore.
Che 'I nome suo più si dilati e stenda ?
Che suon in altre lingue, e in altri carmi
Si scriva , e incida in nuovi bronxi, e marmi ì
Che sian gì' ìdoli nostri a terra sparsi ? <
Che i nostri altari il mondo à lui converta }
Ch' a lui sospesi i voti , a lui sol arsi
Siano gì' incensi,* ed auro e mirra offerta ?
Ch' ove a noi tempio non solea serrarsi ,
Or via non resti aÙ' arti nostre aperta ?
Che di tant' alme il soUto tributo
Ne manchi , e in voto regno alberghi Plulo i
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100 GERUSALEMME LIBERATA.
Ah non fia ver , che non sono anco estinti;
Gli spirti in noi di quel valor primiero ,
Quando di ferro e d' alte fiamme cinti
Pugnammo già contra il celeste impero.
Fummo , io noi nego , in quei conflitto vinti ;
Pur non mancò virtute al gran pensiero :
Ebbero i più felici allor vittoria ;
Rimase a noi d' invitto ardirla gloria.
Ma perchè più v' indugio ? Itene ,'o miei
Fidi consorti , o mia potenza e forse :
Ite veloci , ed opprimete i rei ,
Prima che '1 lor poter più si rinforze ; ,
Pria che tutt' arda il regno* degli Ehrei,
Questa fiamma crescente omai s' ammorze z.
Fra loro entrate , e in ultimo lor danno
Or la forza s'adopri , ed or l'inganno.
Sia destin ciò eh' io voglio ; ahri dfsperso
Sen vada errando : altri rimanga ucciso :
Altri in cure d' amor lascive immerso ,
Idol si faccia un dolce sguardo e un riso :
Sia '1 ferro incontro al suo rettor converso
Dallo stuol ribellante e in se diviso :
Pera il campo e ruini , e resti in tutto
Ogni vestìgio sdo con lui distrutto.
Non aspettar già 1' alme a Dio rubeUe
Che fosser queste voci al fin condotte ;
Ma fuor volando , a riveder le stelle
Già se n' uscian dàlia profonda notte ;
Come sonanti e torbide procelle ,
^ Che vengan fuor delle natie lor grotte
Ad oscurar il cielo , a portar guerra
Ai gran regni del mare e della terra^
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CANTO QUARTO^ 10
Tosto spiegand o in vai^ lati i vanni ,.
Si faron questi per lo mondo sparti ;
£ inconiinciaro a fabbricar inganìii
Diversi e nuovi , ed ad usar lor arti.
Ma di tu , Mìisa , come i primi danni
Mandassero ai Cristiani , e di quai parti :
Tu'I sai ; iba di tant* opra a noi sì Lunge
D^bil «nura di fama appena giunge.
Reggea Damasco e le citta vicine
^draote famoso e nobil mago ,
Che fin da' suoi,prim' anni all' indovine
Arti si diede , e ne fu ogn* or più vago^
Ma che giovar , se non potè del fine
Di quella incerta guerra esser presago ?
Ned aspetto di stelle erranti o fisse ,
Né riposta d* inferno il ver predisse ?
Giudicò questi (ahi cieca umana mente ^
Come i giudicj tuoi son vani e torti ! )
Ch' all' esercito invitto d* occidente
Apparecchiasse il ciel mine e morti :
Però credendo che 1* Egicia gente
Jia palma dell' impresa alfin riporti ,
Desia che '1 popol silo nella vittoria
Sia dell' acquisto a parte , e della ^orla.
Ma perchè il valor Franco ha in grande stima ,
Di sanguigna vittoria i danni teme j
E va pensando con qual' arte in prima
Il poter de' Cristiani in parte sceme :
Sicché più agevolmente indi s' opprima
Dalle sue genti , e dall' Egizie insieme.
In questo suo pensier il sovraggiunge
li* Angelo iniquo , e più l' instiga e punge.
9-
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lOa GERUSALEMME LIBERATA.
Esso il consìgHa , e gli minbtra i modi
Onde l' impresa a^To1«r si puote.
Donna y a cui di beltà le prime Iodi
Concedea Y oriente , è sna nipote.
Gli accorgimenti e le più occnlte frodi y
Cb' usi o Dsmroina o maga , a lei son note.
Questa a se cbiama , séco i suoi consigU
Coroparte , e vuol cbe cura ella ne pigli*
Dice : O diletta mia , cbe sotto biondi
Capelli , e fra sì tenere sembiante j
Canuto senbo e cor virile ascondi ,
£ già nell' arti mie me stesso a-vanse ;
Gran pensier volgo -, e se tu lui secondi ,
Seguiteran gli effetti aBe sperante :
Tessi la tela eh' io ti mostro ordita y
Di cauto vecchio esecutrice ardita.
Vanne al campo nemico < ivi s' impieghi
Ogn' arte femminil , eh' amore aletti :
Ba^a di pianto , e fa melati i preghi
Tronca , e confondi co* sospiri i detti :
Beltà dolente e miserabil pieghi
Al tuo volere i più ostinati petti :
Vela il soverchio ardir Con la vergogna ,
£ fa manto del vero alla mentogna.
Prendi , s' esser potrk , Goffredo ali* esca
' De' dolci sguardi , e de' bei detti adorni ;
Sicch' all' uomo invaghito ornai tinx:resca
L'incominciata guerra , e la ^storni.
Se ciò non puoi , gli altri più grandi adesca :
Menagli in parte , ond' alcun mai non torni.
Poi distingue i consigli : aKìn le dice :
Per la fé , per la patria il tutto lice.
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CANTO QUARTO. 103
La bella Armida di sua forma altera ,
K de' doni del sesso e deli' etate ,
L'impresa prende ; e in su la prima sera
Parte , e tiene sol Tie chiuse e celate :
£ 'n treccia , e 'n gonna femminile spera
Vincer popoli invitti , e schiere armate.
Ma son del smo partir tra '1 volgo , ad arte,
Diverse voci poi diffiise e ^arte.
Dopo ^on molti dì vien la donxella ,
Dove spiegate i Franchi avean le tende.
All' apparir deOa beltà novella
Nasce un bisbiglio , e '1 guardo ogn'on v' intende ,
Siccome la dove cometa o stella ,
JVon più vista di giorno , in ciel rìsplende :
£ traggon tutti per udir chi sia
Sì bella peregrina , e chi V invia.
Argo non mai , non vide Cipro o Delo , \
D' abito o di beltà forme sV care.
D' aura h^ la chioma ; ed or dal bianco velo
Traluce involta^ t>r discoperta appare.
Cosi qualor si^rasserena il cielo ,
Or da candida nube il sol traspare ;
Or dalla nube uscendo , i raggi intomo
Più chiarì spiega , e ne raddoppia il giorno.
Fa nuove crespe 1 ' aura al cnn disciolto y
Che natura per se rincrespa in onde :
Stassi 1 ' avaro sguardo in se raccolto ,
£ i tesorì d ' amore , e i suoi nasconde.
Dolce color di rose in quel bel volto
Fra r avorìo si sparge e si confonde :
Ma nella bocca , ond ' esce aura amorosa y
Sola rosieggia, e sempliM la rosa.
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lo4 GERUSA.LEMME LIBEIATA-
Mostra il bel petto le sue nevi ignuJe y
Onde il foco d* amor si nutre e desta :
Parte appar delle mamme acerbe e crude ,
Parte altrui ne ricopre invida vesta :
Invida , ma s * agli occhi il varco cbiude y
L' amoroso pensier già non arresta ;
Che non ben pago di bellezza esterna ,
Plegli occulti secreti anco s' intema.
Come per acqua o per cristallo , intero
Trapassa il raggio , e noi divide o parie ;
Per dentro il chiuso manto osa il pensiero
Sì' penetrar nella vietata parte :
Ivi si spazia, ivi contempla il vero
Di tante maraviglie a parte a parte :
Poscia al desio le narra e le descrive ,
E ne fa le sue fiamme in lui più vive.
Lodata passa , e vagheggiato Armida,
Fra le cupide turbe , e se n ' avvede.
Noi mostra già, benché in suo cor ne rida^
E ne disegni alle vittorie e prede.
Mentre sospesa al({uanto alcuna guida,
Che la conduca al Capitan, richiede ;
Eustosio occorse a lei , che del sovrano
Principe delle squadre era germano.
Come al lume farfalla , ei si rivolse
Allo splendor della bella divina ;
E rimirar dappresso i lumi volse ,
Che dolcemente atto modesto inchina :
£ ne trasse gran fiamma, e la raccolse,
Come da foco suole esca vicina:
E disse verso lei , eh ' audace e baldo
U fea degli anni e dell' amore il caldo :
.dbypoogle
CAUTO QUARTO. ' Jo5
Donna y (se pur tal nome a te conviensi^
Cbè non somigli tu cosa terrena ,
IVè y' è figlia d'Adamo in cui dispensi
Cotanto il ciel di sua luce serena ) :
Cile da te si ricerca? e donde yiensi ì
Qual tua ventura o nostra or qui ti mena ì
Fa eh' io sappia chi sei; fa eh' io non erri
A^ell' onorarti, e s' è ragion, m' atterri.
Risponde : il tuo lodar troppo alto sale ;
JSh tanto in suso il raerto nostro arriva:
Cosa vedi, signor, non pur mortale ,
Ma già morta ai diletti , al duol sol viva :
Mia sciagura mi spinge in loco tale ,
Tergine peregrina e fuggitiva :
Hiconro al pio Goffredo , e in lui confido ; .
Tal yòi di sua boutade in tomo il grido. -
T» r adito m' impetra al Capitano ,
8' hai, come pare, alma cortese e pia.
£d egli : è be^ ragion eh' ali ' un germano
L'altro ti guidi , e intercessor ti sia.
Vergine bella , non ricorri invano :
iNon è vile appo lui la graxia mia :
Spender tutto potrai, come t' aggrada,
Ciò che vagUa il suo scettro , o la mia spada.
Tace , e la guida ove tra i grandi eroi
AUor dal volgo il pio Buglion s' invola.
Essa inehmollo riverente , e poi
Vergognosetta non iacea parola.
Ma quel rossor, ma quei timori suoi
Rassicura il guerriero , e riconsola ;
Sicché i pensati inganni alfine spiega
In suon che di dolcesza i sensi lega.
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I06 GERUSALEMME LIBERATA.
Principe invitto , disce , il cai gran nome
Ben voìm adorno di sk chiari fregi ,
Che r esser da te vinte , e in guerra dom*
Kecansi a gloria le provincie e i regi :
JNoto per tutto è il tuo valore , e come
Fin dai netoici avvien che a' ami e pregi ;
Così anco i tuoi nemici affida, e invita
Di ricercarti, e d' impetrarne aita.
Ed io che nac<prì in sì diversa fede ,
Che tu abbassasti, e*ch' or d ' opprimer tenti >
Per te spero acquistar la nobil sede , <
£ lo scettro re^ de ' miei parenti :
£ s ' altri aita ai suoi congiunti chiede
Contra il furor delle straniere genti ;
Io , poiché ' n lor non ha pietà più loco,
Contra il mio sangue il ferro ostile invoco.
Te chiamo, ed in te spero ; e in quell' aketaa
Puoi tu sol pormi , onde sospinta io fui.
J\è la tua destra esser dee meno avveita
Di sollevar, che d' atterrare altrui:
IV è meno il vanto di pietà si pressa,
Che '1 trionfar degli avversar] sui;
£ s' hai potato a molti il regno torre ,
Fia gloria egoal nel regno or me riporre.
Ma se la nostra fé varia ti move
A dispressar forse i miei preghi onesti ,
La fé, eh' ho certa in tua pietà mi giove :
IVé dritto par eh' eUa dekisa resti;
Testimon é quel Dio eh ' a tutti é Giove ,
Ch' altrui più giusta aita unqua non desti.
Ma perché il tutto appieno intenda, or odi
Le mie sventare insieme, e le aitnù (rodi.
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CANTO QUARTO. 107
Figlia io son d' Arbilan, che '1 regno tenne
Del bel Damasco , e in minor sorte naccjue :
Ma la bella Cariclia in sposa ottenne,
Cui farlo erede del suo imperio piac^e.
Costei col suo morir quasi prevenne
Il nascer mio ; cbè in tempo estinta giacque,
eh' io fuori nscia dell' alvo : e fu il fatale
Giorno eh' a lei die morte > a nie natale.
Ma il primo lustro appena era varcato
Dal dì eh' ella spogliossi il mortai velo,
Quando il mio genitor , cedendo al fato ,
Forse con lei si ricongiunse in cielo :
Di me cura lasciando e dello stato
Al fratel eh' egli amò con tanto zelo ,
Che se in petto mortai pietà risiede ,
£sser certe dovea della sua fede.
Preso dunque di nie questi il governo ,
Vago d' ogni mio ben si mostrò tanto ,
Che d' incorrotta fé, d' amor paterno^
E d' immensa pietade ottenne il vanto.
O che '1 maligno suo pensiero intemo
Celasse allor sotto contrario manto ;
O cbe sincero avesse ancor le voglie,
Perch' al figUuol mi destinava in mogKe.
Io crebbi , e crebbe il figlio ; e mai né stile
Di cavalier , né nobil' artle apprese ;
Nulla di peUegrino o di gentile
OU piacque mai, né mai troppo alto intese :
Sotto deforme aspetto animo vile ,
E in cor superbo avare voglie accese:
Ruvido in atti , ed in costumi è tale ,
€h' è sol ne' visf a «e medetmo eguale»
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Jo8 GERUSALEtfME LIBEKÀTA.
Ora il mio buon custode ad uom ù degno
Unirmi in matrimonio in se prefisse ;
£ farlo del mio letto e del mio ^egno
Consorte; f chiaro a me più volte il disse.
Usò la lingua e 1' arte, usò l' ingegno ,
Perchè '1 Bramato effetto indi seguisse :
]\Ia promessa da me non trasse mai ;.
Ansi ritrosa ogn'or tacqui, o negai.
Partissi alfin con un sembiante oscure ,
Onde r empio suo cor chiaro trasparve.
£ ben 1' istoria del mio mal futuro
Leggergli scritta in fronte allor mi parve i
Quinci i notturni miei riposi furo
Turbati ogn'or da strani sogni e larve :
Ed un fatale error nelV alma impresso ,
M' era presagio de' miei danni espresso.
8pe8S0 r ombra materna a me s' offria ,
Pallida imago , e dolorosa in atto ;
Quanto diversa , oimè ! da quel che pria
Visto altrove il suo volto avca ritratto.
Fuggi, figlia, dicea, morte sì ria
Che ti sovrasta omai, partiti ratto.
Già veggio il tosco e '1 ferro in tuo sol danno
Apparecchiar dal perfido tiranno.
Ma che giovava , oimè ! che del periglio
Ticino omai fosse presago il coi-e ,
Se irresoluta in ritrovar consiglio *
La mia tepera età rendea il timore ì
Prender fuggendo volontario esigho ,
£ ignuda uscii' del patrio regno fuore
Grave era sì , eh' io fea minore stima
Di chiader gU occhi, ove gli apersi in prima.
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' CAlf'rO QtlAllTO,
C r^n""' r' ' '* '"^'^*' « «^««^ avea ' ^
CCh, lcreder.a?)poi di fi,ggirla ardire;
E scoprir la mia tema anco temea, '
Per non affrettar J'ore al mio morie
C.osnnquieta e torbida traea
La vita in un continuo martire
Quale uom eh' aspetti, che snl'coHo ignudo
Ad or ad or gli caggia il ferro crudo.
In tal mio stato, o fosse amica sorte,
O eh a peggio mi serbi il mio destino ,
Un de mmistri della reggia corte, .
Che 1 rè m,o padre s' aUevò bambino , / •
^al tiranno pi^escritto, era vicino;
E eh egli a quel crudele avea promesso
Di porgermi ,1 velen quel giorno stesso.
E mi soggiunse poi , eh' alla ,nia vita,
Sol fuggendo , allungar poteva il corso ;
E poich altronde io non sperava aita,
Pronto offri se medesmo al mio soccorso ;
*. confortando mi rendè sì ardita ,
Che del timor non mi ritenne il morso •
Sicch' 10 non disponessi , ali* aer cieco , a
I^a patria e '1 zio fuggendo, andarne seco!
Sorse la notte oltra l'usato oscura,
Che sotto V ombre amiche ne coperse :
Tal che con due donielle uscii sicura.
Compagne elette alle fortune avverse. >
Ma pure indietro afle mie patrie mura
Le luci io rivolgea di pianto asperse :
^è deUa vista del natio terreno
Potea, partendo^ tasiarle appiana
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no GERUSALEMME LIBERATA.
Fca r istesftso canunin V occhio , e *ì pensiero ;
E mal suo grado U piede innanxi giva :
Siccome nave eh' improvrìso e fero
Turbine sciogUa dall' amata riva.
La notte andammo , e '1 dì seguente intero
Per lochi ov' orma akrui non appariva.
Ci ricov^ammo in un castello alfine ,
Che siede del mio regno in sul confine.
È d' Aronte il caste! ( eh' Aronte fue
Quel che mi trasse di periglio, e scorse )
Ma poiché me fuggito aver le sue
Mortali insidie U traditor s' accorse ,
Acceso di furor contr' amhidue,
Le sue colpe medesme in noi ritorse ; ,
Ed ambo fece rei di (jnell' eccesso ,
Che commetter in me volle egli stesso.
Disse eh' Aronte i' avea con doni ^iato
Fra sue bevande a mescolar veneno ;
Per non aver , poich' egli fosse estinto ,
Chi legge mi prescriva , o tenga a freno :
E eh' io seguendo un mio lascivo instinto.,
Tolea raccormi a mille amanti in seno.
Ahi , che fiamma dal cielo anci in me scenda .
Santa on^a^ ch'io le tue leggi ofienda 1
Ch' avara fame d' oro , e sete insieme
Del mio sangue innocente il crudo avesse^
Grave m' è sì ; ma via più il cor mi preme ,
Che '1 mio candido onor macchiar volesse.
L' empio , che i popolari impeti teme >
Così le sue menzogne adoma e tesse ,
Che la città , del ver dubbia e sospesa ,
Sollevata noa i* «rmi a mia difesa.
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ÒAKTO QUARTO. JU
N^ percli* or sieda nel mio seggio , e 'n fronte
Già gli risplenda la regal corona,
Pone alcun fine a' mi^i gran danni , all' ónte ;
Si la sua ferìute okra lo sprona.
Arder minaccia entro '1 castella Aronte,
Se di proprio voler non s' imprigiona ;
£d a me , lassa ! e insieme ai miei consorti
Guerra annuncia non pnr, ma strasj , e morti.
Ciò dice egli di far, perchè dal volto
Cosi lavarsi la vergogna crede ;
E ritornar nel grado, ond' io V ho tolto ,
L' onor del sangue, e defla regia sede.
Ma il timor n' è cagion, che non ritolto
Gli jia lo scettro , ond' io son vera erede ;
Che sol, s' io caggio, por fermo sostegno y
Con le mine mie , puote al sno regno.
• E hen quel fine avrà V empio d^sire ,
Che già il tiranno hh stabilito in mente ;
K saran nel mio sangue estinte l' ire,
Che dal mio lagrimar non fiano spente ^
Se tu noi vieti. A te rifuggo , o Sire,
10 misera fanciulla , orba , innocente :
E questo pianto , ond' ho i tuoi piedi aspersi.
Tagliami sì, che '1 sangue io poi non versi.
Per questi piedi , onde i superbi e gli empi
Calchi : per questa man che '1 dritto aita j
Per r alte tue vittorie , e per que' tempi
Sacri , cui desti ^ e cui dar cerchi aita ;
11 mio desir, tu che puoi solo , adempi ;
E in un col regno a me serbi la vita
La tua pietk ; ma pietà nuDa giove ,
S' anco te il dritto e la ragion non move.
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US GERUSALEMME LlBKftÀTA.
Tu y cui concesse il cielo y e dielti in fato
Voleril giusto, e poter ciò che vuoi;
A me salvar Iq vita , a te lo ^tato
( Che tuo iia , s* io '1 ricovro ) acquistar puoi*
Fra numero sì grande a me sia dato
Dieci condiir de' tuoi più forti eroi :
Ch' avendo i padri amici, e '1 popol fido,
Bastan questi a ripormi entro al mio nido.
Anzi un de' primi, alla cui fé commessa
£ la custodia di secreta porta ,
Promette aprirla , e neUa reggia stessa
Porci di nòtte tempo ; e sol m* esorta
Ch' io da te cerchi alcuna aita ; e in essa.
Per picciola che sia , si riconforta
Più che s^ altronde avesse un grande stuòlo :
Tanto r insegne estima , e '1 nome solo.
Ciò detto tace , e la risposta attende
Con atto che , in silenzio , ha voce e preghi,
Gofi&edo il dubbio cor volve e sospende
Fra pensier varj , e non sa dove il pieghi.
Teme i barbari inganni, e ben comprende
Che non è fede in uom eh' a Dio la ne^hi.
Ma d' altra parte in lui pietoso affetto
Si desta, che non dorme in nobil petto.
Nh pur 1' usata sua pietà natia
Tuoi che costei della sua grazia degni ;
Ma il move utile ancor ; ch* util gli fi«
Che nell ' imperio di Damasco regni
Chi , da lui dipendendo , apra la via
'E^à agevoli il corso ai suoi disegni ;
£ genti , ed arme gli ministri ^ ed oro
Contra gli £gizj , e chi sarà con lorOk
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CAVTO QUARTO |l3
Mentre eì , così dubbioso , a terra volto
LiO sguardo tiene, e '1 pensier voUe e gira;
La donna in luì s' affissa, e dal suo volto
Intenta pende, e gli atti osserva e mira :
£ perchè tarda, oltra ' 1 suo creder, molto
La risposta , ne teme e ne sospira.
Quegli la chiesta grazia àlfin negolle :
Ma die risposta assai cortese e molle.
Se in servigio di Dio , cb' a ciò n' elesse y
Non s' impiegasser qui le nostre spade >
Ben tua speme fondar potresti in esse ,
£ soccorso trovar , non che pietade : .
Ma se queste sue greggie, e queste oppresse
Mura non tomiani prima in libertade ,
Giusto non è^ con iscemar le genti ,^
Che di nostra vittoria il corso aQenti*
Ben ti prpmetto , e tu per nobil pegno
Mia fh ne prendi , e vivi in lei sicura ;
. Che se mai sottrarremo* al giogo indegno
Queste sacre , ed al ciel dilette mura ;
Di ritornarti al tuo perduto regno ,
Come pietà n' esorta , avrem poi cura.
Or mi farebbe la pietà men pio ,
8' ansi il suo dritto io non rendessi a Dio.
A qu^l parlar chinò la donna , e fisse
Le luci a terra , e stette immota alquanto :
Poi sollevolle rugiadose , e disse ,
Accompagnando i flebil ' atti al pianto :
Misera ! ed a qual ' ahra il ciel prescrisse
Vita mai grave , ed immntabil tanto ;
Che li cangia in altrui romte e natura ^
Pria che si cang^ in me sorte sì dura ì
io;
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]l4 GERUSALEMME LIBERATA.
NuUa Speme più resta : rnvaii mi doglio :
Non han più fona in uman petto i preghi.
Forse lece sperar che '1 mio cordoglio,
Che te non mosse , il reo tiranno pieghi ?
Né già te il ' inclemenza accusar vogHo ,
Perchè * 1 picciol soccorso a me si neghi ;
Ma il cielo accuso, onde il mio mal discende ,
Che * n te pietade inesorahil rende.
Non tn , signor , né tua boutade è tale ;
Ma '1 mio destino è che mi nega aita ;
Crudo destino, empio destin fatale.
Uccidi omai questa odiosa vita.
L' avermi priva, oimè ! fu picciol male
De* dolci padri in loro età fiorita ;
Se non mi vedi ancor del regno priva ,
Qual vittima al coltello andar cattiva.
Che , poiché legge d' onestate, e «elo
Non vuol che qui sì lungamente indugi ,
A cui ricorro intanto ? ove mi celo ì
O quai contra il tiranno avrò rifugi ?
Nessun loco sì chiuso è sotto il cielo ,
Ch' a lor non s* apra : or perchè tanti indugi?
Veggio la morte, e se '1 fuggirla è vano ,
Incontro a lei n' andrò con questa mano.
Qui tacque ; e parve eh' un regale sdegno
E generoso 1' accendesse in vista :
£ ' I pie volgendo , di partir fea segno ,
Tutta negli atti dispettosa e trista.
Il pianto sì ipargea $enxa ritegno ,
Com' ira suol produrlo a dolor mista :
E le nascenti lagrime , a vederle ,
Erano a' rai del sol cristalli e perle.
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CAUTO QUARTO. Il5
IjC gtiance asperse di ^e' vi-vi umori,
Che giù cadean fin della veste al lembo ,
Parean vermigli insieme , e biancbi fiori ; f
Se pur gì' irriga Un rugiadoso nembo ,
Quando su 1* apparir de' primi albóri
Spiegano all' aure liete il chiuso grembo :
E r alba cbe gli mira , e se n' appaga ,
D' adomarsene il crin diventa vaga.
Ma il chiaro umor, cbe di sì spesse stille
Le belle gcfte e '1 seno adomo rende.
Opra efietto di foco , il qual in miHe
Petti serpe celato , e vi s' apprende.
O miracol d' amor, che le faville
Tragge del pianto , e i cor nell* acqua accende ì
Sempre sovra natura egli hk possanxa ;
Ma in virtù di costei se stesso ava usa.
Questo finto dolor da molti ehce
Lagrime vere , e i cor più duri spetra.
Ciascun con lei s' affligge, e fra se dice :
Se mercè da Goffredo or non impetra ,
Ben fu rabbiosa tigre a lui nutrice,
E '1 produsse in aspr' alpe orrida pietra,
O r onda che nel mar si frange e spuma :
Cradel, che tal bel^ turba e consuma.
Ma il giovinetto Eustaùo , m cui la fae^
Di pietade e d' amore è più fervente ,
Mentre bisbiglia ciascun' altro, e tace,
Si tragge avanti, e parla audacemente:
O germano e iignor , troppo tenace
Del suo primo proposto è la tua mente ;
Se al consenso comun che brama e prega ,
Ancadavola alquanto or non si piega.
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ilS GERUSALEMME LIBEIATA..
IVoQ dico io già , che i principi, che a cor*
Si stanno qaì de' popoli soggetU ,
Torcano il pie dall' oppugnate mura,
£ sian gli ufHci lor da lor negletti :
Ma fra noi che guerrier siam di yeatara.
Senza alcun proprio peso , e meno astretti
Alle leggi degli altri, elegger diece
Difensori del giusto a te ben lece.
GV al servìgio di Dio già non si togKe
L' UQm eh* innocente vergine difende ; ♦
Ed assai care al ciel son quelle spoglie ,
Che d' ucciso tiiranno altri gH appende.
Quando dunque all' impresa or non m' inYOglie •
Qudr util certo, che da lei s' attende ,
Mi ci move il dover, eh' a dar tenuto
£ r ordin nostro alle donselle ajuto.
Ah non sia ver, per Dìo, che si ridica
In Francia, o dove in pregio è cortesia,
Che si fugga da noi rischio o fatica
Per cagion così giusta , e così pia.
Io per me qui depongo elmo e lorica :
Qui mi scingo la spada, e più non ila
Ch' adopri indegnamente arme o destriero, '
O '1 nome usurpi mai di cavaliero.
Così favella, e 'sec« in chiaro suono
Tutto r ordine suo concurde freme ;
£ chiamando il consigVo utile e buono ,
Co' preghi il Capitan circonda e preme.
Cedo , egli disse allora , e vinto sono
Al concorso di tanti uniti insieme.
Abbia, se parvi, il chiesto don costei,
Dai vostri sì; non dai consigli miei. .
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CAUTO QUARTO. |lf
Ma M Goffredo di credenra alquanto
I*ur trova in voi, temprate ì vostri affetti. ,
TTanto sol di^se; e basta lor ben tanto ,
"Percbè ciascun quel cb' ei concede , accetti.
Or cbe non pa6 di bella donna il pianto ^
£d in lingua amorosa i dolci detti ?
!Esce da vagbe labbra aurea catena,
Cbe r alme a suo voler prende ed affiren».
Eustazio lei ricbiama , e dice : Ornai
Cessi , vaga donsetta , il tuo dolore :
Cbè tal da noi soccorso in breve avrai,
Qual par cbe più rìcbiegga il tuo timore.
Serenò allora i nubilosi rai • » .
Armida , e si ridente apparve fuore ,
Cb' innamorò di sue bellesse il cielo ,
Asciugandosi gli occhi col bel velo.
Rendè lor poscia in dolci e care note .
Grazie per l' alte grazie a lei concesse ,
Mostrando cbe sanano al mondo note
Mai sempre, e sempre nel suo core impresse :
E ciò cbe lingua esprimer ben non puote ,
Mut^ elotpienza ne' suoi gesti espresse :
E celò sì sotto mentito aspetto
U suo pensier, eh' altrui non die sospetto*
Quinci vedendo cbe fortuna arriso
Al gran principio di sue frodi avea ,
Prima cbe '1 suo pensier le sia preciso,
Dispon di trarre al fine opra sì rea ;
E far con gli atti dolci , e col bej viso ,
Più che con 1 ' arti lor Circe o Medea ;
£ in voce di Sirena , ai suoi concenti
Addormentar le più svegliate menti*
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Ilg GERUSALEVlfS LIBERATA.
Usa ogni«rte la donna, onde sia colto
Nella sua rete alcun novello amante :
IVè con«utti, né sempre un stesso toHo
Serba ; ma cangia a tempo atti e sembiante.
Or tien pudica il guardo in se raccolto ;
Or lo rivolge cupido e vagante.
La sferta in quegli, il freno adopra in «]QCStì>
Come lor vede in amar lenti o presti.
Se scorge alcun die dal suo amor ritiri
L' alma , e i pensier per diflidensa afl&ene ,
OH apre un benigno riso , e in dolci giri
Volge le luci in lui liete e serene :
C così i pigri e timidi desiri
Sprona , ed affida la dubbiosa ^ne :
Ed infiammando V amorose vo^ie,
Sgombra quel gel che la paura accoglie.
Ad altri poi, cb' audace il segno varca y
Scorto da cieco e temerario duce ,
De' cari detti , e de' begli ocdii k parca ,
£ in li|i timore e riverensa induce :
Ma fra lo sdegno, onde la fronte è carca,
Piir anco un raggio di pietà riluce ;
Siccb' altri teme ben , ma non dispera :
£ più s' invoglia , quanto appar più altera.
Stassi talvolta ella in disparte alquanto,
£ '1 volto e gli atti suoi compone e finge
Quasi dogliosa ; e infin su ^ occbi il pianto
Tragge sovente , e poi dentro il respinge.
£ con quest' arti a lagrimar intanto
Seco mill' alme semplicette astringe;
E in fuoco di pietà strali d' amore
Tempra, onde pera a si fort' arme il cort.
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CAWTO (QUARTO. • 11^
Poi , siccome ella a cpei pensier s' invole ,
E novella ^peransa in lei si deste,
Ver gli amanti il pie drisxa, e le parole,
£ {li giojp la fronte adorna e veste :
£ l&mpeggiar fa quasi un doppio sole,
n chiaro sguardo, e '1 bel riso celeste
Su le nebbie del duolo oscure e folte ,
Ob' avea lor prima intomo al petto accolte.
Ma mentre d<^e parla, e dolce ride,
£ di doppia dolcfssa inebbria i sensi;
Quasi dal petto lor 1' alma divide,
^on prima usata a quei diletti immensi.
Abi crudo Amor, eh' egualmente n' ancide
Ij' assensio e '1 mei, clie tu fra noi dispensi :
E d' ogni tempo egualmente mortaU
Tengon da te le medicine e i mah.
Fra sì contrarie tempre , in ghiaccio e in foco ,
In riso e in pianto, e fra paura e spene ,
Inforca ogn'uta suo stato ; e di lor gioco ,
L' ingannatrice donna a prender viene.
E s' alcun mai con suon tremante e fioco
Osa, parlando, d' accennar sue pene ;
Finge, quasi in amor rossa e inebria ,
Kon veder V alma ne' suoi detti aperta.
O pur le luci vergognose e chine
I Tenendo, d' onestà s' orna e colora ;
Sicché viene a celar le fresche brine
Sotto le rose , onde il bel viso infiora.
<^al nell' ore più fresche mattutine
Del primo nascer suo veggiam 1 ' aurora ;
£ 'l rossor dello sdegno insieme n* esce
Con U vergognai e si confonde e mesce*
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Ito GERUSALEMME LIBERATA.
Ma se prima negli atti ella s' accorge
D' uom che; tenti scoprir le accese TOgHe,
Or gli s' invola e fogge, ed or gli porge
Modo onde parli , e in un tempo il ritogUe<
Cos\ il dì tutto in yano error lo scorge,
Stanco e deluso poi di spème il toglie.
Ei si riman , qual cacciator , eh' a sera
Perda alfin V orma di seguita /era.
Queste fnr V arti, onde mill' alme e
Prender furtivamente ella poteo ;
Ami pur furon l' arme, onde rapille,
Ed a forsa d' Amor serve le feo.
Qual maraviglia or fia, se 'Vfèro Achille
D* Amor fu preda, ed Ercole, e Teseo ;
S' ancor chi per Gesù la spada cinge
L' empio ne' Ucci tuoi talora ttrìoge ì
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GERUSALEMME LIBERATA.
CANTO, QUINTO.
ARGOMENTO.
Sdegna G«mando che Rinaldo «spire
Al grado ov * egli esser assunto agogna :
Perciò I ministro a se del suo morire »
Lai , che 1 * uccide poi , forte rampogna.
Va r nccisoi'e in bando : né patire
Vuol che catena , o ceppi altri gli pogna.
Parte Armida contenta; ma dal mare
Vengono al gran BngUon novelle amare.
JNfd E ir TRE in tal guisa i caTalieri alletta
^ell' amor suo l' insidiosa Armida ,
Uh solo i dieci a lei promessi aspetta,
Ma di furto menarne altri confida :
Tolge tra se Goffredo a cui commetta
La dubbia impresa , ov ' ella esser dee guida ;
Che degli arventurier la copia e '1 ukerto,
£ '1 desir di ciascuno il fanno incerto.
)ffia con provvido avviso alfin dispone ,
Ch' essi un di loro scelgano a sua voglia ,
Che succeda al magnanimo Dudone ,
E quella elesion sovra se toglie.
Così non avverrk eh' eì dia cagione
Ad alcun d' essi che di lui si doglia :
E insieme mostrerà d' aver nel pregio ,
In cui debbe « ragion « lo Muoio egregio.
I. n
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laft GERUSALEMME LIBERATA.
A se dunque gli cbiama , e lor favella :
Stata è da voi la mia sentenxa ucUta ,
Ch' era non di negare alla donxella.
Ma di darle in stagion matura aita :
Di novo or la propongo, e ben pnote ella
Esser dal parer vostro anco seguita ;
Che nel mondo mutabile e leggiero ,
Costansa è spesso il variar pensiero.
Ma se stimate ancor , che mal convegna
Al vdstro grado il rifiutar perigHo :
E se pur generoso ardire sdegna
Quel che troppo gli par cauto consiglio ;
Non fia eh' involo ntar} io vi ritegna,
Né quel , che già vi diedi ,* or mi ripiglio ;
Ma sia con esso voi , com' esser deve ,
Il fren del nostro imperio lento e lieve.
Dunque lo stame e *1 girne io son contento
Che dal vostro piacer libera penda.
Ben yuò che pria facciate al duce spento
Sttccessor nuova, e di voi cura ei prenda,
E tra voi scelga i diece a sno talento.
Non gi^ di diece il numero trascenda ,
Ch' in questo il sommo imperio a me riservo:
Non fia r arbitrio suo per altro servo.
Così disse Goffiredo ; e '1 suo germano, •
Consentendo ciascun, risposta diede:
Siccome a te conviensi, o Capitano,
Questa lenU virtù che lunge vede ;
Cosi il vigor del core e della mano ,
Quasi debito a noi, da .noi si chiede :
E saria la matura tarditate ,
CU' in «Uri è provvidenta, ia noivHtatf«
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CAlfTO QUIlfTO. 1«S
C poiché '1 rischio è di si lieve danno
Posto in lance col prò , che '1 contrapesa;
Te permettente, i dieci eletti andranno
Con la donzella all' onprata impresa.
Così conclude ; e con si adomo inganno
Cerca di ricoprir la mente accesa
Sotto altro zelo : e gli altri anco d' onore ''
Fingon desio , ^el eh' è desio d ' amore.
Ma il più gi<^vin BugUone , il qaal rimira
Con geloso occhio il figlio di Sofia , -,
La cui virtute inYÌdiaiido ammira ,
Che ' n si bel corpo più cara venia ; i
^ol vorehhe compagno , e al cor gì' ins{Àrà
Cauti pensier 1' astuta gelosia ;
Onde , tratto il rivale a se, in disparttt
Ragiona a lui con losin^evol' arte.
O di gran genitor maggior figlinolo ,
Che '1 sommo pregio in arme hai giovinetto :
Or chi sarà dei valoroso stuolo ,
Di cui parte noi siamo , in duce eletto ? "
lo , eh' a Dudon famoso appena, e solo
Per 1 * onor dell* età , vivea soggetto :
Io , (ratei d» Oofiredo , a chi più deggio
Ceder omai , se tu non sei , noi veggio.
Te , la cui nobiltà tntt* altre agguaglia ,
Gloria e merito d' opre a me prepone :
Né sdegnerebbe , in pregio di battaglia j
Minor chiamarsi anco il maggior BngUone ;
Te dimque in duce bramo, ove non cagU»
'K te di (piesta Sira esser campione :
Né già cred' io che <{ue11' onor tu curi.
Che da' fatti v^rrà Bottarm e scari.
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ja4 GEltUSllElilME LIBEKATA»
JNh mancherk qui loco , ore s ' impieghi
Con più Incida fama il tuo Talore.
"Dr io procurerò , se tu noi nieghi ,
Ch' a te concedan gli altri il sommo onore*
Ma perchè non so ben cloYe si pieghi
L' irresoluto mio dubbioso core,
Impetro or io da te , cb' a voglia mia ,
O segua poscia Armida , o teco stia.
Qui tacque Eustaaio , e questi estremi acòents
?9on proferì sensa arrossirsi in viso^
E i mal celati suoi pensieri ardenti
L' altro ben vide , e mosse ad un sorriso.
Ma petcb' a lui colpi d' amor più lenti
Non banno il petto oltre la scoria incìso ^
Né' molto impaiiente è di rivale ,
Tih la donsella.di seguir gli cale.
Ben altamente ba nel pensier tenace
L' acerba morte di Dudon scolpita :
£ si reca a disnor, cb' Argante audace
Gli soprastia lunga stagione in vita :
E parte di sentire anco gli piace
Quel parlar , cb' al dovuto onor 1 ' invita :
£ 'l giovinetto cor s' appaga, e gode
Del dolce snon ddla verace lode.
Onde cos) rispose : i gradi primi
Più meritar , cbc conseguir desio ;
Né , purché me la mia virtù sublimi ,
Di scettri «Itessa invidiar degg' io.
Ma 8 ' all' onor mi chiami, e cbe.lo stimi
Debito a me , non ci verrò restio :
£ caro esser mi dee , che mi sia mostro
Sì bel segnx) da voi del valor nostro.
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CllfTO QUIHTO. is^
Dnnqne io noi chiedo, e noi rifiuto : « quando
Duce io pur sia , sarai tu degK eletti.
Allora il lascia Eustaxio , e vk piegando
De ' suoi compagni , al suo voler , gU affetti.
Ma chiede a prova il principe Gemando
<^uel grado , e hcnch' Armida in hii saetti ,
Mcn può nel cor superho amor di donna ,
Ch' avidità d' onor che sen * indonna.
Sceso Gemando è da' gran rè Norvegi,
Che di molte provincie ebher V impero ;
E le tante corone, e scettri regi
E del padre e degli avi il fanno altero.
Altero è 1 ' altro de ' suoi proprj pregi
Pm che deU ' opre che i passati fero ;
Ancorché gli avi suoi cento e più lustri
Stati sian chiari in pace, e 'n guerra ilhistri.
Ma il barbaro Signor, che sol misura
Quanto r oro, e *1 dominio oltre si stenda,
E per se stima ogni virtute oscura ,
Cui titolo regal chiara non renda ;
IVon può soffrir, che in ciò eh* egli procura ,
Seco di merto il cavalier. contenda :
E se ne cruccia sì , eh' ohra ogni segno
Di ragione , il trasporU ira e disdegno.
Tal che '1 maligno spirito d* Avemo ,
Ch' in lui strada sì larga aprir si vede ,
Tacito in sen gU serpe, ed al governo
De ' suoi pensieri lusingando siede :
E qui più sempre T ira , e T odio intemo
Inacerbisce, e '1 cor stimola e fiede :
E fa che 'n mezso all' alma ogn'or risnoni
Dna voce eh' t lui coti ragioni
m:
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jaff GERUSALEMME LIBERATA.
Tcco giostra Rinaldo ; or Unto vale
Quel suo numero "van d * anùchi eroi ?
iVarrì costui, eh' a te tuoI farsi e^ale ,
Le genti aenre , e i tributari suoi :
Mostri gli scettri, e in dignità regale
Paragoni i suoi morti ai vivi tuoi.
Ah quanto osa un signor d' indegno stato ;
Signor, che neBa serra Italia è nato !
Tinca egli ,- o perda ornai ; fò vincitore
Sin da quel di eh' emulo tuo divenne :
Che dirà il mondo (e ciò fia sommo 'onore )
Questi già con Gemando in gara venne.
Poteva a te recar gloria e splendore
n nobil grado , che Dudon pria tenne :
Ma già non meno esso da te n' attese ;
Costui scemò suo pregio attor che ' 1 chiese.
E se , poich* altri più non parla o spira ,
De' nostri affari alcuna cosa sente ;
Come crede che in eie! , di nobil' ira ,
n buon vecchio Dudon si mostri ardente ?
Mentre in questo superbo i lumi gira ,
Ed al suo temerario ardir ]^m mente ,
Che seco anoor , 1' età spresxando e '1 merto ,
Fanciullo osa agguagliarsi ed inesperto.
^ r osa pure , e ' 1 tenta , e ne riporta
In vece di castigo onore e lande :
£ v' è chi ne '1 consiglia, e ne 1' esorta,
( O vergogna comune ! ) e chi gli applaude.
Ma se Goffredo il vede , e gli comporta
Che di ciò eh' a te dessi , egli ti fraude ;
Noi soffrir tu : né già soffrir lo dei ,
Ma ciò che puoi dimostra , e ciò che sei.
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CANTO QUIlfTO. la/
Al saon di queste tocì arde lo sdegno )
£ cresce in lui , quasi commossa face :
Né capendo nel cor gonfiato e pregno ,
Per gli occhi n' eSce, e per la lingua audace.
Ciò che di riprensibile e d' indegno
Crede in Rinaldo , a suo disnor non tace :
Superbo e vano il finge , e '1 suo Tslore
Chiama temerità passa e furore.
E quanto di magnanimo , e d' altero ,
E d' eccelso , e d' illustre in lui rispiende ,
Tutto ( adombrando con mal' arti il vero )
Pur y come visio sia , biasma e riprende :
E ne ragiona sì , che *1 cavaUero
Emulo suo, pubblico il suon n' intende.
Non però sfoga l' ira ) o si raffirena
Quel cieco impeto in lt^ , eh' a morte il mena.
Che '1 reo demon, che la sua lingmi pio-ve
Di spirto in Tece , e forma ogni suo detto,
Fa che gì' ingiusti oltraggi ogn'or rinnove ,
Esca aggiungendo aXL* infiammato petto. ■
Loco è nel campo assai capace , dove
S' aduna sempre un bel drappeHo eletto ;
E quivi insieme., in tomeaméntt e in lotte,
Kendon le membra vigorose e dotte.
Or quivi, allor che v' è turba più foha ,
I^ur , com' è suo destin , Rinaldo accusa :
^ E quasi acuto strale in kii rivolta
La lingua del veben d' Avemo infosa :
E Ticino è Rinaldo , e i detti ascolta ;
Né pnote l' ira omai tener più chiusa ,
IVta grida : Menti ; e addosso a hii si spinge ,
h nudo nella destra il ferro stringo.
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Is8 ' CEIUSALEMHE LIBEKAT^A.
Parwe im tuono la tocc , e '1 ferro un ìamKpo ,
Che <iì folgor cadente annimaio apporie.
Tremò colni , né ride foga , o scampo
Della presente irreparaHl morte :
Pnr, tatto essendo testdiumio il campo.
Fa sembiante d' intrepido e di forte ;
£ '1 gran nemico attende > « '1 ferro tratto ,
Fermo si reca di difesa in atto.
Qoasi in quel pònto mille spade ardenti
Fnron vedute fiammeggiar insieme ;
Che varia torba di mal cante genti
D' ogn' intorno v' accorre , e s' urta e fveme.
D ' incerte voci , e di confusi accenti
Un suon per 1' aria si raggira e freme,
Qual s ' ode in riva al mare , ove confonda
n venato i suoi co' mormorii dell' onda.
Ma per le voci altrui già non s' allanta
Neil' offeso guerrier l' impeto e 1' ira. •
Sprezsa i gridi , e i ripari , e ciò che tenta
Chiudergli il varco , ed a vendetta aspira ;
£ fra gli uomini , e 1' arme oltre s' avventa y
£ la fìilminefi spada in cerchio gira
Sì , che le vie si sgombra ; e^solo , ad onta
Di mille difensor , Gemando affronta.
£ con ja man, nell' ira anco maestra ,
Mille colpi ver lui driasa e comparte.
Or al petto , or al capo , or alla destra *
Tenta ferirlo^, ora alla manca parte ;
£ impetuosa , e rapida la destra
È in guisa tal , che gli occhi inganna e I' arte^
Tal eh' improvvisa , e inaspettata giunge
Ove manco si teme j e iere e punge.
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CANTO QUIHTO. ìi^
ISh cessò mai , fìncliè nel seno immersa
Oli ebbe una volta e due la fera spada.
Cade il meschin su la ferita, e versa
Oli spirti , ^ r alma fuor per doppia strada.
li' arftia ripone Micor di «angue aspersa
n vincitor, ne sovra lui più bada;
IVI a si rivolge altrove , e insieme spoglia
L' animo crudq, e 1' adirata voglia.
Tratto al tumulto il pio Goffredo intanto
"Vede fero spettacolo improvviso :
Sleso Cremando, il crin di sangue e '1 manto
Sordido e molle , e pien di morte il viso.
Ode i sospiri , e le querele e ' 1 pianto
Che molti fan sovra il guerriero ucciso.
Stupido chiede : or qui , dove men lece ,
Chi fa eh' ardì cotanto , e tanto fece ì
Arnaldo , un de' più cari al prence estinto ,
P^arra , (e '1 caso in narrando aggrava molto )
Che Rinaldo I* uccise , e che fu spinto ^
Da leggiera cagion d' impeto stolto :
£ che quel ferro , che per Cristo è cinto y
Ne' campioni di Cristo avea rivolto ;
£ spreisato il suo impero , e quel divieto
Che fé' pur diansi , e che non è secreto.
E che per legge e reo di morte , e deve^
Come r editto impone , esser punito :
Sì perchè '1 fallo in se medesmo è greve ^
Si perchè 'n loco tale egli è seguito.
Che se dell' error suo perdon riceve ,
Fia ciascun' altro per 1* esempio ardito 5
E che ^ offesi poi quella vendétta
Vorranno far , eh' ai giudici s* aspetta.
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ito GERUSALEMME LIBEIATA.
Oode per ulcagìon , discordie e risse
GermogUeran fra quella parte e questa.
Rammentò i merli dell' estinto , e disse
TnUo ciò , eh' o pietate , o sdegno desta.
Ma s' oppose Tancredi , e contradisse ,
E la causa del reo dipinse onesta.
Goffredo ascolta , e in rigida sembianaa
Porge più di timor , che di sperania.
Soggiunse allor Tancredi. Or ti sovregna ,
Saggio Signor , chi sia Rinaldo , e quale :
Qual per se stesso onor gli si con-vegna ,
£ per la stirpe sua chiara e regale ,
£ per Guelfo suo sio : non dee chi regna y
Nel castigo con tutti esser eguale ;
Vario è 1' istesso error ne* gradi vari :
£ soli' eguaUta giusta è co' pi^ri.
Risponde il Capitan : Da i più suhlimi
Ad ubbidire imparino i più bassi.
Mal , Trancredi , consigli , e male stimi ,
Se Tuoi che i ^andi in sua licensa io lassi.
Qual fora imperio il mio ^ s ' a ' tìH ed imi ,
Sol duce della piede io comandassi ?
Scettro impotente , e vergognoso impero ;
Se con tal legge è dato , io più noi chero.
Ma libero fu dato, e venerando;
Né vuo' eh* alcun d' autorità lo scemi.
£ so ben io come si deggia , e quando
Ora diverse irapor le pene e i premi ,
Ora , tenor d' eguahtk serbando,
Non separar dagl' infimi i supremi.
Così dicea , né rispondea colui ,
Tinto da riverensa , ai detti sui.
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CIUTO QUINTO. l3l
Raimondo , imiutor della severa
Hlgida antìcbità , lodava i detti.
Con quest' arti , dicea , cbi bene impera
Si rende venerabile ai soggetti,;
Che i^a non è la disciplina intera y
Ov' nom perdono, e non castigo aspetti.
Cade ogni regno , e minosa è sensa
La base del timor ogni clemensa.
Tale ei parlava : e le parole accolse
Tancredi, e più fra lor non si ritenne ;
Ma ver Rinaldo immantinente volse
Un sliò destrier, cbe parve aver le penne.
Kinaldo poi cb' al fier nemico tolse
L' orgoglio e 1' alma , al padiglion sen venne.
Qui Tancredi trovollo , e deUe cose
Dette e risposte appien la somma espose.
Soggiunse poi : bencb' io sembianza estema
Del cor non stimi testimon verace ^
Cb^ ' n parte troppo cupa , e troppo interna
Il pensier de ' mortali occnho giace :
Por ardisco alEennar , a quel cb' io scema
Nel Capitan , cbe ' n tutto anco noi tace ,
CV egli ti vof^ aU' obbligo soggetto
De' rei comune , e in suo poter ristretto.
Sorrise allor Rinaldo , e con «n volto
In cui tra 'I rìso lampeggiò lo sdegno :
Difenda sua ragion ne' ceppi involto
Chi servo i , disoe , o d' esser serv<9 è degno ;
Libero io nacqui e vissi , e morrò sciolto ,
Pria cbe man porga o piede a laccio indegno :
Usa alla spada è questa destra ed usa
ÀUe palme., e vii nodo ella ricusa.
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«3a GERUSALEMME tlBERATA-
Ma, s* ai meriti miei questa mercede
Goffredo rende , e vuole imprìgionamie
Pur com ' io fossi un uQm del Tolgo , e crede
A carcere plebeo legato trarrne ;
Tenga egli , o mandi , io terrò fermo il piede -
Gmdici fian tra noi la sorte , e 1 ' arme :
Fera tragedia vuol che s ' appreseoti ,
Per lor diporto , alle nemiche genti ?
Ciò detto , V armi chiede , e '1 capo e 'I husU
Ui fanissimo acciajo adomo rende ,
E fa del grande scudo il braccio onusto ,
E la fatale spada al fianco appende :
E in sembiante magnanimo ed augusto
Come folgore suol , neU* armi splende/
Marte , ei rassembra te , qualor dal quinto
Cielo, di ferro scendi e d' orror cinto.
Tancredi intanto i feri spirti, e '1 core
Insuperbito d* ammollir procura.
Giovane invitto , dice , al tuo valore
So che fia piana ogni erta impresa e dura -
5ò che fra 1* armi sempre, e fra '1 terronr
La tua eccelsa virtute è più sicura.
Ma non consenta Dio , eh* eUa si mostri
Oggi sì crudehnente a* danni nostri.
Dimmi , che pensi far * vorrai e mani
Del civil sangue tuo dunque bruttarle ?
E con le piaghe indegne de ' Cristiani
1 rafagger Cristo , ond' ei son membra e pirte >
Di transitorio onor rispetti vani , '
Che , qual onda di mar sen viene e parte
Potranno m te più che la fede, e '1 «elo
Di qucfla gloria, che n' etema ia cielo?
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CAirxO QUINTO. ,53
Ah non per Dio : vinci te stesso , e spoglia
«^esta feroce tua mente superba. *^ ® "
C«di : non fia tfmor , ma santa vòglia ,
^h a questo ceder tuo palma si serLa.
g sc'pnr degna , ond' altri esempio toglìa,
E la mia giovmetta etade acerba ;
Anch' io fili provocato, e pur non venni
Co ' fedeli in contesa , e mi contenni.
Ch* avendo io preso di CUicia il regno,
E V insegne spiegatevi di Cristo ;
Baldovin sopraggiunse, e con indegno
Modo occupoUo , e ne fé ' vile acquisto ;
Che , mostrandosi amico ad ogni segno ,
Del suo avaro pensier non m' era avvisto ;
Ma con V arme però di ricovrarlo
Non tentai poscia , e forse io potea farlo.
E se pur anco la prigion ricusi ,
E i lacci schivi quasi ignobil ppndo :
E seguir vuoi le opinioni e gli usi.
Che per leggi d' onore approva il mondo ;
Lascia qui me eh' al Capitan ti scusi ;
Tu in Antiochia vanne a Boemondo :
Che né sopporti , in questo impeto primo,
A ' suoi giudicj assai sicuro stimo.
Ben tosto fia ( se pur qui contra avremo
L' arme <l' Egitto o d' alloro stuol pagano )
Ch' assai più chiaro il tuo valor estremo
N' apparirà , mentre starai lontano :
E senza te parranne il campo scemo ,
Quasi corpo, cui tronco è braccio o roano.
Qui Guelfo sopraggiunge , e i detti approva :
£ Tuol che lenia iadagio indi si mova.
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|S4 CEKUSALEMME LIBERATA.
Ai lor consigli la sdegnosa mente
Dell' audace ganon si volge e piega :
Tal eh' egli di partirsi immantinente
Fuor di qaell' oste ai fidi suoi non nega.
Molta intanto è concorsa amica gente :
£ seco andarne ogn 'un procura e prega.
£gti tutti ringrazia , e seco prende
Sol due scudieri , e su '1 cavaDo ascende.
Parte y e porta un desio d' etema ed alma
Gloria, eh' a nohil core è sferxa e sprone :
A magnanime imprese intenta ha V alma,
fld insolite cose oprar dispone :
Gir fra ' nemici ; ivi o cipresso o palm%
Acquistar per la fede ond' è campione :
Scorrer V Egitto , e penetrar sin dove
FuQr d' incognito fonte il !Nilo move.
Ma Guelfo , poi che i giovine feroce,
Affrettato al partir preso ha congedo ;
Quivi non hada , e se ne va veloce
Ove egli stima ritrovar Go£Bredo.
Il qual , come lui Vede , alza la voce ;
Guelfo, dicendo, appunto or te richiedo:
E mandato ho pur ora in varie parti
Alcun de ' nostri araldi a ricercarti.
Poi fa ritrarre ogn' ahro , e in basse note
Ricomincia con lui grave sermone :
Veracemente , o Guelfo , U tuo nipote
Troppo trascorre, ov' ira il cor gli sprone;
E male addursi, a mia credeiua, or puote
Di questo fatto suo giusta cagione.
Ben caro avr<^, che la ci rechi tale ;
Ma GoUredo con tutu è duce eguale.
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CÀKTO QtlBTTO. lS5
£ sarà del legittimo e del dritto
Custode in ogni caso e difensore ;
Serbando sempre al giudicare invitto
Dalle tiranne passioni il core.
Or se Rinaldo a violar 1' editto,
£ della disciplina il sacro onore
Costretto fu, come a)cun dice ; ai nostri
Giudici venga ad inchinarsi , e *1 mostri.
A sua ritenxion libero vegna ;
Q«esto eh' io posso, avmerti suoi consento.
Ma s' egli sta ritroso , e se ne sdegna ,
( Conósco quel suo indomito ardimento )
Tu di condurlo , e provveder t' ingegna
Ch' ei non isforzi uom mansueto e lento
Ad esser delle leggi, e dell' impero
Tendicator , quanto è ragion , severo.
Cosi disse egli ; e Guelfo a lui rispose :
Anima non potea d' infiamia schiva
Voci sentir di scorno ingiuriose ,
E non fame repulsa ove T udiva.
E se r oltraggiatore a morte ei pose ,
Chi h che meta a giust' ira prescriva ?
Chi conta i colpi , o la dovuta offesa ,
Mentre arde la tenson , misura e pesa }
Ma quel che chiedi tu , eh' al tuo soprano
Arhitrìo il garzon venga a sottoporse ,
Ducimi eh' esser non può ^ eh' egli lontano
Dall' oste immantinente il passo torse.
Ben m' offro io di provar con questa mano
A lai, eh' a torto in falsa accusa il morse,
O s' altri v' è di s) maligno dente ,
CU' ei punì r onta ingiusta ginstameute.
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156 GERUSALEMME LIBERATA^
A ragion , dico, al tumido Gemando
Fiaccò le coma del superbo orgoglio.
Sol, s'egli errÀ, fò nell' obblio del bando r
Ciò ben mi pesa , ed a lodar noi loglio.
Tacque e disse Goffredo : Or Tada errando^
E porti risse altrove : io qui non Toglie
Che sparga seme tu di nuore liti:
Deh , per Dio , siau gli sdegni anco finitL
Di procurare il suo soccorso intanto
iVon cessò mai V ingannatrice rea.
Pregava il giorno , e ponea in uso quanto
L' arte , e l' ingegno , e la beltà potea.
Ma poi, quando stendendo il fosco manto,
làé notte in occidente il dì chiudea ,
Fra due vuoi cavalieri e du^ matrone ,
Ricovrava in disparte al padiglione.
Ma benché sia 'mastra d' inganni , e i suoi
Modi gentifi , e le parole accorte ,
E bella sì , che 'l ciel prima nh poi
Altrui non die maggior bellezza in sorte ;
Tal che del campo i più famosi eroi
Ha presi d' un piacer tenace e forte ;
Non è però, cK' all' esca de ' diletti
Il pio Goffredo lusingando alletti.
Invan cerca invaghirlo , e con mortali
Dolcezze attrarlo all' amorosa vita:
Che qual saturo augel, che non si cali
Ove , il cibo mostrando , altri V invita ;
Tal ei , sazio del mondo , i piacer frali
Sprezza , e sen poggia al ciel per via romita :.
E quante insidie al suojbel volto tende
L' infido amor, tutte fallaci^ rende.
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CANTO QUINTO. 1Z7
f^e impedimento alcuntorcer dal? onne
Puote , che Dio ne segna i pensier santi.
Tentò ella mill' arti , e in mille forme ,
Quasi Proteo novel , gli apparve innanti t
E desto Amor, doyepiù freddo ci dorme,
Avrian gli atti dolcissimi , e i sembianti ;
Ma qni ( grazie divine ) ogni sua prova
Vana riesce , e ritentar non giova.
La bella donna , cb' ogni cor più casto
Arder credeva ad un girar di ciglia ,
O come perde or V alterezza, e *1 fasto,
£ quale ha di ciò sdegno , e maraviglia !
Rivolger le sue forze , ove contrasto
Men duro trovi , alfin si riconsiglìa :
Qual capitan eh' inespugnabil terra
Stanco abbandoni , e porti altrove guerra.
Ma contra ì* arme di costei non meno
Si mostrò di Tancredi invitto il core ;
Però eh' altro desio gì' ingombra il seno, '
Né vi può loco aver noveUo ardore :
Che siccome dall' un l' altro veleno
Guardar ne sitol, tali' un dall' altro amore.
Questi soli non vinse : o molto , o poco
Avvampò ciascun' altro al suo bel fòco.
Ella , sebben si duol che non succeda
S\ pienamente il suo disegno e 1' arte :
Par, fatto avendo cosi nobil preda
Di tanti eroi , si riconsola in parte.
E pria che <U sue frodi altri s' avveda ,
Pensa condurgli in più sicura parte ,
Ove gli stringa poi d' altre catene ,
Che non son queste ond' or presi gli tiene.
19*
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l33 GEKUSAI.EMME LIBERATA.
Essendo giunlo il termine che fisse
_J} espilano a darle alcun soccorso,
A lui sen venne riverente e disse :
Sire , il dì stabilito è già trascorso :
£ se per sorte il reo tiranno udisse
Ch' io abbia fatto all' arme tue ricorso ,
Prepareria sue forze alla difesa:
fih così agevol poi fora V impresa.
Dunque , prima eh' alni tal nova apporti
Voce incerta di fama , o certa spia ,
Scelga la tua pietà fra' tuoi più forti
Alcuni pochi, e meco or or gì' invia :
Che , se non mira il ciel con occhi torti
L' opre mortali , o l' innocensa obbha,
Sarò riposta in regno , e la mia terra
Sempre avrai tributaria in pace , e in guerra.
Così diceva ; e '1 Capitano ai detti
Quel che negar non si po|(ea concede :
Sebben , ov' ella il feuo partir affretti ,
In se tornar 1' elesion ne vede :
Ma nel numero ogn"nn de' (]^ece eletti
Con insolita insUnza esser richiede :
£ r emulaziòn che 'n lor si desta ,
Più importuni gh fa nella richiesta.
Ella , che ' n essi mira aperto il core ,
Prende, vedendo ciò, novo argomento:
£ sul lor fianco adopra il rio timore
Di gelosia per ferza e per tormento ;
Sapendo ben , eh' aUin s*^ invecchia amore
Senza quest' arti , e divien pigro e lento j
Quasi destrier che men veloce corra ,
Se non ha chi lui segua , g chi '1 precorca
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CAHTO QUllfTO. l59
E in tal modo cotnparte ì detti sui ,
£ 1 guardo lusinghiero , e '1 dolce riso ^
Ch' alcun non è che non invi^ altrui :
Né il timor dalla speme è in.lor 4ìvùm>*
La folle turba degli amanti, a cui
Stimolo è r arte d' un fallace -viso ,
Senxa firen corre , e non gli tien vergogna;
£ loro indamo il Capitan rampogna.
Ci eh' egualmente satisfar desira
Ciascuna delle parti , e in nulla pende ;
Sebben alcpianto ^r di vergogna , or d' ira
Al 'vaneggiar de ' cavalier s' accende ;
Poich' ostinati in quel desio gli mira ,
Novo consiglio in accordarli prende.
Scrivansi i vostri nomi , ed in un vaso
Pongansi y disse , e sia gjiudice il caso.
Subito il nome dì ciascun si scrisse ,
£ in ^icciol' urna posti e scossi foro ,
E tratti a sorte : e '1 primo che n' uscisae
Fu il conte di Pembrosia Artemidoro.
Legger poi di Gherardo il nome udisse:
Ed usci Yincilao dopo costoro: '
Yincilao , che sì grave e saggio innante,
- Canuto or pargoleggia e vecchio amante.
O cpme il volto han lièto , e gli occhi pregni
Di quel piacer che dal cor pieno inonda ,
Questi tre primi eletti, i cui disegni
La fortuna in amor destra seconda.
D' incerto cor, di gelosia dan segni
CU altri , il cui nome avvien che l' urna asconda:
E daDa bocca pendon di colui
Che spiega i brevi, « légge i nomi altrui.^
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l4o GERUSALEMME LIBERATA.
Cnasco quarto faor yenne , a cni successe
Ridolfo, ,ed a Ridolfo indi Olderico;
Quinci Guglielmo Ronciglion si lesse ,^
E '1 Bavaro Eberardo, e '1 Franco Enrico;
Rambaldo ultimo fii , che farsi elesse
Poi y fé cangiando , di Gesù nemico ;
Tanto puote Amor dunque ? e questi dùus*
H numerò de' diece , e gli altri escluse.
D' ira , di gelosia , d' invidia ardenti
Ghiaman gli altri Fortuna ingiusta e ria:
E te accusano , Amor, clie le conienti
Ghe nell' imperio tuo giudice sia.
Ma perchè instinto è delle umane menti,
Ghe ciò che più si vieta, uom più desia ,
Dispongon molti, ad onta di Fortuna,
Seguir la donna , come il ciel i' imbruna.
Toglion sempre seguirla all' ombra, al sole,
E per lei combattendo espor la vita.
Ella fanne alcun motto , e con parole
Tronche , e dolci sospiri a ciò gli invita :
Ed or con questo , ed or con quel si duole ,
Ghe far convienle senza hii partita.
S' erano armati intanto , e da Goffredo
Toglieano i diece cavalier congedo.
Oli ammonisce quel saggio a parte a parte ,
Gome la fé Pagana è incerta e leve ,
E mal sicuro pegno : e con quaV arte
L' insidie, e i casi avversi uom fuggir' deve.
Ma son le sue parole al vento sparte :
Né consiglio d' uom saggio Amor riceve»
Lor dà commiato al6ne , e la donzella
INon aspeU» al partir 1' alba novella.
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CAHTO QUIlfTO. l4«
Parte la "vincitrice , e quei riValì /
Quasi pri^oni, al SQO trionfo innantt
Seco n' adduce y e tra infiniti mali
Lascia la turba poi degli altri amanti.
Ma come osci la notte, e sotto 1' ali
Menò il silensio, e i lievi sogni erranti;
Secretamente, com' Amor gì' informa.
Molti d' Armida seguitaron 1' orma.
Segue Eustasio il primiero, e puote appena
Aspettar V ombre che la notte adduce.
Vassene frettoloso, ove ne '1 mena
Per le tenebre cieche un cieco duce.
£rrò la notte tepida e serena ;
Ma poi, nell' apparir dell' alma luce ,
Oli apparse insieme Armida e '1 suo drappello ,
Dove un borgo lor fu notturno ostello.
Ratta ei ver lei si muove, ed all' insegna
Tosto Rambaldo il riconosce, e grida
Che ricerchi fra loro , e perchè vegna.
Vengo, risponde, a seguitarne Armida ,
IVed ella avrk da me, se non la sdegna ,
Men pronta aita , o servitù men fida.
Replica r altro : Ed a cotanto onore,
D) , chi t' elesse ? egli soggiunge : Amore.
Me scelse Amor , te la Fortuna : or cpiale
Da più giusto elettore eletto parti ì
Dice Rambaldo allor: Nulla ti vale
Titolo falso , ed usi inutil' arti :
Tik potrai della vergine regale
Fra i campioni legittimi mischiarti,
Illegittimo servo : E chi , riprende
Cruccioso il giovinetto, a me il conteùdc ?
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J4ft GERUSALEMME LIBERATA.
Io tei difenderò , colui rispose ;
E feglìsi air incootro in <{u«8to dire :
E con voglie egualmente in lui sdegnose
L' altro si mosse } e con eguale ardire.
Ma qui stese la mano , e si frappose
La tiranna dell' alme in messo all' ire ;
£d all', uno dicea : Deh non t' incresea
Cb' a te compagno , a me campion s' accresca.
S ' fmi che salva io sia , perchè mi privi
In sì grand' uopo deQa nova aita ì
Dice all' altro : Opportuno , e grato arrivi
Difensor di mi^ fama , e di mia vita.
"JSh vuol ragion, ne sarà mai eh' io schivi
Compagnia nobil tanto , e sì gradita.
Così parlando , ad or ad or tra via
Alcun novo campiou le sorvenia.
Chi di là giunge , e chi di qua : ne T uno
Sapea dell' altro , e '1 mira hieco e torto.
Essa lieta gli accoglie , ed a ciascuno
Montra del suo venir gioja e conformo.
Ma già nello schiarir dell* aer hruno
S' era del lor partir Goffredo accorto :
E la mente, iudovina de' lor danni,
D' alcun futuro mal par che s' affanni.
Mentre a ciò pur ripensa , un messo apparo
Polveroso , anelante , in vista afflitto ,
In atto d ' uom , eh' altrui novelle amare
Porti , e mostri il dolore in fronte scritto.
Disse costui : Signor', tosto nel mare
La grande armata apparirà d ' Egitto :
E 1' avviso , GugUelnio il qual comanda
Ai Liguri navigli, a te ne manda.
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<ÌAl*TÒ QtTIHTd. t4S
Soggitiuse a questo poi , che dalle na-vi
Seuflo condotta vettovaglia al campo ,
I cavalli , e i cammelli onusti t gravi
Trovato aveano a metca strada inciampo :
"E cbe i lor difensori uccisi , o schiavi
Restar pugnando , e nessun fece scampo ;
Da ' ladroni d' Arabia , in una valle , '
Assaliti alla fronte ed alle spalle*
E che r insano ardile, e la licenza
Di que' barbari erranti è ornai si grande ^
Che 'n guisa d' un diluyìo intomo, senza
Alcun contrasto , si dilata e spande :
Onde convien eh' a porre in lor temenca
Alcuna squadra di guerrier si mande ,
Gh' assicuri la via che dalle arene
Del mar di Palestina al campo viene.
D' una in un' altra lingua in un momento
Ne trapassa la fama e si distende :
£ '1 volgo de' soldati alto spavento
Ha della fame che vicina attende,
n saggio Capitan , che V ardimento
SoUto loro in essi or non comprende ,
Cerca con lieto volto , e con parole ,
Come li rassicuri e rìconsole.
O per mille perigti, e miUe alTanni
Meco passati in quvHe parti , e in queste y
Campion di Dio , eh' a ristorare i danni
Della cristiana sua fede nasceste ;'
Voi , che r armi di Persia e i Greci inganni ,
£ i monti e i mari , e '1 vento e le tempeste ^
Della fame i disagi e della sete
Soperaf t« ', voi dunque ora temete ì
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j44 GERrSALEMMB LIBERATA.
Dunque il Signor, che n' indirissa y e mOTe^
Già conosciuto in caso assai più rio,
^on T ' assicura , quasi or volga altrove .
La man della demensa , e '1 guardo pio ?
Tosto UQ dì fia , che rimembrar vi giove
Gli scorsi affanni , e sciorre i voti a Dio.
Or dorate magnanimi , e voi stessi
Serbate , prego , ai prosperi successi.
Con questi -detti le smarrite menti
Consola , e con sereno e lieto aspetto ;
Ma preme mille cure egre e dolenti,
Altamente riposte in messo al petto.
Come possa nutrir sì varie genti
Pensa , fra la penuria e fra '1 difetto :
Come all' armata in mar s' opponga , e come
Gli Arabi predatori affireni y e dome.
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GfiAUSALEHHE I.IBERATA. 14B
\
CANTO SESTO,
ARGOMENTO.
Argante ogni Cristiano a giottr» appeU|i 1
Indi Otton , non eletto , a lui s' oppone
Audace troppo , e tolto vien di sella ;
Onde «en va nella città prigione.
Tancredi pur con Ini pugna novella
Comincia ; ma a lei tregua il bujo impóa*.
Erminia che del suo Signor si crede
Curare il mal, muove notturna il piede.
JVl A à* altra parte le assediate genti
Speme miglior conforta e rassicura :
Ch' oltre il cibo raccolto , altri alimenti
8on lor dentro portati a notte oscura :
Ed han munite d' arme e d' instruraenti
Di guerra , Terso 1' aqnUon , le mura ,
Che d' altezza accresciute , e sode , e grosse ,
Mostran di non temer d' urti odi scosse.
E '1 rè por sempre queste parti, e quelle
Lor fa innalzare , e rinforzare i fianchi ,
O r aureo sol ri^lénda , od alle stelle
Ed alla luna il fosco ciel s' imbianchi :
E in (ar continuamente arme novelle
Sudano i fabbri affaticati e stanchi.
In s\ fatto apparecchio , intollerante
A lai sen venne , e ragiouogU Argante. .
1. >%
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t4C eERtrSALBMME LIBERATA,
E ìdsìdo a quando ci terrai prigiozù .
Fra queste mura in vile assedio , e lento ?
Odo bf n io strìdere incudi 5 e snoni
D' elmi e di scudi, e di corazie io sento;
Ma non veggio a qaal uso : e quei ladroni
Scorrono i campi, e i borghi a lox' talento :.
JNè t' è di tkoi chi mai lor passò arresti,
Kè tromba che dal sonno a)men gli desti.
A lor uh i prandi mai turbati e rotti',
lìh molestate son le cene liete ;
Ansi egualmente i dì lunghi , e le notti
Traggon cOn sicareiza e con quiete.
Voi diu disagi , e dalla fame indotti
A darvi vinti a lungo andar sarete^
Od a morìrae qui come codardi,
Quando d' Egitto pur V ajuto tardi.
Io per me non vo' già eh' ignobil morte
I giorni miei d' oscuro obbUó ricopra :
Tih vo' eh' al novo dà fra queste porte
L' alma luce del Sol chiuso mi 8c<^n-«.
Di questo viver mio faccia la sorte
Quel che già stabihto è là di sopra :
Non Cark gik die, sensa oj^rar k spada.
Inglorioso e invendicato io cada.
Ma quando pur del valor vostro uAate
Così non fosse in voi spento ogni seme>
Plon di morir pugnando ed onorato, .
Ma di vita, e di palma anco avrei ^tetbe.
A incontrare i nemici e '1 nostro fato
Andianne pur deliberati insieme ;
Che spesso avvien che ne' maggior perigU
Sono i più audaci ^li ottimi opAsigli.
•
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CANTO SVESTO. l47
Ma se nel troppo osar tu non ùiperi,
Jih sei d' uscir con ogni squadra ardito;
Procura aknen, che sia per due guerrieri
Questo tuo gran litigio ot difinito.
E perchè accetti ancor piii -volentieri
Il Capitan de' Franchi il nostro invito ;
L' arme egli scelga, e '1 suo vantaggio toglia :
£ le conduion formi a tua voglia.
Che se '1 nemico avrk duejnani, ed una
Anima sola, ancorch' audace e fera;
Temer non dei per isciagara alcuna ,
Che la ragion da me difesa pera.
Puote , in vece di fato e di fortuna,
Darti la destra mia vittoria intera :
Ed a te se medesma or porge in pegno;
Che, se '1 confidi in lei, salvo è il tuo regno.
Tacque; e rispose il rè : Giovane ardente ^
Behhen me vedi in grave età tienile,
IVon sono al ferro queste maU sì lente ^
IVè sì quest* «Ima è neghittosa e vile,
Ch' anzi morir volesse ignobilmente.
Che di morte magnanima e gentile ;
Quand' io temensa avessi, o dnhhio alcuno
De' disagi eh' annnnsii, e del digiuno.
Cessi Dio tanta infamia. Or quel eh* ad arte
Tf ascondo altrui, vo' eh' a te sia palese.
6oliman di Nicea, che In-ama in parte
Di vendicar le ricevute offese.
Degli Arabi le schiere erranti e spatfte
Raccolte hk fin dal Libico paese :
£ i nemici assalendo all' aria nera.
Dame soccorso, e tettovaglia spere.
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l48 GERUSALEMME LIBERATA,
Tosto fia che qui gianga^ or se frattanto
8on le nostre castella oppresse e serve ,
JVon cene caglia, purché '1 regal manto
£ la mìa nobil reggia io mi conserve.
Tu r ardimento, e <juesto ardore alquanto
Tempra, ^er Dio, <ie *n te soverchio ferve z
£d opportuna la stagione aspetta
Alla tua gloria, ed alla mia vendetta.
Forte sdegnossi il Saracino audace,
Ch' era di Solimano emulo antico ;
8ì amaramente ora d* udir gli spiace
Che tanto sen prometta il rege amico. ,
A tao senno, risponde, e guerra e paca
Farai, Signor, nuUa di ciò piv dico.
$' indugi pure, e Soliman s' attenda;
Bi} ch^ perde il suo regno, il tuo difenda.
Vengane a te, quasi celeste messo,
Liberator del popolo Pagano :
Ch* io, quanto a me,l>astar credo a me stesso,^
E sol vo' liberta da questa mano.
Or , nel riposo altrui siami concesso
Ch' io ne discenda a guerreggiar nel piano t
Privato cavalier, non tuo campione.
Verrò co* Franchi a sìngolar tenxone.
Replica il rè : Sebben T ira e la spada
Dovresti riserbare a miglior uso ;
Cl^e tu sfidi però, se ciò t' aggrada,
Alcun guerrier nemico, io non ricuso.
Così gli disse jed ei punto non bada.
Va, ice ad un araldo, or colà giuso,
Ed al duce de' Franchi, udendo 1' oste,
fk queste mie non picciole proposte^
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CANTO SESTO. ìJ^
Ck' nn cavalier, che d' appiattarsi in questo
Forte cinto di muri a sdegno prende,
Crama di far con 1 ' anxii or manifesto
Quanto la sna possansa oltre si stende :
"E, eh' a duello di venirne è presto,
IV el pian eh' è fra le mura e 1' alte tende.
Per prova di valore : e che disfida
Qual più de' Franchi in sua virtù si fida.
£ che non solo è di pugnare accinto
£ con uno, e con due del campo ostUe;
IVfa dopo il terso, il quarto accetta, e '1 quinto, '
Sia di volgare stirpe, o di gentile :
Dia , se vuol , la franchigia , e serva il vinto
Al vincitor, come di guerra è stile.
Cos) gì' impone : ed ei vestissi allotta
La purpurea dell' arme aurata cotta.
£ poiché giunse alla regal presensa
Del principe Goffredo, e de' haroni,
Chiese : O Signore, ai messaggìer licenaa
Dassi tr4 voi di liheri sermoni ?
Dassi, rispose il Capitano, e sensa
JLlcun timor la tua proposta esponi.
Biprese quegli : Or si parrà , se grata
Q fonnidabil sia 1' alta ambasciata.
A E seguì poscia, e la dislida espose
Con parole magnifiche , ed altere.
Fremer s' udirò, e si mostrar s<legnoso
Al suo parlar quelle feroci schiere :
£ srasa indugio il pio BugUon rispose :
Dtira impresa intraprende il cavaliere :
£ tosto io creder yo' , che gliene incresca
, Sì) che d' uopo non fia «he '1 quinto n' esca.,
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iSo GERUSALEMME tlBEmÀTl..
Ma Tenga ìm prova par, che d' ogni oltraggio
Gli ofiero campo libero e licuro;
E seco pugnerà senza Tantaggìo
Alcun de' miei camf^oni : e coù ghiro.
Tac<jue ; e tornò il rè d ' arme ài suo -viaggio
Per r orme, eh* al Tenir calcate foro :
E non ritenne il frettoloso passo,
Finché non die riposta al fier Circasso*
Armati, dice, alto Signor, che tardi?
La disfida accettata hanno i Cristiani :
£ d' affrontarsi teco i men gagliardi
Mostran desio, non che i guerrier soprani.
E mille io yidì minacciosi sguardi,
E mille al ferro apparecchiate mani :
Loco sicuro il duce a te concede.
Così gh dice ; 1' arme esso richiede.
£ sene cinge intomo , e impasiente
Di scenderne s' affretta alla Campagna.
Disse a Clorinda il rè, eh' era presente ;
Giusto non è eh' éi vada, e tu rimagna.
Mille dunque con te di nostra gente
Prendi in sua sicuretia, e 1* accompagna;
Ma vada ìnnaDxi a giusta pngna ei solo :
Tu lunge alquanto a lai ritien lo stuolo.
Tacque ciò detto : e poi che faro armati»
<Juei del chiuso n' uscivano ali ' aperto l
£ giva innanzi' Argante, e dagH osati .
Arnesi in su '1 cavaOo era coperto.
Loco fu tra le mura e gli steccati
Che nulla avea di disegnale, o d' eito^
Ampio e capace : e parea fatto ad arte,
Perch' egli fosse al^ canipo>|i Malte.
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CÀUTO SESTO. i5j
Ivi solo discese , hi fermosse
In -vista de* nemici il fero Argante :
Per gra^ cor, per gran corpo, e per gran posse
Superbo , e minaccievole in sembiante :
Qual Encelado in Flegra ,. o cpal mostrosse
Neil' ima valle il Filisteo gigante.
Ma pur molti di lui tema non hanno ,
Ch* anco quanto sia forte appÌCTi non sanno.
Alcun però dal pio Goffreddo eletto"
Conie il migliore ancor non è fra molti.
Ben si vedean con desioso affetto
Tutti gli occhi in Trancredi esser rivolti :
E dichiarato infra i miglior perfetto
Dal favor manifesto era de' volti :
E s* udia non oscuro anco il bishiglio : . ,
E 1* approvava il Capitan col ciglio.
Gi{^ cedea ciascun' altro , e non secreto
Era il volere ornai del pio Buglione ;
Vanne , a lui disse , a te l'uscir non vieto ,
E reprimi il furor di qnel fellone.
£i tutto in volto baldanzoso e lieto ,
Poiché d' impresa tal fatto è campione ,
Allo scndier chiedea 1' elmo e '1 cavallo :
Poi seguito da molti uscia del vaBo.
Ed a quel largo pian fatto yicino ,
Ove Argante 1' attende, anco bon era ;
Quando in leggiadro aspetto e peHegrino
6' offerse agli ocdii suoi T alta Guerriera.
Bianche via più che neve in giogo Alpino y
Avea le sopravvesti, e la viùera
Alta tenea dal volto, e sovra un' erta,
Tutta, quinto ella k grande, era scoperta.
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|5a GERUSALEMME LIBERATA^
Già uon mira Tancredi ove il Circassa
La spaventosa fronte al cielo estoDe ;
Ma move il suo destrier con lento passo ,
Volgendo gli occhi ov' è colei sol colle.
Poscia immobil si ferma , e pare un sasso ;
Gelido tutto fuor , ma dentro bolle :
Sol di mirar s' appaga , e di battaglia
Sembiante fa cbe poco or più gli caglia.
Argante, cbe non vede alcun cbe in atto
Dia segno an.cor d' apparecébiarsi in. giostra^
Da desir dì contesa io qui fui tratto ,
Grida ; or fbi viene innanzi , e meco giostra ì
li* altro attonito quasi e stupefatto
Pur la s' affissa , e nulla udir ben mostra «
Ottone innanzi allor spinse il destriero ,
£ nell' arringo voto entrò primiero.
Questi up fu di color, cui dianzi accesa
Di gir contra il Pagano alto desio :
Pur cedette a Tancredi , e 'n sella ascese
Fra gli altri, cbe ' 1 seguirò ; e seco uscio .^
Or veggendo sue voglie altrove intese ,
£ stame lui quasi al pugnar restio ;
Prende, giovine audace e impaziente >
li* occasione oiOferta avidamente.
E veloce così , cbe tigre o parda
Vh men ratto talor per la foresta ,
Corre a ferir il Saracin gagliardo ,
Cbe d ' al^a parte la gr«n lancia arresta.
Si scuote ^h>r Tancredi , e dal suo tardo
Pensier, qu^si da un sonno, alfin si desta }
£ grida ei |)en : La pugna è mia ; rimanti.
Ma troppa Ottone è già trascorso iimantÌA^
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CAWTO SESTO. |5S
Onde 81 ferma , e d ' ira e di dispetto t
A^^ampa dentro, e fuor qual fiamma è rosso)
PercK' ad onta si reca , ed a difettò ,
Gh* altri si sia primiero in giostra mosso.
Ma intanto a meszo il corso in su 1 ' elmetto
Dal gioyin forte è il Saracin percosso.
£gU all' incontro a lui col ferro acuto
Fende l ' usbergo , e pria rompe lo sento.
Cade il Cristiano ; e ben è il colpo acerbo,
Posciach' avvien che dall' arcion lo svella. ^
Ma il Pagan di più forza , e di più nerbo
Non cade già , né pur si torce in sella.
Indi con dispettoso atto superbo
Sovra il caduto ca-f alìer favella :
Renditi vinto , e per tua gloria basti
Cbe dir potrai , cbe contra me pugnasti.
Nò , gli risponde Otton , fra noi non s' usa
Così tosto depor 1' arme , e 1' ardire.
AUri del mio cader farà la scusa ;
Io vo' far la vendetta , o" qui morire.
In sembianza d' Aletto , e di Medusa
Freme il Circasso, e par che fiamma spire.
Conosci or, dice, il mio valore a prova,
Poiché la cortesia sprezzar ti giova.
Spìnge il destrier in questo , e tutto obblia
Quanto virtù cavalleresca chiede.
Fugge il Franco l' incontro, e si desvia,
£ '1 destro fianco nel passar gli fiede :
Ed è sì grave la percossa e ria ,
Che 'l ferro sanguinoso indi ne riede.
Ma che prò , se la piaga al vincitore
f^ona non toglie, e giunge ira e furore I
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j54 GERUSALEMME LIBERATA.
Argunte il corrìdor dal corso affroia,
É indietro Q -volge ; e così tosto è volto ,
Che se n' accorge il suo nemico a{^na y
£ d' un grand' urto all' improTYÌso è coko.
Tremar le gambe, indebolir la lena,
Sbigottir 1 * alma , e impallidire il voko ,
Gli fé' l'aspra percossa; e frale e stanco
Sovra il duro terren battere il fianco.
Neir ira Argante infellonisce, e strada
Sovra il petto del vinto al destrier face.
E Cosi, grida, ogni superbo vada
Come costui cbe sotto i pie mi giace.
Ma 1 ' invitto Tancredi allor non bada ;
Che 1 ' atto crudelissimo gli spiace :
E vuol che '1 suo valor con chiara emenda
Copra il suo fallo, e, come suol, ri^lenda.
Passi innanxi gridando : Anima vilei
, Che ancor nelle vittorie infame sei :
Qual titolo di lande alto, e gentile
I)a modi attendi sì scortesi e rei ?
Fra i ladroni d ' Arabia , o fra simik
Barbara turba avvesso esser tu dei.
Fuggi la luce, e va con 1* altre belva
A incrudelir ne* monti, t tra le selve.
Tacque : e '1 Pagano al sofferir poco ns»
Morde le labbra , e di foror si strugge.
Risponder vuol, ma '1 suono esce confuso.
Siccome strido d' anpaal che rugge :
O come apre le liubi , oiad' egli è chÌBsay
Im^tuoso il fulmine , e sen fbgge ;
Cosi pareva a forza ogni suo detto ,
Tuonando uscir daU' infiammato petto.
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CAlfTO 'SESTO. l5S
Hf a poi cte in aml>ó il minacciar feroce
A vicenda irritò 1' orgoglio e 1' ira ;
L* un come l'altro rapido e yeloce,
Spazio al corso prendendo, il destrier girt>
Or <in\y Musa, rinfona in me la voce,
K furor pari a quel faror m' inspira :
Sì che non sian dell' opre indegni i carmi.
Ed esprima il mio canto il saon dell' armi.
Posero in resta , e dirizzaro in alto
I due guerrier le noderose antenne :
Né fu di corso mai , né fu di salto,
Wè fu mai tal velocità di penne,
Né furia eguale a quella, ond' all' assaltd
Quinci Tancredi, e quindi Argante venne.
Rupper 1* aste su gli elmi, e volar mille
Tronconi e schegge , e lucide faville.
Sol de' colpi il rinil>oml>o intorno mossa
U imm9bil terra , e risonarne i monti ;
Ma r impeto, e '1 fttt-or delle percosse
r^ulla piegò delle superbe fronti.
L' uno e 1' altro cavallo in guisa nrtosse,
Che non (or poi, cadendo, a sorger pronti.
Tratte le spade , i gran mastri di guerra
Lasciar le staffe , e i pie fermaro ih terra.
Cautamente ciascuno ai colpi move
La destra, ai guardi 1' occhio, ai passi il piede :
Si reca in atti varj , e *n guardie nove.
Or giri intorno, or cresce innanzi, or cede:
Or qui ferire accenna , e poscia altrove^
Dove non minacciò, ferir si vede : »
Or di se discoprire alcuna parte ,
£ tentar di ichOTaif r arte con r art*. /
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l£$ C^BUSÀLEIIME LIBERATA.
Della spada Tancredi, e dello scado
Mal guardato al Pagan dimostra il fianco^
Gorre egli per ferirlo , e intanto lindo
Di riparo si lascia il lato manco.
Tancredi con nn colpo il ferro crudo
Del nemico ribatte, e kii fere anco :
fih poi, ciò fatto, in ritirarsi tarda,
Ma si raccoglie , e si ristringe in guarda*
n fero Argante , che se stesso mira
Del proprio sangue suo maccliiato e moOcj
Con insolito orror freme , e sospira ,
Di cruccio e di dolor turbato e folle :
E portato dall' impeto e dall' ira.
Con la -voce la spada insieme estolle :
E tomq^ per ferire , ed è di punta
Piagato , ot' è la spalla al braccio giunta.
Qual nelle alpestri selve orsa , che sentA
Duro spiedo nel fianco , in rabbia monta :
E contra 1' arme se medesma irventa,
E i perigli, e la morte audace affronta;
Tale il Circasso indomito diventa ,
Giunta or piaga alla piaga, ed onta all' onta :
E la -vendetta far tanto desia.
Che spreasa i rischi, e le difese obUia.
E , congiungendo a temerario ardire
Estrema forsa, e infaUcabillena,
Tien che ^^ impetuoso il ferro gire ,
Che ne trema la terra, e '1 ciel balena :
T^h tempo ha 1' altro ond' un sol colpo tire.
Onde si copra , onde respiri appena :
ISh schermo v' è eh' assicurare il possa
Dalla fretta d'Argante e dalla possa.
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CAJTTO SESTO. j57
Tancredi > «» se raccolto , attende invano
Che de* gran colpi la tempesta passi.
Or V • oppon le difese , ed or lontano
Sen va co' gira, e co' maestri passi.
Ma poiché non s' allenta il fier Pagano,
E forza alfin che trasportar si lassi :
K cruccioso egli ancor con quanta puote
Violenza maggior la spada rote.
Vinto dall' ira è la ragione e 1' arte ,
E le forae il furor ministra , e cresce.
Sempre che scende il ferro , o fora o parte ,
O piastra o magh'a : e colpo invan non esce.
Sparsa è d' arme la terra ^'e 1' arme sparte
,Di sangue, e '1 sangue col sudor si mesce.
Lampo nel fiammeggiar , nel romor tuono ,
Fulmini nel ferir le spade sono.
Questo popolo e quello incerto pende
Do b\ nuovo spettacolo ed atroce ;
E fra tema , e speransa il fin n ' attende ,
Mirando or ciò che giova , or ciò che nuoce :
E non si vede pur , né pur s' intende
Picciol cenno fra tanti, o bassa voce ;
Ma sene sta ciascun tacito e immoto.
Se non se inquanto ha il cor tremante in moto.
Già lassi erano entrambi , e giunti forse
8arìan pugnando ad immaturo fine ;
Ma sì oscura la notte intanto sorse ,
Che nascondea le cose anco vicine.
Quinci un araldo , e quindi un altro accori*
Per dipartirgli , e gli partirò alfine.
L' uno il Franco Arideo , Pindofo é 1' altro,
Che portò la disfida , aom saggio e scaltro.
J. ,4
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iSg GERUSALIMMB LlBBHiTA.»
I pacifici scettri osar costoro
Fra le spade interpor de' combattenti f
Con queDa sicurtà che porgea loro
h' antichissima legge delle genti.
Siete , o guerrieri , incominciò Pindoro p
Con pari onor, di pari ambo possenti.
Dunque cessi la pugna ) e non sian rott*
he ragioni ^ e '1 riposo della notte.
Tempo è da travagliar mentre il sol dora ^
Ma nella notte ogni animale hk pace :
E generoso cor non molto cura
Plottumo pregio , che s' asconde e tace*
Risponde Argante : A me per ombra oscorf
La mia battaglia abbandonar non piace :
Ben avrei caro il testimen del giorno :
Ma che giuri costui di far ritomo.
Soggiunse 1' altro allora : £ tu prometti
Di tornar , rimenando il tuo prigione ;
Perch' altrimenti non fia mù eh' aspetti
Per la nostra contesa altra stagione.
Così giuraro : e poi gli araldi eletti
A prescriver il tempo alla tcnsone ^
Per dare spasio alle lor piaghe onesto ^
Stabilirò il mattin del giorno sesto.
Lasciò la pugna orribile noi core
De' Saracini e de' Fedeli impressa
Un' alta maraviglia , ed un orrore
/ Che per lunga stagione in lor non cetsf.
Sol dell' ardir si parla , e del valore
Che r un guerriero e 1' altro ha mostro in ciu.
Ma qual si debba di lor due prepone ,
Tario e discorde, il volgq in se disa>ixe.
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CAUTO StSYÓ.
■ E «ik sospeso in aspettando qaal«
Avrà la fera lite avrenimento :
E se '1 furore alla Tirtù prevale ,
O se cede 1 ' audacia aU» ardimento.
Ma pm 4i ciascun ahro , a cui ne cale ,
La beDa Erminia n' hk cura e tormentot ,
^Hè da 1 giudici àeìì' incerto Marte
Vede pender di se la mi^or parte.
Costei , che figUa fa del rè Gassane
Che d' Antiochia già l' imperio tenne ,
Freso li suo regno, al vincitor Cristiano
Fra 1 altre prede anch^elk in ^pcter venne.
Ma fufle m guisa aDor Tancredi umano ,
C|he nnU. ingiuria in sua balia sostenne :
tsd onorata fu nella mina
DeU* alta patria sua, come Reina.
L' onorò , la servì , di Ubertate
Dono le fece il cavaKero egregio ?
E le furo da lui tutte lasciate
Le gemme e gli ori , e ciò eh' avea di pregio.
tiUa vedendo in giovinetta etate ,
E in leggiadri sembianti animo regio ,
Restò presa d* Amor, che mai non strinse
Laccio di quel più fermo onde lei cinse.
Cosi se '1 éorpo Kbertk riebbe ,
Fu r alma sempre in servitnte astretta.
Ben molto a lei d' abbandonar increbhe
II signor caro , e la prigìon diletta ;
Ma l' onestà regal , che mai non debb«
Dt msgnanima donna esser negletta ,
Li costrinse a partirsi , e con ì' antica
Madre a ricovettrsi ia terra amica.
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IS9
l(lO GEBUSALCMME LTBEtlTA.
Teline a Gerustlemme , e quivi accoUa
Fu dal tiranno del paese Ebreo ;
Ma tosto pianse , in nere spoglie aTToHa ,
Della sua genitrice il fato reo.
Pur , né '1 duol che le sia per nròrte tolta , .
Kè 1' esilio infelice unqua poteo
L' amoroso desio sveller dal core ,
Né favilla ammorsar di tanto ardore.
Ama ed arde la misera , e sì poco
In tale stato che sperar le avanza ,
Che nudrisce nel sen 1' occulto foco ,
Di memoria via più f che di speranza :
E quanto è chiuso in più secreto loco ,
Tanto ha 1 ' incendio suo maggior possanza.
Tancredi alfine , a risvegliar sua spene ,
Sovra Gerusalemme ad oste viene. -
Sbigottir gli altri all' apparir di tante
Nazioni e si indomite , e sì fere ;
Fcr' sereno elìk il torbido sembiante ,
£ lieta vagheggiò le squadre altere :
E con avidi sguardi il caro amante
Cercando gìo fra quelle armate schiere.
Cercollo invan sovente , ed ànpo spesso
RaffiguroUo ; e disse : Egli e pur desso.
Nel palagio regal sublime sorge
Antica torre assai presso alle mura :
Dalla cui sommità tutta si scorge
L' oste Cristiana , e '1 monte , e la pianura.
Quivi , dacché il suo lume il sol ne porge ,
Infin che poi la notte il mondo oscura ,
S ' asside , e gli occhi verso il campo gira ,
E co ' pensieri suoi parla , e sospira,
DigitizedbyGoOgle ,
CANTO 8E6T^. iSi
Quinci viòle la pugna > e ' 1 cor ndi petto
Seutì tremarsi in quel punto sì forte ,
Che parea che dicesse : H tuo diletto
£ quegU là , che in rischio h della morte.
Così , d ' angoscia piena e di sospetto y
Mirò i successi della dubhia sorte :
£ sempre che la spada il Pagan mosse y
Sentì nell' alma il ferro e le percosse.
Ma poiché '1 vero intese , e intese ancora
Che dee 1' aspra tenson rinnovellarsi ;
InsoUto timor così 1' accora ,
Che sente Ìl sangue suo di ghiaccio farsi.
Talor scerete lagrime , e talora
Sono occulti da lei gemiti sparsi :
Pallida , esangue , e sbigottita in atto ^
Lo' spavento e '1 dolor v' avea ritratto*
Con orrìbile imago il suo pensiero
Ad or ad or la turba e la sgomenta :
£ via più che la morte il sonno è fiero ;
Sì strane larve Ìl sogno le appiresenta.
Parie veder 1' amato cavahero
Lacero e sanguinoso : e par che senta
Ch' egli aita le chieda : e desta intanto y
Si trova gU occhi e ' 1 sen molle di pianto.
Uh sol la tema di futuro danno
Con sollecito moto il cor le scuote ;
.Ma delle piaghe , eh' egli avea , V affanno
£ cagion che qnetar 1' alma non puete.
£ i fallaci romor , eh' intorno vanno y
Crescon le cose incognite e remote :
Siccli' ella avvisa , che vicino a morto
Giaccia oppresso laoguendo il guerrler forte.
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l9s CERUSÀLEMMC tTSERATA.
£ perocch' ella dalla madre apprese
Qual più secreta sìa ¥Ìrtù dell' erbe ,
E con qnai carrai nelle membra offese
Sani ogni piaga , e '1 duol si disacerbe :
Arte , che per usanza in quel paese
IVelle figlie de * rè par che si serbe ;
y onda y di sua man propria , alle £erat«
Del suo caro signor recar salute.
EQa r amato medicar desia,
£ curar il nemico a lei conviene.
Pensa talor d' erba nocente e ria
Succo sparger in lui che 1' avvelene,
Ma schiva poi la man vergine e pia
Trattar 1' arti maligne , é sen' astiene.
Brama ella ahnen che in uso tal sia vota
Di sua virtude ogn' erba , ed ogni nota.
Né gik d' andar fra la nemica gente
Teinenca avria , che peregrina era ita ,
E viste guert-e e stragi avea sovente ,
£ scorsa dubbia e faticosa vita :
Sicché per 1 ' uso la femminea men^
Sovra la sua natura è fatta ar(fita :
Né così di leggier si turba , o pavé
Ad ogni immagin di terror men grave.'
Ma più eh' altra cagion , dal molle seno
Sgombra Amor temerario ogni paura :
E crederia fra 1' ugne , e fra '1 veleno
Delle Africane belve andar sicura.
Pur , se non della vita , avere almeno
Della sua fama dee temenza e cura.
E fan dubbia contesa entro al suo core
Due poCenti nemici Onore > e Amore.
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CAHTa SESTO. J63
"Li* un cos) le ramosa : O -verginella ,'
Oh« le mìe leggi insino ad or serbasti ,
Io mentre eh' eri de' nemici ancella , ,•
Ti conservai la aiente , e i membri casti:
£ tu , libera , or -vuoi perder la befia
Verginità che in prigionia guardasti ^
Ahi nel tenero cor «jaesti pensieri
Chi sveghar pnò ! <^ pensi ì oimè, che speri?
Dan<]Re il tìtolo tu d' esser pudica
S\ poco stimi, e d' onestate il pregio ;
Che te n' andrai fra nasion nemica ,
Notturna amante, a ricercar dispregio f
Onde il superbo viacitor ti dica :
Perdesti il regno , e in un 1' animo regio :
Non sei di me tu degna ; e ti conceda
Yulgare agli altri e mal gradita preda ì
Dall' altra parte il consiglier fallace
Con tai lusinghe al suo piacer 1' alletta ;
Nata non sei tu gik d' orsa Torace ,
Né d' aspro e freddo scoglio, o gioTÌueKa ;
Ch' abbia a «pressar d' Amor 1' arco e la face ,
Ed a fuggir ogn'or «pel che diletta ,
Né petto hai tu di ferro , o di diamante y
Che vergogna ti sia l' esser amante.
Deh vanne ornai dove il desio t' invoglia.
Ma ({ual ti fingi vincitor crudele ì
?}pn sai com ' egK al tuo dolor si doglia ,
Come compianga al pianto, alle querele ?
Cnidel sei to , che con sì pigra voglA
Mnovi a portar salute al tuo fedele.
Langne , • fera ed ingrata , il pio Tancredi :
E ta deU' altrui titfi t atra iiedi.
,dby Google
]64 GERUSALEMME LIBERATA.
Sana tn pur Argante , acciocché poi
n tuo Uberator sia spinto a morte.
" Così disciolti avrai gli obblighi tuoi ,
£ sì bel prenaio fià eh' ei ne riporte.
£ possibil però che non t' annoi
Quest' empio ministero or cosi forte ,
Che la noja non basti e 1' orror solo
A far che tu di qua ten fugga a volo ì
Deh ben fora all' incontro ufficio umano ^
E ben n' avresti tu gioja e diletto ,
Se la pietosa tua medica roano
Avvicinassi al valoroso petto ;
C he per te fatto il tuo signor poi sano
Colorirebbe il suo smarrito aspetto :
E le bellezze sue , che spente or sono , ~
Tagheggieresti in lui , qua6i tuo dono.
Parte ancor poi nelle sue lodi avresti .,
E nell* opre eh' ei fiesse alte e famo4 ;
Ond^ egli te d' abbracciamenti onesti
Faria lieta, e di nozze avventurose.
Poi mostra a dito , ed onorata andresti
Frale madri Latine , e fra le spose
La nella bella Italia , ov' è la sede
Del valor vero , e della vera fede.
Da tai speranze lusingata ( ahi stolta ! )
Somma felicitate a se figura.
Ma pur si trova, in mille dubbj avvolta ,
Come partir si possa indi sicura :
Perchè vegghhìn le guardie, e sempre io Tolta
Van di fuori al palagio , e su le mura ;
Né porta alcuna , in tal rischio di guerra ^
Senza grave cagion mai si disserra.
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CANTO SESTO. l55
Soleva Erminia in compagnia soTente .
Della Guerriera far l^nga dimora.
Seco la ride il sol dall* occidente :
Seco la -vide la noTella aurora.
£ quando son del dì le luci spente ,
Un sol letto le accolse ambe talora :
E nuli' altro pensi^v , che V amoroso ,
Ij' una vergine all' altra avrebbe ascoso.
. Questo sol tiene Erminia a lei secreto >
£ se udita da lei talor si lagna ,
Reca ad altra cagion del cor non lieto
Oli affetti , e par cbe di sua sorte piagna.
Or in tanta amistà , sen«a divieto ,
Venir sempre ne puote alla compagna :
Ne stanca al giunger suo giamma^si serra ,
Siavi Clorinda, o sia in consiglio, o 'n guerra.
Tennevi un giorno eh' ella in altra parte
8i ritrovava , e si fermò pensosa ,
Pur tra se rivolgendo i modi e 1' arte
Della bramata sua partenza ascosa.
. Mentre in vari pensier divide e parte
Jj incerto animo suo cbe non bà posa ;
Sospese di Clorinda in alto. mira
L' arme , e le sopravveste : aUor sospirwt
E tra se dice sospirando : O ({uanto
Beata è la fortissima donzella ì
Quant' io la invidio ! e non le invidio il vanto y
O 1 femminil onor dell' esser bella.
A lei non tarda i passi il lungo manto :
Jih 1 suo valor rinchiude invida cella ;
Ma vest^ V armi, e se d' uscirne agogna,
Tasiene , e non la tien tema o vergo^jna.
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iKff GERUSALEMMI ZìIBEKÀTÀ.
Ali perchè forti a me natura, e '1 cielo
Altrettanto non fer le membra, e '1 petto ^
Onde potessi anch' io la gonna , e *1 velo
Cangiar nella coracta , e neU* elmetto ì
Che SI non riterrebbe arsura, o gelo,
P^on turbo , o pioggia il mio infiammato «fletto ;
Gh' al sol non fossi ed al notturno lampo y
Accompagpata o sola j armata in campo.
Già non agresti , 6 dbpietato Argante,
Col mio signor pugnato tu primiero ;
Ch' io sarei eor»a ad incontrarlo innante ,
E forse or fora qui mio prigioniero :
E sosterria dalla nemica amante
Giogo di serritù dolce e leggiero.
E già per li suoi nodi io sentirei
Fatti soaifi, e alleggeriti i miei.
Ovvero a me, daUa sua destra in fianco
Sendo percosso, e riaperto il core;
Pur risanata in cotal guisa almanco
Colpo di ferro avria piaga d* amore.
Ed or la mente in pace , e '1 corpo stanco
Kiposerianù : e forse il vincitore
Degnato avrebbe il mio cenere e l' ossa
D' alcun ottor di lagrime , e di fossa.
Ma lassa ! io bramo non possibil cosi ,
E tra folli pensier invan ni* avvolgo.
Dun/^ io starò qui timida e dogliosa ,
Com' una pur del vii femmineo volgo ?
Ab non starò; cor mio confida', ed osa.
Perchè 1' arme pna volta anch' io non tolgo ?
Perchè per breve spazio non potroUe.
Sostener, benché sia debile « molle }
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CAWTo SESTO. , iQy
S\ potrò, a\; che lùi farà possente
A.mor , end' alta forsa i men forti hanno ;
Da' cui spronati ancor s' arman sovente
D' ardire i cervi imbelli, e guerra fanno,
lo guerreggiar non gik, to' solamente
Far con queat' armi un ingegnoso inganno :
Finger mi vo' Clorinda , e , rìc<^rta
Sotto r immagin sua, d' uscir son certa.
Non ardirieno a lei fare i custodi
Dell' alte porte resistenaa alcuna.
Io pur ripenso, e non veggio altri modi :
Aperta è, credo, questa via sol' una.
Or favorisca le innocenti frodi
Amor, che le m' inspira, e la Fortuna.
E ben al mio partir comraoda h V ora ^
Mentre col rè Clorinda anco dimora.
Cosi risolve , e stimolata e ponta
Dalle furie d' amor pia non aspetta ;
Ma da quella alla sua stanza congiontft
L* arme involate di portar »* aAretta.
£ far lo pui, che quando ivi tà ginntft
Die loco ogni altro , e si restò soletta :
^ £ la notte i suoi furti ancor copria ,
Ch' ai ladri amica ed agli amanti uscia.
Essa , veggendo il ciel , d' alcuna steHii
Gi'a sparso intorno , divenir più nero ;
Sénsa frapporvi alcun indugio , appella
SecreUmente un suo fedel scudiero,
Ed una sua Ical diletta ancella :
E parte scopre lor del suo pensiero ;
Scopre il disegno della fuga, e finge
Ch' tUra cagione « dipartir Y astrìnge.
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jfig CERUSALEMME LIBERATA.
Lo scudiero fedel subito appresta
Ciò eh' al bisogno necessario crede.
Erminia intanto la pomposa vesta
Si spoglia , che le scende infìno al {>iede :
£ in ischietto vestir leggiadra resta
£ snella s) , eh' ogni credensa eccede :
fih , trattane colei eh' aQa partita
Scelta s' area compagna, altra 1' aita.
Col durissimo acciar preme ed offende
n delicato collo, e l' aurea chioma ;
£ la tenera man lo scudo prende ,
Pur troppo grave , e insopportabil soma.
Così tutta di ferro intorno splende ,
E in atto militar se stessa doma.
Gode Amor , eh' è presente e tra se ride ,
Come allor già eh' avvolse in gonna Alcide.
O con quanta fatica ella sostiene
L' inegual peso , e muove lenti i passi !
Ed alla fida compagnia s' attiene ,
Che per appoggio andar dinanzi fassi.
Ma rinforzan gti spirti Amore , e spene »
£ ministran vigore ai membri lassi :
Sicché giungono al loco ove le aspetta
Lo scudiero , e in arcion sagliono in fretta.
Travestiti ne vanno , e la più ascosa
E più riposta via prendono ad arte.
Pur s' avvengono in molti , e l' aria ombros»
Yeggion lucer di ferro in ogni parte :
Ma impedir lor viaggio alcun non osa ,
E cedendo il sentier ne va in disparte ;
Che quel candido ammanto , e la temuta
Insegna anco nell' ombra è conosciuta.
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CiKTO SESTO. 169
Krmiuia, bencliè quivi alquanto sceme
I>el dubbio suo , non va però sicura)
Che d' essere scoperta alla fin teme ,
C del suo troppo ardir sente or paura.
Ma pur giunta alla porta il timor preme ^
£d inganna colui che n' ba la cara.
Io son Clorinda, disse, apri la porta;
Che '1 rè m' invia dove l' andare importa*
La voce fenuninil sembiante a quella
* Della guerriera , agevola 1- inganno.
( Chi crederla veder armata in sella
Una dell' altre eh' arme oprar non sanno ? )
SiccHi '1 portier tosto ubbidisce , ed ella
W esce veloce , e i due che seco vanno.
£ per lor sicuresaa , entro le vaili
Calando , prendon lunghi obliqui calli.
Ma poich' Erminia in solitaria ed ima
Parte si vede, alquanto il corso allenta;
Che i primi rischi aver passati estima ,
Kè d' esser ritenuta omai paventa.
Or pensa a quello a che pensato in prima
Nou bene aveva , ed or le s' apprese nta
DiificiI più , eh' a lei non fu mostrata
Dal frettoloso suo desir , l' entraU.
Teda or che sotto il mihtar sembiante
Ir tra fieri nemici è gran follia :
Né d' altra parte palesarsi, innante
Ch' al suo signor giungesse, altrui vorria.
A lui secreta ed improvvisa amante
Con sicura onestà giunger desia.
Onde si ferma , e da miglior pensiero
Fatta più cauta , parla al suo scudiero :
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1^0 GERUSAlSMIlE LIBERATA*
Estera , anno fedele , a te conviene
Mio precnrsor ; ma sii pronto e sagace.
Vattene al campo , e (à eh' akim ti men<
E t' introduca ote Tancredi giace:
A cui dirai , che donna a kii ne TÌea«
Che gli apporta s«^bite , e chiede ^c« :
Pace , posctacb' Amor guerra mi move)
Ond' el salute, io refrigerio trore*
E eh' essa ha in faù si certar e viva fede ,'
Che 'n suo poter non teme o^ta né sconM.
Dì sol questo a lui Maio ; e s' ahro ei chkds^
DI non saperlo, e affretta il tao ritorno. '
Io ( che questa mi par aiciva sede )
In questo messo qui Cari soggkmio.
Così disse la donna : e quel lealo
Già veloce così, come avesse ale.
É seppe in guisa oprar, eh' amicanentf
Entro ai chiusi r^ari ti fu raccolto :
E poi condotto al cavalier giacente
Che r ambasciata udì con Ueto voko.
E già , lasciando ei hd ohe nella i
Mille duhhj pensieri avea rivolto,
Ne riportava a lei dolce risposU;
Ch' entrar potrà, quanto più lice, i
Ma ella intanto impastente , a cui
Troppo ogni induco par nojoao e greve,
Numera fra se sUasa i passi akmi,
E pensa : Or giunge , or entré, or torwv d«V0«
E già le sembra, e sene dnol , echti
Men del solito assai spedito e leve.
Spingesi alfine innanai , e 'n parte i
Onde comincia a discoprir le tendo
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CAVTO 8E8TO. Ifl
Era la notte, e 1 suo tteUato -velo
Chiaro spiegava e senta nube alcuna 8
£ già spargea rai lumiDOfli , e gelo
Di vive perle la sorgente hina.
Li' innamorata donna ira col cielo
Le sue fiamme sfogando ad una ad ma :
£ secretar) del suo amore antico
Fea i muti campi , e quel silensio amico.
Poi, rimirando il campo, ella dicea :
O Belle agli occbi miei tende Latine,
Aura spira da voi che mi ricrea
E mi conforta pur che m' arvicine.
Così a mia -vita combattuta e rea
Qualche onesto riposo il ciel destine ;
Come in -voi solo il cerco : e solo parme
Che trovar pa«e io possa in messo all' arme.
Raccogliete me dunque , e in -voi si trovo
Quella pietà che mi premise Amore;
E eh' io già vidi prigioniera altro-ve
Nel mansueto mio dolce signore:
fih già desio di racquistar mi move,
Col fa-vpr vostro , il mìo regale onore.
Quando ciò non a-rvenga, assai felic*
Io mi terrò , se in voi servir mi lice.
Cosi parìa costei , che non prevedo
Qual dolente fortuna a lei s' appresta. j^
Ella era in parte, ove per dritto fiede
L' armi sue terse bel raggio celeste:
Sicché da luoge il lanqm lor si vede
Col bel candor che le circonda e veste :
E U ì^^^ ^^^ ^^^* argento impressa
Fianune|;gia si, eh' ognun dirchha; £ dessa«
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171 GERUSALEMME LIBERATA.*
Come voUe sua sorte , assai tìcìdì
Molti guerrìer disposti a-vean gli agguati!
£ n' eran duci due fratei Latini
Alcandro, e Poliferno : e fur mandati
Per impedir clie dentro ai Saracini
^^gS^iion siano e non sian buoi menati t
E se 'l servo passò, fu perchè torse
Più lunge il passo , e rapido trascorse.
Al giovin Poliferno , a cui fò il padre
8ù gli occhi suoi già da Clorinda ucciso y
Viste le spoglie candide e leggiadre ,
Fu di veder 1' alta guerriera avviso ,
£ contra 1 ' irritò le occulte scpiadre :
Né frenando del cor moto improvviso
( Com' era in suo furor subito e folle )
Gridò ; Sei morta, e V asta invan lanctoH^
Siccome cerva eh' assetata il passo
Mova a cercar d' acque lucenti e vive ,
Ove un bel fonte distillar da un sasso,
O vide un fiume tra frondose rive ;
Se incontra i cani allor che '1 corpo lasso
Ristorar crede all' onde, all' ombre estive y^
Tolge indietro fuggendo , e la paura
La stanchecza obbliar face , e 1' arsura.
Così costei che dell' amor la sete,
Onde r infermo- core è sempre u*dente ,
Spegner nelle accoglienxe oneste e lieto
Credeva, e riposar la stanca mente;
Or che contra le vien chi gUel diviete»
E 1 suon del ferro e le minaccie sente ;
Se stessa e 'I suo desir primo abbandona »
£ '1 veloce destrier timida s[wonn .
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CÀ.WTO SESTO. ^ lyi
Fagge Erminia infelice , e '1 suo destriero
Oon prontissimo piede il suol.calpesta. *
Fugge ancor I' altra donna , e lor quel fero
Con molti armati di seguir non resta.
Ecco che dalle tende il buon scudiero
Con la tarda noveUa arriva in questa :
£ r altrui fuga ancor dubbio accompagna:
£ gli^sparge il timor per la campagna.
Ma il più saggio fratello, il quale ancb' esso
La non vera Clorinda avea veduto ,
Pfon la voUe seguir, eh' era men presso,.
Ma nelle insidie sne s' è ritenuto :
£ mandò con 1' avviso al campo un messo ,
Che non armento, od animai lanuto,
IVè preda altra simil ; ma cb' è seguita
Dal suo german ^lorinda impaurita.
E cb' ei non crede gik, né 1 vuol ragione,
Cb' ella cb' è duce, e non è sol guerriera ,^
Elegga all' uscir suo tale stagione
Per opportunità cbe sia leggiera..
Ma giudichi , e comandi il pio Buglione %^
Egli farà ciò cbe da lui s' impera.
Giunge al cfunpo tal nova, e se n' intenda
U primo suon nelle Latine tende.
Tancredi , cui dianzi il cor sospese
Qnell' avviso primiero, udendo or questo y
Pensa: Deb forse a me venia cortese,
E in perigUo è per me ; né pensa al resto.
£ parte prende sol del grave arnese;
Monta a cavi^^o, e tacito- esce e presto:
£ seguendo gV indisj e 1' i>rme nove,
Rapidamente a tutto corso il move.. .
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ìfS CERVSAIKMME LIBERATA.
CANTO SETTIMO.
MiOOMENTO.
Fogge Erminia , e uh pastori' accoglie ; intatttft
Tancredi , invan di lei cereando, il pi«d«
Fon ne' lacci d*. Alauda ; il fero vanto
D' Argante riprovar Raimondo ha fede *
Però difeso da custode santo
Seco entra in campo : Belzebii che vede
Ch* al Pagan male il folle ardir riesce ,
Per lui salvar guerra e procelle mesce.
Xntané^ ErmiBÌa iafra V enibrose piani»
D' antica sehra cM cavalle è scorta :
Né più goTema il firoi la bmb trinante ;^
' £ meisa quasi par tra TÌva e morta.
Per tante stf ade si raggira e tante
Il corridor che in soa kiAa la porta ;
Ch' alfin dagli éeihi attrai pur si dilegua^
Ed h soTerchio ornai eh' altri la segoa^ '^
Qual dopo lunga e ftitìcofia caccia
Tomansi metti ed aneleati i cani
Che la fera perduta abbian di traccia ,
Nascosa in sd^a dagU aprili piani;
Tal pieni d' ira e dì vergogna in faccia
Riedono standbi i cavaHer Cris^ni»
Ella pur fugge , e timida e smarrita
P(ou si volge a nùvap a' aooo è aeguitai^
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CAKTO SETTIMO. ift
Ftiggk tutta la notte , e tutto il ^orno
£itÀ senza consiglio e senza guida ,
Tion udendo o -vedendo akro d' intomo
Chele lagrime sue, che le tue strida.
Hf a nell' ora che '1 sol dal carro adorno
Scioglie i corsieri, e in grembo al mar s' annida,
Giunse del I>el Giordano alle chiare acque :
£ scese in riva al fiume , e quV si giacque.
Cibo non prende già , che de' suoi maU
Solo si pasce, e sol di pianto hk sete :
Ma 1 sonno, che de' miseri mortali
£ col suo dolce obblio posa e quiete,
Sopì co' sensi i suoi dolori, e V ali
Dispiegò sovra lei placide e chete :
Né però cessa Amor, con varie forme,
La sua pace turbar mentre eRa dorme.
Non si destò fincK^ garrir gh augelli
Non sentì lieti e sabttar gK albóri ,
£ mormorare il fiume e gli arboscelli ,
£ con r onda scherzar 1' a«ira « co' fiori:
Apre i languidi lumi, « guarda quelli
Alberghi solitarj de' pastori:
£ parie voce udir, tra f acqua e i rami,
Ch' ai sospiri ed al pianto la richiami.
Ma son , mcntr» eia piange, i suoi lamenti
Rotti da un chiaro suon eh' a lei ne -viene,
Che sembra ed è di pastorali accenti
Misto , e di boscareceie intuite arene.
Risorge , e là s' indrikza a passi lenti ,
£ vede un uom canuto alf ombre ameno
Tesser fiscelle alla sna greggia a canto ,
Ed aKoUar di tre fanciutti Ù canto.
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lf$ GERUSALEMME LIBERATA.
Vedendo quivi comparir repente
he insolite amie , sbigottir costoro ;
Ma gli saluta Erminia , e dolcemente
Gli alfida , e gli occhi scopre e i bei crin d* orow
Seguite , dice , avventurosa gente
Al cicl diletta , il bel vostro lavoro ;
Che non portano già guerra «juest' armi
AU' opre vostre , ai vostri dolci carmi.
' Soggiunse poscia : O padre, or che d' intomo-
D' alto incendio di guerra arde il paese, .
Come qaì state in placido soggiorno
Sensa temer le militari ofiese^
Figlio, ei rispose, d' ogni oltraggio e scorno
La mia famiglia e la mia greggia illese
Sempre qui fur ; né strepito di Marte
Ancor turbò questa remota parte.
O sia grazia del ciel che 1' umiltade
D' innocente pastor salvi, e sublime;
O che , siccome il folgore non cade
In basso pian ma sulle eccelse cime;
Cosi il fiiror di peregrine spade
Sol de' gran rè le altere teste opprime;
IVè gli avidi soldati a preda alletta
La nostra povertà vile e negletta. /
Altrui vile e negletta, a me si cara,
Che non bramo tesor né regal verga ;
JVè cura o voglia arabixiosa o avara
Mai nel tranquillo del mio petto alberga.
Spengo la sete mia neU' acqua chiara ,
Che non tem' io che di venen s' asperga t
E questa greggia e 1' orticel dispensa
Cibi non compri alla mia parca men$a..
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^ CAWtO SETTIMO. 177
Cli^ poco è il destderio , e poco è il nostro
bisogno , onde la vita si conservi.
Son figli miei questi eh' addito e mostro
Custodi della mandra, e non ho servi.
Così men vivo in soHtario chiostro ,
Saltar veggendo i capri snelli e i cervi,
£d i pesci guixxar di questo fiume,
£ spiegar gli augelletti al ciel le piume.
Tempo già fu, quando più l' nom vaneggia
Neil' età prima , eh' ehhi altro desio,
£ disdegnai di pasturarla greggia,
£ fuggii dal paese a me natio:
E vissi in Meufi un tempo , e nella reggia
Fra i ministri del rè fui posto anch' io :
£ benché fossi guardian degli orti,
Tidi, e ponohhi pur le inique corti.
Pur lusingato da sperania ardita
Soffrii lunga stagion ciò che più spiace*
Ma poi eh' insieme con 1' età fiorita
Mancò la speme , e la haldanxa audace ;
Piansi i riposi di quest' umil vita ,
£ sospirai la mia perduta pace :
£ dissi : O corte, addio. Così agli amici
Boschi tornando , ho tratto i dì felici.
Mentre ei così ragiona , Erminia penda
Dalla soave bocca intenta e cheta :
E quel saggio parlar, eh' al cor le scende,
De' sensi in parte le procelle acqueta.
Dopo molto pensar , consiglio prende
In quella sohtudine secreta
Insino a tanto almen fame soggiorno,
Ch* agevoli fortuna il suo ritomo.
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1^1 GERVCALZMMB LIBERATA.
Onde d hmm tcccUo dice: O fortonat»»
Ch' un tempo conoAcesti il male a pro^a ^
Se non t* invi^ il ciel si dolce ttato^
Delle miserie ime pietk ti meya :
£ me teco raccogU in questo fs;nét»
Albergo ; eh' abitar taco mi giova.
Forse fia cbe 1 mio cor, infira qnest* «whre.
Del suo peso mortai parte ^sgombre.
Cbè ae 41 gcmsM e d' or , die 1 vdgd ftdor»
Siccome idoli suoi, tu fossi vago;
Potresti ben , tante n' hh meco aneora,
Renderne il tuo desio contento e pago.
Quinci versando da' begli occbi foorm
Umor di doglia cristaUino e vago ,
Parte narrò di sue fortuBe : e intanto
Il pietoso pastor pianse al suo pianto.
Poi dolce la cousola , e sU' accoglie» *
Come tutt' arda di paterno velo ;
£ la conduce ov* h 1* antica moglie
Cbe di confonM cor gli ha data il cielo.
La fanciulla regal di roue spoghe
S' ammanta, e cinge al crln ruvido v^o ;
Ma nel pioto degli occhi e delle memlvt ' -
Non già di boschi abitatrice sembra.
Non copre abito vii la nobil luce
£ quanto è in lei d' aHero e di gentile <
£ fuor la regia maastk trahice
Per gli atti aneor deH' esercisio mnfle.
Guida la greggia ai paschi , e k riduco
Con la povera verga al chiuso ovile ;
£ dall' irsute mamme il latte preme ,
£ 'n giro accolto poi lo stringe i
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CAST» «STTtMO. ty9
SoTetìte , allor che rà gU esUvi ar<len
Oiacean le pecorelle all' ombra assise,
^ella scorsa de' faggi e degli allori
8egnò r amato nome in mille gnàsca
£ de' suoi strani ed infelici amori
Oli aspri successi in mille f»ante incÌMs
£ in rileggendo poi le proprie note
Rigò di belle lagrime le gote.
Poscia dicea piangendo : In Toi serbate
Questa dolente istoria , amiche piante :
Perchè se fia eh' aUe Tostr' ombre grata
Giammai soggiorni akan fedele amante.
Senta svegliarsi al cor dolce pietata ^
Delle sventure mie sì varie e tante:
£ dica : Ah troppo ingiusta empia meroeda
Die Fortuna ed Amore a s^ gran fede ì
Forse avverrà, se 1 del benigno ssoolta
Affettuoso qlcun prego mortale,
Che venga in queste selve anco tal v<^a
QuegH, a cui cU me forse or nuUa ealea
£ rivolgendo gli occhi ove sepolta ^
Giacerà questa soglia inferma e frals^
Tardo premio conceda a' miei martiri
Di poche lagrimette, e dà sospiri.
Onde, se in vita il co» misero fa«|
Sia lo spirito in morte ahnen f eìice :
£ 1 cener freddo deMe fiamase sa«
Goda quel eh' or go^re a me non Km»
Così ragiona ai sordi tronchi , e dm
Fonti di pianto da' begli occhi eKeé.
Tancredi intanto, ov^ fiottana il tira
LuDg9 d« lei yp«cÌ€t Hfoir 9 s' aggira*
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igo GERUSALEMME LIBERATA,
Egli ,. seguendo le vestigia impresse ^-
Bivolse il corso alU selva vicina.
Ma quivi dalle piante orride e spesse
IVera e folta cosi 1' ombra dechina ;
Che più non può raffigurar tra esse
L' orme novelle, e 'n dubbio oltre cammina ,
Porgendo intomo pur l' orecchie intente,
8e calpestio , se romor d' armi sente. *
E se pur la notturna aura percote
Tenera fronde mai d' olmo o di faggio :
O se fera od augello un ramo scote ;
Tosto a quel picciol suon drizxa il viaggiò.
Esce alfin della selva , e per ignote
Strade il conduce ddla luna il raggio
"Verso un romor che di lontano u(hva,
Infin che giunse al loco ond' egli usciva».
Giunse dove sorgean da vivo sasso
In molta copa chiare e lucide onde :
£ fattosene un rio volgeva abbasso
liO strepitoso pie tra verdi sponde.
Quivi egti ferma addolorato il passo , f
E chiama , e solo ai gridi Eco risponde:
£ vede intanto con serene cigUa
Sorger l' aurora candida e vermiglia.
Geme cruccioso, e incontra il ciel si sdegna,
Che sperata gli neghi alta ventura :
Ma della donna sua , quand' ella vegna»
Oflesa pur, far la vendetta giura.
Di rivolgersi al campo alfin disegna.
Benché la via trovar non s' assicura ;
Che ^U sovvien che presso è il dì preserie»
Che pugnar dee col cavalier d' Egitto.
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J-artcsi, e, mentre va pet dubbio calle,
Ode „n corso appressar eh' ogn'or s' avanza :
^d alfine spuntar d' angusta vaHe
Vede uom che di cornerò avea sembianza
fecotea mobile sferza, e daUe spalle
Pendea il corno siVl fianco a nostra usanza.
Chiede Tancredi a lui, ^er quale strada
Al campo de' Cristiani indi sr vada.
QuegU Italico parla : Or Ik m' invio
Dove m' ha Boemondo in fretta spinto.
Segu^ Tancredi lui che del gran zio
Messaggio stima , e crede al parlar finto.
Oiungono alfin là dove un sozzo e rio
Lago impaluda, «d un castel n' è cinto,
^ella stagion che '1 sol par ches' immerga
IVell' ampio nido ove la notte alberga.
Suona il corriero in arrivando il corno,
E tosto giù calar si vede un ponte.
Quando Latin sia tu , qui far soggiorno
Potrai, gli dice, infin che '1 sol rimonte;
Che questo loco, (e' non è il terzo giorno).
Tolse ai Pagani di Cosenza il Conte.
Mira il loco il guerrier, che d* ogni parto
Inespugnabil fanno il sito , e V sate^
Dubita alquanto poi eh' entro s\ forte
Magione alcuno inganno occulto giaccia;
Ma come avvezzo ai rischi della morte.
Motto non fanne, e noi dimostra in faccia :
Ch' ovunque il guidi elezione o sorte.
Vuol che sicuro la sua destra il faccia.
Por l' obbligo eh' egli hk d' altra battaglia ,
Fa che di nova impresa or non gli cagha.
I, iS
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l8* CERUSALEMME LIfiCRÀTA.
' Sicché incontro al castello, OTe in un prato
n curro ponte »i distende e posa^
Kitiene alquanto il passo , eà iaTÌt)ito
JVon segue la tua scerta insidiosa:
Su i ponte mtanlo un cayalicro armata
Con semJbiMMa apparia fera esdegnoM;
Ch' adendo «eUa destra il ferro ignudo,
In suon parlava minaccioso e erodo.
O tu, che ( nasi tua fortuna, o foglia )
Ài paese fat^l d ' Armida arriye ,
Pensi indamo al fuggire : or 1' arme spa^a,
£ porgi ai Ucci suoi le man cattive;
£d entra pur nella guardata soglia.
Con queste leggi eh' ella dltrui pMscrivt :
ffh più sperar di riveder il cielo
Per volger d' anni, o per cangiar di pel»;
Se non givi d' andar eon gH akrai sui
Contra ciascun, che da Gesù s' appella.
S' affisa a quel parlar Tancredi in lui,
E riconosce V arme, e la favella.
Ramhal()o di Guascogna era oostui^
Che partì con Armida , e sol per eBa
Pagan si fece , e difeasor divenne
Di quell' usanza rea eh' ivi si tena*»
Di santo sdegno il {mo guerrier ù. linse
INel volto, e gli rispose : Empio iellone,
Quel Tancredi son io che '1 feiro oiase
Per Cristo sempre , e fiÀ cJU lui campione :
E in sua virtute i suoi mh^ vinse,
Come vo' che tu vegga al paragone;
Cbè dell' ira del ciel ministra eletta
È questa destra a fare in te vendetta.
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CAlfTO SETtltfO. 4?5
Turbossi, udendo il glorioso nome,
Xà* empio guerriero , e scolorirsi in tìso.
Pur celando il timor, gli disse : Or coktte.
Misero , vieni ove rimanga ucciso ì
Qui saran le tue forze oppresse e dome,
£ questo altero tuo capo reciso : x '
£ manderoUo ai duci Franclìi in doiìo,
S' altro da quel che soglio oggi lìbn sono.
Cosi dicea il Pagano ; e perchè il giorno
Spento era ornai, A che vedeasi appena;
Apparir tante lampade d' intorno,
Che ne fu r aria lucida e serena.
Splende il caste!, come in teatro adomo
Suol fra notturne pompe altera ^ena :
Ed in eccelsa parte Armida siede ,
Onde , sens* esser vista , ed ode e vede.
U magnanimo eroe frattanto appresta '
ABa fera tenxon 1 ' arme e 1 ' ardire : ^
]\è su '1 dehil cavallo assiso resta.
Già veggendo il nemico a pie venite.
Yien chiuso nello scudo, e 1' elmo hk in testa^
La spada nuda , e in atto è di ferire.
Gli move incontra il principe feroce ,
Con occhi torvi, e con terribil voce.
Quegli con larghe ruote aggira i passi
Stretto neir armi , e colpi ac<;enna e finge.
Questi, sehhen hk i membri infermi e lassi ^
Yà risoluto, e gli s' appressa, e stringe :
£ là donde Ramhaldo addietro fassi.
Velocissimamente egU si spinge:
E s' avanza, e l' incalza, e fulminando
Spesso alla vista gli «Urìssa il brando.
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1^4 GERUSALEMME LIBERATA.
E più eh' altrove, impetuoso fere
Ove più di vital formò natura,
Alle percosse le minacele altere
Accompagnando, e '1 danno «Ha patir».
Di qua , di la si volge , e sue leggiera
Membra il presto Guascone ai colpi fura :
£ cerca or con lo scudo , or con la spada y
Che '1 nemico furore indamo cada.
Ma veloce allo schermo ei non è tanto.
Che più r altro non sia pronto alle offese.
Già spezzato lo scudo , e 1' elmo ihfirauto ,
£ forato e sanguigno avea 1' arnese :
£ colpo alcun de' suoi, che tanto o quanto
Impiagasse il nemico , anco non scese :
£ teme', e gli rimorde insieme il core
Sdegno, vergogna, conscienza, ed amore.
Disponsi alfin con disperata guerra
Far prova ornai dell' ultima fprluna. >
Citta lo scudo, ed a due mani afferra
La spada, eh' è di sangue ancor digiuna :
£ col nemico suo si stringe e serra,
£ cala un colpo , e non v' è piastra alcuna
Che gli resìsta sì, che grave angoscia
i^j^on dia pagando alla sinistra coscia.
£ poi su r ampia fronte il rìpercote,
Sicché *1 picchio rimhomha in suon di squilla :
L' elmo non fende già , ma lui ben scote ,
Talch' egli si rannicchia , e ne vacilla.
Infiamma d' ira il principe le gote ,
E negli occhi di foco arde e sfavilla :
£ fuor della visiera escono ardenti
Gli sguardi, e insieme lo stridor de' deoti^
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CANTO SETTIMO. l85
n perficlo Pagan già non sostiene
La ^ista pur di si feroce aspetto.
Sente fischiare il ferro , e tra le vene
Oik gli sembra d* averlo , e in mezzo al petto.
Fogge dal colpo , e '1 co^po a cader viene
Dove nn pilastro è contra il ponte eretto :
W^e van le schegge e le scintille al cielo ,
£ passa al cor del traditore nn gielo.
Onde al ponte rifugge , e sol nel corso
Della salute sua pone ogni speme :
Ma il seguita Tancredi, e già su *1 dorso
La man gli stende ; e 1 pie col pie gli preme ;
Quando ecco ( al fuggitivo alto soccorso )
Sparir le faci , ed ogni stella insieme :
Né rimaner all' orba notte alcuna ,
Sotto il povero ciel, luce di luna.
Fra r ombre della notte e degV incanti
n vincitor noi, segue più, né *1 vede :
Nh può cosa vedersi a lato, o ìnnanti, - ■
£ move dubbio e mal sicuro il piede.
Su r entrata d' un uscio i passi erranti
A caso mette , né d* entrar s* avvede ;
Ma sente poi che suona a lui di dietro
La porta , e 'n loco il serra oscuro e tetro.
Come il pesce coFa dove impaluda
Ne' seni di Comacchio il nostro mare ,
Fugge dall' onda impetuosa e cruda ,
Cercando in placide acque ove ripare :
£ Vien che da se stesso ei si rinchiuda
In palustre prigion , né può tornare ;
Che quel serraglio é con mirabil uso
Sempre all' entnur aperto , all' uscir chiuso.
1$.
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l86 CEltUSAtEMME LIBERATI.
Cosi Tancredi «Uor , qual che si fosse
Dell' estrania prigion 1' ordigno e V arte» *
Entrò per se medesmo, e ritrovosse
Poi là rinchiuso , ond' uom per se non parte.
Ben con robusta man la porta scosse,
Ma fur le sue fatiche indamo sparte; .
E Toce intanto udì che , Indarno, grida.
Uscir procuri , o prigionier d' Armida.
Qui menerai ( non temer già di morte )
]Nel sepolcro de' tìvì i giorni , e gli anni.
Kon risponde , ma preme ìì gnerrier forte
Nel cor profondo i gemiti e gli affanni :
E fra se stesso accusa amor , la sorte ,
La sua sciocchesta, e gU altrui ferì inganni t
E talor dice, in tacite parole,
liieve perdita fia perdere il sole :
Ma di più vago sol più dolce TÌsta
Misero io perdo , e non so già se mai
In loco tornerò che 1* alma trista
Si rassereni agli amorosi rai.
Poi gli soTTien d' Argante, e più s* attrista?
E troppo , dice , al mio doTer mancai :
Ed è ragion eh' ei mi dispreni e schema.
O mia gran colpa, o mia vergogna eterna !
Cosi d' amor , d' onor cura mordace
Quinci e quindi al guerrìer 1' animo rode.
Or mentre egli s' affligge. Argante audace
Le molli piume di calcar non gode ;
Tanto è nel crudo petto odio .di pace ;
Cupidigia dì sangue, amor di lode;
Che delle piaghe sue non sano ancora.
Bruna ch« 1 sesto di porti 1' aurora.
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CANTO SETTIMO. 187
La notte che precede, il Pagan fero
Appena inchina per dormir la fronte :
£ sorge poi che '1 cielo anco è sì nero ,
4Dhe non dà luce in sn la cima al monte.
Ji-ecami 1' armi, giida al suo scndiero,
£ quegli aveale apparecchiate e pronte :
^on le soUte sne , ma dal rè sono
Dategli queste , e presioso è il dono.
Sema molto mirarle egU le prende ,
P^è dal gran peso è la persona onusta ;
C la solita spada al fianco appende,
Ch' è di tempra finissima e vetusta.
Qual con le chiome sanguinose orrende
Splender cometa suol per 1' aria adusta ,
Che i regni muta , e i ferì morhi adduce ,
Ai purpurei tiranni infausta luce ;
Tal neir arme ei fiammeggia , e bieche e torte
Volge le luci , ehre di sangue e d* ira.
Spirano gU atti feri orror dì morte , '
E minaccie di morte il -volto spira.
Alma non è così sicura e forte
Ohe non payenti, ove un sòl guardo gira'.
Nuda ha la spada , e la solleva , e scote
Gridando, e 1* aria, e V omhre invan percote.
Ben tosto , dice J II predator Cristiano ,
Ch' audace è sì eh' a me vuole agguagliarsi y
Caderà vinto e sanguinosa al piiano.
Bruttando nella polve i clini sparsi;
E vedrà vivo ancor da questa mano ,
Ad onta del suo Dio, 1' arme fogliarsi :
T^hy morendo, impetrar potrà co' preghi
Che in pasto a' cani le sue membra io neghi.
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l88 GERUSALEMME LIBERATA-
JVon altramente il tauro, ove 1' irrUi
Geloso amor con stimoli pongentì ,
Orrìbilmente mugge, e co' muggiti
Gli spirti io se risveglia , ,e l' ire ardenti ,
E '1 corno aguzza ai tronchi ; e par eh' inviti
Con vani colpi alla battaglia i venti :
Sparge col pie 1* arena, e '1 suo rivale
Da lunge sfida a guerra aspra e mortale.
Da sì fatto furor commosso appella
li* araldo, e con parlar tronco gV impone r
Vattene al campo, e la battaglia fìsUa
Nunzia a colui eh' è di Gesù campione.
Quinci alcun non aspetta , e monta in sella ,
E fa condursi innanzi il suo prigione.
Esce fuor della Terra , e per lo colle
In corso vien precipitoso e folle.
Dà fiato intanto al corno e n' esce il suono
Che d' ogn' intomo orribile s' intende :
E in guisa pur di strepitoso tuono
GU orecchi e '1 cor degli ascoltanti offende.
Già i principi Cristiani accolti sono
Nella tenda maggior dell' altre tende.
Qui fé' r araldo sue disfide, e incluse
Tancredi pria; ne per^ gli altri escluse.
Goffredo intomo gU occhi gra^i e tardi
Volge con mente allor di^bia e sospesa :
Nh perchè molto pensi e molto guardi,
Atto gli s' offre alcuno a tanta impresa.
Vi manca il fior de' suoi guerrier gagliardi :
Di Tancredi non s' è novella intesa ;
E lunge è Boemondo , ed ito è in bando
L* invino eroe eh' uccise il fier Gernando..
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Canto settimo. 1S9
"Ed oltre i diece che fur tratti a sorte
I migliori del campo e i più famosi
Seguir d' Armida le fallaci scorte,
Sotto il silentio della notte ascosi.
Oli altri , di mano e d' animo men forte ,
Taciti sene stanno e vergognosi :
Né -v' è chi cefcbi in sì gran rischio onore;
Ohe "vinta la vergogna è dal timore.
Al silenzio, all' aspetto, ad ogni segno ^
Di lor temenxa il Capitan s' accorse ',
£ tutto pien di generoso sdegno.
Dal loco ove sedea repente sorse,
£ disse : Ah ben sarei di vita indegno.
Se la vita negassi or porre in forse ,
Lasciando eh' un Pagan cosi vilmente
Calpestasse l' onor di nostra gente.
Sieda in pace il mio campo , e da sicura
Parte miri ozioso il mio periglio.
8ù su datemi 1' arme : e 1' armatura
Gli fii recata in un girar di ciglio.
Ma il hvon Raknondo, che in età matura
Parimente maturo avea il consiglio ,
E verdi ancor le force a par di quanti
Erano quivi, allor si trasse avanti.
E disse a lui rivolto : Ah non sia vero
Che in un capo s' arrischi il campo tutto.
Duce sei tu , non semplice guerriero :
Pubblico fora, e non privato il lutto.
In te la fé s' appoggia, e Ì santo impero.
Per te 6a il regno di Babel distrutto :
Tn il senno sol , lo scettro solo adopra ;
jUtrì ponga V ardire , e '1 Cerro in opit.
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igo GERUSALEMME LTBERATA .
Ed io, benché a gir curvo mi condanni
La grave età , non fia che ciò ricusi.
Schivino gli altri i mat^iali affanni ;
Me non vo' già che la vecchiesca sensi.
Oh foss' io por 8Ù '1 mio vigot degli anni
Qual siete or voi , che qui temendo chiusi
Vi state , e non vi move ira o vergogna
Contra lui che vi sgrida , e vi rampogna e
E quale allora fui , quando al cospetto
Di tutta la Germania , alla gran corte
Del secondo Corrado , apersi il petto
Al feroce Leopoldo, e Ì posi a morte.
£ fu d' alto valor più chiaro effetto
Le spoglie riportar d' uom così forte ,
Che s' alcuno or fugasse , inerme e solo ,
Di questa ignohil turha un grande stuolo.
Se fosse in me quella virtù , quel sangue ,
Di questo altier 1' orgoglio avrei già spento.
Ma qualunque io mi sia , non però langue
il core in me , né vecchio anco pavento. t
E s' io pur rimarrò nel campo esangue ,
Né il Pagan di vittoria andrà contento :
Armarmi io vó' ; sia questo il di eh* illustri ,
Con novo onor tutti i miei scorsi lustri.
Così parla il gran vecchio ; e sproni acati
Son le parole onde virtù si desta.
Quei che fur prima timorosi e muti ,
Hanno la lingua or haldantosa e presta.
fìh sol non v' é chi la tenzòn rifiuti ;
Ma ella ornai da molti a gara é chiesta.
Baldovin la domanda , e con Roggiero
Guelfo , i due Gnidi, e Stefano , e Gemi«ro }
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CANTO SETTIMO. J9J
H Pirro , qnel che fé' il lodato ÌDganno,
X>aado Antiocbia presa a Boemondo ;
JEld a pfoya richiesta anco ne fanno
Xlberardo , Ridolfo, e '1 prò Aosmondo :
TJn di Scosia, un d' Irlanda) ed un Britanno 9
"Terre che parte il mar dal nostro mondo :
£ ne son parimente anco hrameù
Oildippe ed Qdoardo , amanti e sposi.
Ma sovra tutti gli altri il fiero yecdkio
Sene dimostra cupido ed ardente.
Armato è già ; sol manca 9!^ i^areccbto
Degli altri arnesi il fino elmo ìnoemàe.
A cui dict Goffredo : O vivo specchio
Del valor prisco , in le la nostra gente
Miri , e virtù n'apprenda : in te di Marto
Splende 1' onor , la disciptin» , e 1' arte. *
Oh pur «vessi fra l' etade acerba
Dieci altri di valore al tuo simile ,
Come ardirei vincer Bahel snpevha ,
£ la Croce spiegar da Battro a Tik.
IVIa cedi or , prego , e te medesmo serha
A maggior' opre , e di virtù senile :
E lascia <ihe degli altri in picciol vaso
Pongansi i nomi , e sia giudice il caso.
Ansi giudice Dio , delle cui voglie
Ministra e serva è la Fortuna, e 1 Fato.
Ha non però dal suo pensier si toglie
Kaimondo , e vuol' anch' egli esser notato.
Neil' ehno suo Goffredo i brevi accoghe :
E poi che V ebbe scosso ed agitato ,
Nel primo breve che di là traesse ,
Dd ConU di Tolosa il nome lesas.
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19* CCRVSÀLEMlffi LtBEAÀTA.
Fn il nome suo con lieto grido accolto i
Né eli biasmar la sorte alcun arcHsce.
Et di fresco -vigor la fronte e '1 Tolto
RierofMe : e così allor ringioTenisce ;
Qnal serpe fier , che in noye spoglie avvolto ,
D' oro 6animeggi , e incontra il sol si lisce.
Ma più d' ogn' altro il Capitan gli applaude y f
£ gli annuniia vittoria , e gli dà laude.
E la spada togliendosi dal fianco ,
E porgendola a lui , cosi dicea :
Questa è la spada , che 'n battaglia il Franco
Kubello di Sassonia oprar solea ;
Ch' io già gli tolsi a forsa , e gli tolsi anco
La vita allor di mille colpe rea.
Questa ) cbe meco ogn' or fu vincitrice «
Prendi ; e sia così teco ora felice.
Del loro indugio intanto è «juell* altero
Impaciente , e gli minaccia , e grida :
O gente invitta , o popolo guerriero
D' Europa , un uomo solo è che vi sfida.
Venga Tancredi ornai che par sì fero ,
Se nella sua virtù tanto si fida ;
O vuol , giacendo in piume , aspettar forse
La notte eh' altre volte a lui soccorse ?
Tenga altri , s' egU teme : a stuolo a stuolo
Tenile insieme , o cavalieri , o fanti ;
Poiché di pugnar meco a solo a solo
Non v' è fra mille schiere uom che, si vanti.
Vedete là il sepolcro , ove il figliuolo
Di Maria (giacque ; or che non gite avanti ì
Che non sciogUete i voti ì ecco la strada-
A qual serbate uopo maggior la spada ì
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CAWTO SETTIMO. igS
Con tali scherni il Saracino atroce,
f^uasi con dura /ferza , altrui percole •
M* più eh' altri Raimondo a quella" voce
S' accende, e 1' onte sofferir non puote.
I/a virtù stimolata è più feroce,
E 8* agussa dell' ira all' aspra cote :
Sicché tronca gV indugj , e preme il dorso
Del suo AquiUno , a "cui die 'l nome il corso.
Su '1 Tago il destrier nac(jue, ove talora
L* avida madre del guerriero armento ,
Quando 1' alma stagion che n' innamora ,
Nel cor le instiga il naturai talento ,
Volta r aperta bocca incontra 1' ora ,
Raccoghe i semi del fecondo vento';
E de' tepidi fiati ( o maravigUa ! )
Cupidamente ella concepe, e figlia.
E ben questo AqniUn nato diresti
Di quale aura del ciel più lieve spiri ;
O se veloce sì, eh' orma non resti.
Stendere il corso per 1' arena il miri ;
O «e 'l vedi addoppiar leggieri e presti ,
A destra ed a sinistra angusti giri.
Sovra tal corridore il Conte assiso
Move all' assalto, e volge al cielo il viso.
Sigior , tu che drizzasti incontra 1' empio
Colia r armi inesperte in Terebinto :
Sicch' ei ne fó, che d' Israel fea scempio,
Al primo sasso d' un garzone estinto ;
Tu fa eh' or giaccia , e fia pari 1' esempio ,
Questo feUon da me percosso, e vinto :
E dehil vecchio or la superbia opprima ,
Come debil fanciul 1' oppresse in prima.
i. ,7
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194 GER1TSA.LEMIIS LTBEKATA.
Così pregava il Conte : e le preghiere ,
Moaae dalla spiransa in Dio sicura,
S' aliar Tolando alle celesti spere ,
Come Ta foco al ciel p«r sua natnra.
Le accolse il Padre etemo , e fra le scbiere
Deir esercito sno tolse alla cnra
Un che 'l difenda : e sano , e yincitore
Dalle man di (puàV empio U tragga fnore.
L' Angelo y che fò gik custode eletto
Dall' alta provvidenaa al bnon Raimondo ,
Insin dal primo di che pargoletto
Sen Tenne a farsi peregrin del mondo ;
Or che di novo il rè del ciel gH hk detto y
Che prenda in se della difesa il pondo ,
^eir alta rocc!a ascende, ove dell' oste
Divina tutte son 1' arme riposte.
Qui r asta si conserva , oi^de il serpente
Percosso giacque , e i gra^ ftdminei strali :
E quelli eh' invisilnli tàì» gente
Portan 1' orride pesti e gU altri mali :
E qui sospeso è in ako il gran tridente ,.
Primo terror de' miseri mortali,
Quando egli avvien che i fondamenti seott.
Dell' ampia terra , e le città percota.
Si vedea fiammeggiar fra gli altri aratsi
Scudo di lucidissnno diamante :
Grande , che può coprir genti e paesi ,
Quanti ven' hk fra il Cracaso, e 1' Athiote:
£ sogliono da questo esser difesi
Principi giusti, e città caste e sante.
Questo r Angelo prende , e vien con esso
Occultamente al suo Baimondo appresso.
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CANTO SETTIMO. igS
Piene intanto le mura eran già tutte
I>i varia tarbax e 1 barbaro tiranno
Blanda Clorinda, e moke genti histmtte,
Cjbe, ferme a messo il coOe, oltre non vanno.
Dall' altro lato in ordine ridutte \
Alcune schiere de' Cristiani stanno :
C largamente a' due campioni il campo
Voto riman fra V uno e V altro campo.
Mirava Argante , e non vedea Tancredi,
Ma d' ignoto campion sembianse nove.
Fecesi il Conte innansi ; e , Quel cbe chiedi,
£ , disse a lui, per tua ventura altrove,
^on superbir però che me qui vedi
Apparecchiato a riprovar tue prove: •
Ch' io di lui posso sostener la vice,
O venir come terso a me qui lice.
Ne sorrìde il superbo , e gU risponde :
Che fa dunque Tancredi , e dove stassi ?
Minaccia il ciel conT arme, et poi s' asconde,
Fidando sol ne' suoi fugaci passi.
Ma fugga pur nel centro , o in messo 1' ond«,
Che non fia loco ove sicuro il lassi.
Menti , replica 1' altro , a dir eh' uom tale
Fugga da te^ cl^' assai di te più vale.
Freme il Circasso irato , e dice : Or prendi
Del campo tu , che in vece sua t' accetto :
£ tosto ei 41 parrà come difendi
L' alta follia del teme rari o detto.
Così mossero in giostra , e i colpi orrendi
Parimente drissaro ambì all' elmetto :
E 'l buon Raimondo , ove mirò , scontrollo^
Né dar gli fece ucli' arcion pur crollo.
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ìq6 CERITSALEMME LIDCRITA,
Dall' ahra parte il fero Argante córse
( Fano insolito a Ini ) 1' arringo ioTano:
Che '1 difensor celeste il colpo torse
Dal costodito cavalier Cristiano. '
Le labbra il crudo per furor si morse ,
E mppe r asta, bestemmiane , al piano.
Poi tragge U ferro , e t^ contra Raimondo
Impetuoso al paragon secondo.
E '1 possente corsiero urta per dritto ,
Quasi monton cb' al cosso il capo abbassa.
Scbiya Raimondo 1' urto , al lato dritto
Piegando il corso , e '1 fere in fronte , e passa.
Toma di noTO il cavpJier -d* Egitto ;
Mar quegli por di novo a destra il la3sa :
E pur su r elmo il coglie , e indamo sempre ;
Che r elmo adamantine avea le tempre.
Ma il feroce Pagan , che seco -mole
Più stretta suffa , a lui s' avventa e serra.
L' altro , eh' al peso di sì vasta mole ,
Teme d' andar col suo destriero a terra ,
Qui cede , ed indi assale ; e par che vole ,
Intorniando con girevol 'guerra ;
E i lievi imperj il rapido cavallo
. Segue del freno , e non pone orma in £ei11o.
Qual capitan cb' o{^agni eccelsa torre:
Infra paludi posta o in ako monte ,
Mille aditi ritenta , e tutte scorre
L' arti e le vie ; cotal s' aggira il Conte.
E poi che non può scaglia all' arme torre
Ch' armano il petto, e la supei^a fronte ;
Fere i men forti arnesi, ed alla spada
Cerca , tra ferro e ferro y aprir la strada.
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Ci-HTO SETTIMO. 197
Ed in due parli O'tre , forate e fatte
L* arme nemicne ha già tepide e rosse :
Ed egli ancor le sue conserva intatte ,
ri e di cimier, ne d' un sol fregio scosse.
Argante indarno arrabbia , a voto batte ,
£ spande senza prò V ire e le posse.
Non si stanca però ; ma raddoppiando
Va tagli et ponte , et si rinforza errando.
Alfin tra mille colpi il Saracino
Cala un fendente , e *1 Conte è cosi presso^
. Che forse il velocissimo Aquilino
Non sottraggeasi , e rimaneane oppresso ;
Ma r ajuto invisibile vicino '
IVon mancò a lui di quel superno messo,
Che stese il braccio , e tolse il ferro crude»
Sovra il diamante del celeste scudo.
Frangesi il ferro allor ( che non resiste
Di fucina mortai tempra terrena
Ad armi incorruttibili ed immiste
D* etemo fabbro ) e cade in su V arena.
U Circasso , eh' andarne a terra ha viste
Minutissime parti , il crede, appena.
Stupisce poi , scorta la mano inerme,
Oh* arme il campion nemico abbia si ferme.
E %ea rotta la spada aver si crede
Su r altro scudo ond' è colui difesa:
£ '1 buon Raimondo ha la medesma fede ,
Che non sa già chi sia dal ciel disceso.
Ma , perocch* egli disarmata vede
La man nemica , si rimati sospeso ;
Che stima ignobil palma , e vili spoglie
Quelle eh' altmi , con tal vantaggio , uom toglit.
' *;•
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198 GERU8A.I.EMMe LIBERATA.
Prendi, \rolca gik cUrgU , un* ahm spada ;
Quando novo pensier naccpe nel core:
Ch' aito scorno h de' snoi , dove egli cada p
Che di pubblica causa è difensore.
Cosi nh indegna a lui vittoria aggrada ,
Né in dubbio vuol porre il comime onere.
Mentre egli dubbio stassi , Argante lancia
D pomo e Y else aUa nemica guancia.
£ in quel tempo medesmo il destriér pmng^
E per venire a lotta ìoltra si caccia.
La percossa lanciata all' efano giunge ,
Sicché ne pesta al Tolosan la faccia.
Ma però nulla sbigottisce , e Inngé
Ratto si svia dalle robuste braccia ;
Ed impiaga la man , eh' a dar di piglio
Tenia più fera che felino artiglio.
Poscia gira da questa a quella parte ,
E rigirasi a questa , indi da quella :
E sempre , e quando riede , e quando parte -
Fere il Pagan d* aspra percola e feBa.
'Quanto avea di vigor, quanto avea d' arte,
Quanto può sdegno* antico , ira novella,
A danno del Circasso or tatto aduna ;
E seco il ciel congiura , e la fortuna.
Quel di fine arme , e di se slesso amato
Ai gran colpi resiste , e nnlla pava :
E par sen^a governo in mar turbalo ,
Rotte vele ed antenne , eccelsa nave ;
Che pur contesto avendo ogni tuo lato
Tenacemente di robusta trsMre ,
Sdruciti i fianchi al tempestoso flutto
Noq, mostra ancor , né si dispera in tutto.
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CANTO SETTIMA.
Argante , il tuo periglio allor tal* era ,
Quando ajutarti Belzebù dispose.
Questi di caira Btd>e ombra leggiera
( 'MiraLil mostro ! ) in forma d' uom compose:
"E, la semjbiansa di Clorinda altera
Gli finse , e 1* armi ricche e laminose :
Diegli il parlare, e , sensa mente , il noto
Suon della voce e Ì porUmento, e '1 moto.
n aimnlacro ad Gradino esperto
Sagittario famoso andonne, e disse :
O famoso Oradin , cb* a segno certo,
Come a te piace, le qnadrella affisse ;
Ah gran danno sana , s' uom di tal merlo ,
Difensor di Giudea , così morisse :
K di sue spoglie il suo nemico adomo
Sicuro ne focesse a' suoi ritorno.
Qui fa prova dell' arte , e le saette
Tingi nel sangue del ladron Frau5:ese :
Ch' oltra il perpetue onor, to' che n' aspette
Premio al gran fatto egual dal rè cortese.
Così parlò , né quegli in dubbio stette ,
Tosto che 'l suon delle promesse intese.
Dalla grave faretra un quadrel prende ,
E su r arco 1' adatta , e V arco tende.
Sibit il teso nervo , e fuori spinto
Vola il pennuto strai per T aria , e stride :
Ed a percoter va dove del cinto
Si conginngon le fibbie , e le divide ;
Passa r usbergo , e in sangue appena tìnto
Quivi si ferma , e sol la pelle incide ;
Che '1 celeste gnerrier soffrir non volse
Ck' oltra passasse , e forca al colpo tolse.
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i99
AOO GERUSÀIEMME LIBEKATA.
Dell' nsbergo Io strai sì tragge il Coote ,
Ed ispicciame fuori il sangue Tede :
E eoo parlar pien di ninaccie ed onte
RiinproTera al Pagan la rotta fede.
U Capitan , che non torcea la fronte
Dall' amato Raimondo , aUor s' avrede
Che violato h il patto : e perchè gra^e
Stima la piaga , ne sospira e pavé.
E con la fronte le sue genti altere ,
E con la lingua m yendicarlo desta :
Vedi tosto inchinar gin le visiere ,
Lentare i freni , e por le lancie in resta ;
E quasi in un sol punto alcune schiere
Da quella parte moversi , e da questa.
Sparisce il campo , e la minuta polve ,
Con densi globi , al ciel s' innaka e volve.
D' elmi' e scudi percossi , e d' aste infrante
Ne' primi scontri un gran romor s' a^ira.
ÌA giacere un cavallo , e girne errante
Un altro là senta rettor si mira:
Qui giace un guerrier morto , e qui spirante
Altri singhiossa e geme , altri sospira.
Fera è la pugna , e quanto più si mesce
E stringe insieme , più s' inaspra e cresce.
Salta Argante nel messo agile e sciolto >
E toglie ad un guerrier ferrata mazia :
E , rompendo lo stuol calcato e folto ,
La rota intomo , e si fa larga piasxa.
E sol cerca Raimondo , e in lui sol volto
Ha il ferro , e V ira impetuosa e passa :
E quasi avido lupo , ei par che brame
IVeUe viscere sue pascer la fame.
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CAWTO SETTIMO.
"Ma ^hiro ad impedir viengli il sentiero
H fero intoppo , acciodiè '1 corso ci tardi.
Si trova incontra Ormanno, e con Ruggiero
I>i Balnavilla , un Guido , e due Gherardi.
Non cessa , non-s' aDenta , ansi è più fero ,
<^aQto ristretto è più da ^e' gagliardi;
Siccome , a forza, da rìncHuso loco
Se n' esce e move alte ruine il foco.
Uccide Ormanno , piaga Guido , atterra
Hnggiero infra gli estinti egro e languente.
IVIa contra lui crescon le turbe , e '1 serra
D* uomini e d* arme cerchio aspro e pungente.
3\Ientre , in \rirtù di lui , pari la guerra
Si mantenea fra V una e V altra gente ;
U buon duce Buglion chiama il fratello ,
£d a lui dice : or movi il tuo drappello.
£ la dove battaglia è più mortale ,
Tattene ad investir nel lato manco.
Quegli si mosse, e fu lo scontro tale
Ond* egli urtò degli avversar) il fianco,
Che parve il popol d' Asia imbelle e frale,
Pfè potè sostener V impeto Franco
. Che gli ordini disperde , e co' destrieri
L' insegne insieme abbatte , e i cavalieri.
Dall' impeto medesmo in fuga è volto
n destro còrno : e non v' è alcun che faccia y
Fuor che Arante , difesa ; a freno sciòlto
Cosi il timor precipiti gli caccia.
Egli sol ferma il passo , e mostra il volto :
Ne chi con mani cento , e cento braccia
Cinquanta scudi insieme ed altrettante
Spade movesse , or più faria d' Argante.
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«Oft GC11U9A.I.EMMB 1.1BEBATA.
Ei g[It Stocchi e U masie , egli defl* a»te
E de' corsieri l' impeto sostenta :
E solo pur che 'ncontra tutti baste :
Ed ora a questo , ed ora a qnel s' aYyenta.
Peste ha le membra , e rotte 1' arme e^gnastc ,
£ sudor versa e sangue , e par noi senta.
Ma cosk r urta il popol denso e *1 pr^mc ,
Ch' alfin lo svolge , e seco il porta insieme.
Volge il terg<^ alla Corsa ed al furore
Di quel diluvio che '1 rapisce , e Ì tira.
Ma non già d' uora che fugga ha i passi, e 1 core;
S' all' opre della mano il cor si mira.
Serbano ancora gli occhi il lor terrore ,
E le minaccie della solita ira :
E cerca rìtenier con ogni prova
La fuggitiva turba, e nuUa giova.
?Ion può far qnel magnanimo eh' almeno
Sia lor fuga più tarda , o più raccolta :
Che non hk la paura arte , uè fireno ,
Né pregar qui , né comandar s' ascolta.
n pio Bnglion , che i suoi pensieri appieno
Vede fortuna a favorir rivolta,
Segue della vittoria il lieto corso ,
E invia novello ai vincitor soccorso.
E'se non che non era il dì , che scritto -
Dio negli etèrni suoi decreti avea ;
Quest' era forse il dì che H campo invitto
Delle sante fatiche al fin giungea.
Ma la schiera infemal che in qnel conflitto
La tirannide sua cader vedea,
Sendole ciò permesso , in un momento
L' aria in nubi ristiinse , e mosse il vMito.
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CAHTO SETTIMO. aO*
'^Dagll ocelli de' mortali tiii negro velo
TVapisce il giorno e 1 sole : e par eh' avvampi
Negro -via più eh* orror d' inferno il cielo ;
Oosi fiammeggia infra balem e Iftmpi.
F*reiuono i tuoni , e pioggia accolta in gelo
Si versa , e i ^[raschi abbatte , e inotida' i campi :
Schianta i rami il gran turbo , et par che crolli
T^on pur le querce , ma le rocche , e i eoUi.
L' acqua in un tempo , il vento , e la tempesta
^egli occhi ai Franchi impetuosa fete :
IL V improvvisa violenta arresta ,
Con un terror quasi fatai , le schieri».
Lia minor parte d' esse accolta resta
( Che veder non le puote ) alle bandiere,
'^la Clorinda , che quinxfi: alquanto è hmge ,
Prende opportuno il tempo , e 1 destrier punge.
Ella gridava ai suoi : l^er aar combatte >,
Compagni , il eielo , e la giuslàsia aka.
Dall' ira sua le faccio nostre intatte
Sono , e non è la destra indi^ i a n p e dita :
E nella fronte solo irato e» batte'
Della nemica gente impaurita ,
K la scote dell' arme , et detta luce
La priva : andianne pur, che 'ì Fatò- è dntV.
Così spinge le g«ntì , e ritevefrdd'
Sol nelle spalle 1* impeto df inferno ,
Urta i Francesi con assalto orrendo ,
K i -vani colpi lor si pretide a scherno.
Ed in quel tempo Argante anco , voljgeildo ,
Fa de' già vincitori aspro govem<» ;
E qoei, lasciando ik campo a tatto' eorso ,
Volgono al £en<Oy • atta pMotfie iidovM.
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S04 G^ltUSALEMME LIBERATA.
Percotono le spalle ai fuggitivi
L' ire imiaortali , e le mortali spade ,
£ '1 sangue corre , e fa , commisto ai rivi
DeHa gran pioggia , rosseggiar le strade.
Qui , tra *1 volgo de' morti e de* mal vivi ,
E Pirro , e '1 buon Ridolfo estinto cade ;
Che toglie a «{uesto il fier Circasso V alma ,
£1 Clorinda di quello ha nohil palma.
Così fuggiano i Franchi, e di lor caccia
Non rimaneano i Siri, anco, e i Demoni:
Sol contra 1' arme , e contra ogni minaccia
Di gragnuole , di turbini , e di tuoni
Volgea Goffredo la sicura faccia ,
Rampognando aspramente i suoi Baroni ;
E fern^o anzi la porta il gran cavallo ,
Le genti sparse raccogliea nel vallo.
£ ben due volte il corridoi sospinse
Contra il feroce Argante , e lui rìpresse ;
Ed altrettante il nudo ferro spinse
Dove le turbe ostili eran più spesse ;
Alfin con gli altri insieme ei si ristrinse
Dentro ai ripari , e la vittoria cesse.
Tornano allora i Saracini : e stanchi
Restan nel vallo , et sbigottiti i Franchi.
Né cpiivi ancor dell* orride procelle
Ponno appieno schivar la forca, e 1* ira ;
Ma sono estinte or queste faci , or quelle ;
E per tutto entra 1' acqua, e '1 vento spira ,
Squarcia le tele , e spezia i paU , e svelle n
liC tende intere , e lunge indi le gira ,
lia pioggia ai gridi , ai venti , ai tuon s' accorda^
D' orribile armonia che *1 mondo assorda.
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GERUSALEMME LIBERATA. «0$
CANTO OTTAVO.
ARGOMENTO.
MtrrA a Gc^redo del signor de' Dani
Il iralor prima un messo , e poi la morte.
Credendo ^uei d' Italia a ' segni vani,
Stimano estinto il lor Rinaldo forte.
Dunque al furor eh' Aletto spira , insani
Di sorvechia ira e d'odio , apron le porte:
E minaccian Goffredo : ei con la voce
Sola in lor frena 1* impeto feroce.
vJiA cheti erano i tnoni e le tempeste,
E cessata il soffiar d' Austro e di Coro :
£ r alba uscia della magion celeste .
Con la fronte di rose , e co ' pie d' oro.
Ma (juei che le procelle arean già deste ,
IVon rimaneansi ancor dalle arti loro ;
Anzi r un d' essi , eh' Astagorre è detto ,
Così parlava alla compagna Aletto;
Mira, Aletto, venirne (ed impedito
Esser non può da noi )-quel cavaliero,
Che dalle fere mani è vivo uscito
Del sovran difensor del nostro impero.
Quésti , narrando del suo duce ardito
£ de ' compagni ai Franchi il caso fero ,
Paleserà gran cose : onde è periglio
Che si ridiiami di Bertoldo il iigUo.
4. «8.
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%0B GCRUSÀLCMIirE tTBCllÀTA..
Sai quanto ciò rilievi , e se conTÌene
Ai gran principi oppor fona ed inganno.
Scendi tra ' Frandbi danqae , e ciò eh' a bene
Colai dira , tutto rivolgi in danno :
Spargile fiamme e 'l tosco entro le vene
Del Latin, dell' Elvesio, e del Britanno:
Movi r ire e i toondti , e (a tal' opra ,
Che tutto vada il campo alfin sossopra.
L' opra è degna di te : tu nobil vanto
Ten desti gi^ dinansi al signor nostro.
Cosi le parla : e basta ben sol tanto,
Perchè prenda V impresa il fero mostro.
Giunto è su 'l vallo de ' Cristiani intanto
Quel cavaÙero , il cui venir fÀ mostro :
£ disse lor : Deh st« chi n' introéncd
Per mercede , o guerrieri , al sommo duca.
Molti scorta gli fbrò al Ci^plUilo,
Vaghi d' udir dal pelfegriri novelle.
Quegli inchinoUo, e l' onorata Alano*
Volea baciar che fa tremar Babelk.
Signor , poi dice , che con 1* òde^ino
Termini la tua fama , e co» le stelle ,
Venirne a te vorrei più lieto me^o. . .
Qui sospirava , e soggiungeva apjfi'esia :
Sueno , dei rè de* Datti ònttò figlio ,
Gloria e sostegno alla cadente' étade , \
Esser tra quei bramò , che 'l WO consiglio
Seguendo han cinto per Gesn le spade:
Né timor di fatica , O di periglio ,
JVè vaghezsa del regno , né pietade
Del vecchio genitor , si degnò afièlto
Intepidir nel generosa petto.
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CÀVTO OTTATO. SOJ
Jl«o spìngeva un desio à* apprender V arte
Della milisia faticosa e dura,
I>a te sì nobil mastro : e sentia in parte
Sde^o e vergogna di sua f^ioa oscura ;
Oia di Rinaldo il nome jin ogni parte
Oon gloria udendo in verdi anni matura^
IMEa più eh' altra cagione , il mosse il celo
Non del terren , ma dell' onor del cielo.
Precipita dunque gV indugi , e tols«
Stuol di scelti compagni audace e fero :
£ dritto inver la Tracia il cammin volse
Alla città che sede è dell' impero :
Qui il Greco Augusto in sua magien l' accolse;
Qui poi giunse in tuo nome un messaggiero :
Questi appien gli narrò come già presa
Fosse Antiochia , e come poi difesa.
Difesa incontra al Perso , il <pial con tanti
Uomini armati ad assediarvi mosse ,
Che sembrava che d^ arme , e d' abitanti
Voto il gran regno suo rimaso fosse.
Di te gli disse , e poi narrò d' alquanti ,
Sinch' a Rinaldo giunse , e qui fermosse s
Contò l' ardita fuga , e ciò che poi
Fatto di glorioso avea tra voi.
Soggiunse alfin come già il popol Franco
Veniva a dar 1' assalto a queste porte :
E invitò Ini eh' egli vole^ almanco
Dell' altima vittoria esser consorte.
Questo parlare , al giov inetto fianco
Del fiero Sueno , è stimolo si forte ,
Ch' ogn' ora un lustro pargU infra' Pagani
Rotare il ferro, e insanguinar le mani.
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ao9 GERUSALEMME LIBERATA.
Par che la sna viltà rimproverarsi
Sesta nell' altmì gloria , e se ne rode :
£ cliì '1 consiglia , e chi '1 prega a fermarsi
O che non esaudisce , o che non ode.
Rischio non teme , fuorché 'l non trovarsi
De ' tuoi gran rischi a parte e di tua lode:
Questo gli semhrii sol periglio grave ;
Degli altri o nulla intende , o nulla pavé.
Egli medesmo sna fortuna afTretU ;
Fortuna, che noi tragge, e lui condncei
Perocch' appena al suo partire aspetta
J^ primi rai della novella luce.
£ per miglior la via più hreve eletta ;
Tale ei la stima, eh' è signore , e duce :
Tih ì passi più difficili o i paesi
Schivar si cerca de ' nemici offesi.
Or difetto di ciho , or camroin duro
Trovammo, or violenta, ed or agguati;
Ma tutti far vinti i disagi , e furo
Or' uccisi i nemici , ed or fugati.
Fatto avean ne ' perigli ogni uom sicuro
Le vittorie , e insolenti i fortunati :
Quando un di ci accampammo ove i confini
Non lunge erano omai de ' Palestini.
Quivi da' precursori a noi vien detto
Ch' alto strepito d' arme avean sentito :
E viste insegne e indisj , onde han sospetto
Che sia vicino esercito infinito.
Non pensier, non color, non cangia aspetto^
JVon muta voce il signor nostro ardito ;
Benché molti vi sian , eh' al fero avviso
Tin gan di bianca paUidezsa il viso . .
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CAÌTTO OTTÀTO. a09
l^a dice : O quale ornai -vicina abbiamo
Corona o di martirio , o di vittoria :
Li' una spero io ben più ; ma non men bramo
li' altra , ove è maggior merto , e pari «jloria.
Questo campo , o fratelli , ove or noi siamo ,
Fia tempio sacro ad immortai memoria ,
In cui r età futura additi e mostri
Le nostre sepolture , o 1 trofei nostri.
Cosi parla ; e le guardie indi dispone,
E gli ufficj comparte , e la fatica. *
Vuol eh' armato ogn' un giaccia , e non depont
Ei medesmo gli arnesi, o la lorica.
Era la notte ancor nella stagione
Cb' è più del sonno e del silenzio amica ;
Allor che d' urli barbareschi udissi
Romor , che giunse al cielo ed agli abissi.
6i gtida all' arme, all' arme ; e Sueno , involto
Neil' arme, innanzi a tutti oltre si spinge :
E magnanimamente i lumi e '1 volto
Di color d' ardimento , infiamma e tinge.
Ecco siamo assaliti , e un cerchio folto
Da tutti i lati ne circonda e stringe :
E intomo un bosco abbialo d' aste e di spade ,
E sovra noi di strali un nembo cade.
Nella pugna ìnegnal , però che venti
CU assalitori sono incontra ad uno ,
Moki d' essi piagati, e molti spenti
Son da cieche ferite ali* aer bruno.
Ma il numero degli egri e de ' cadenti
Fra r ombre oscure non disceme alcuno.
Copre la notte i nostri danni , e V opre
Della noitra virtute iniieme copre.
1».
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SIO GERUSALEMME &IBEK4TA.
Por si fra gU «kri Su^o alca U firente ,
Ch' ugevoV h che ogn' un cedere il poa&« : ,
£ nel bajo le prove ^nc9 «oq coote
A chi vi mira , e I' incr«dihil possa.
Di sangue un rio , d' ViQpiii^i uccisi «a monte
D' ogn* intomo gH faamo argine , « fossa :
£ dovunque ne vkcewhr^ che porta
Lo spavento negfi occhi, e i|i piacila nu>rie.
Così pugnato fa, sinck^ V al^ftie '
Bosseggiando nel«ijBl gii» i^' apparta.
Ha poi che scosso fu il n«ttarpQ orrore
Che r orror delle morti i/a «e coprii y *
La desiata luce a noi terrore
Con vista ac^rehhe dolorerà e ria ',
Che pien d' e&tinti il campo , e.({aasi tutta
Prostra gente* vedemmo o^msd d^trutia.
Duo mila fommo , e noA siam «anto ; ox quando
Tanto sangue egli mira e taftte morti ,
Non so se '1 cor feroce al miiserando
Spettacolo si turbi, e si sconfodrti ;
Ma già noi mostra ; anai la voce aka«do,
Seguiam, ne grida, que' compagai forti
Ch' al ciel , hmge dai laghi Averoi e Stigi ,
li* han segnati c(4 saoguA alti vestìgi
Disse ; e Ueto , cred' io, àeXk. vicina
Horte , cosi nel cor com« al sembiante ,
Incontro alla barbarica mina
Portonne il petto intrepido e cosjtaBte.
Tempra non sosterrebbe, ancor che &ia
Fosse , e d' acciajo nò , ma di diamante,
I ferì colpi ond' egli il campo aUagat
£ fatto è il corpo nio aol^ una piaga.
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CAITTO OTTAVO.
Lia TÌta nò , ma la virtù sostenta
Quel cadavero indomita e feroce.
Ripercote percosso , e non s' allenta ;
IMCa «jnaùto offeso è più, tanto più noce:
Quanxlo ecÉo , furiando , a lui s' avventa
TJora grande eh' ha sembiante e guar4o atroce,
£ dopo lunga ed ostinata guerra,
Con r aita di molti, alfm l' atterra.
Cade il garzone invitto ( «hi caso amafo ! )
P^è v' è fra noi chi vendicare il'p^ssa.
Voi chiamo in testimonio , o del mio caro
Signor sangue bea sparso e nohil' oc4a,
Ch' allor non fili della mia vita «ivarp ,
Tfh schivai ferro , né schivai p«rco&«a ;
£ se piaciuto pur fosse 1^ aopra
Ch' io vi morissi , il meritai cjo^V 0{Wa*
Fra gli estinti compagni i^ sol cadei
Vivo : ne vivo forse è cl^ mi pe94Ì>
Tih de * nemici più cosa saprei
Ridir, sì tutti avea sopiti \ sensi.
Ma poiché tornò il lame agi» occhi miei,
Ch' eràh d' atra cabine condensi,,
Notte mi parve ; ed allo sguardo fioco
S' offerse il vacillar d' nn picciol jEocq*
Non rimaneva in me tenia virtude
Ch' a discemer le cose io Ì9m. presto;
Ma vedea come quei eh' or apre > Off chiude
Gli occhi , mesco tra '1 sonno • V e4Mv desio :
E '1 duolo omai delle ferite <;rii4e-
Più cominòava a farmisi molesto :
Che V inaspria V aura notturna e'I gi/elo.
In terra nuda e sotto, aperta ci^o*
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ai» GERUSALEMME LIBERATA,
Pia e più ogn' or s' «yricinava intanto
Quel lume , e insieme un tacito bisbiglio :
Sicch' a me giunse , e mi si pose accanto.
Also allor, bench' appena, il debil ciglio ^
£ veggio due vestiti in lungo manto
Tener due faci, e dirmi sento : O figlio ,
Confida in quel signor eh' a' pii sovviene ,
£ con la grasia i preghi alimi previene.
In tal guisa parlommi; indi la mano ,
Benedicendo , sovra me distese :
£ susurrò con suon devoto e piano
Voci allor poco udite, e meno intese.
Sorgi , poi disse , ed io leggiero e sano
Sorgo, e non sento le nemiche offese:
( O miracol gentile ! ) ansi mi sembra
Piene di vigor novo aver le membra.
Stupido gli riguardo , e non ben crede
L' anima sbigottita il certo e il vero :
Onde r un d' essi a me : Di poca fede ,
Che dubbj ? o che vaneggia il tuo pensiero ?
Verace corpo è quel che in noi si vede :
Servi siam di Gesù, che '1 lusinghiero
Mondo , e '1 suo falso dolce abbiam fuggito,
£ qui viviamo in loco aspro e romito.
Me per ministro a tua salute eletta
Ha quel signor che 'n ogni parte regna;
Che per ignobil messo oprare efiètto
Maravigtioso ed alto ei non isdegna.
Né men vorrk che si resti negletto
Quel corpo in cui già visse alma si degna :
Lo qual con essa ancor , lucido e leve
£ immortai fatto, nuQir si deve.
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CAUTO OTTATO. . ei3
Dico il corpo Hi Sueno , a cui fia data
Tomba a tanto valor conveniente,
Hia quale a dito mostra ed onorata
Ancor sarà dalla futura gente.
Sia leva ornai gli occhi alle stelle, e gnath
TJk splender quella come un sol lucente :
Questa co* vivi raggi or ti conduce
La riove è il corpo del tuo noBil Duce.
Allor vegg* io che dalla bella face ,
Anxi dal sol notturno un raggio scende
Che dritto la dove il gran corpo giace,
Quasi aureo tratto di pennel , si stende t
£ sovra lui tal lume e tanto face ,
Ch' ogni sua piaga ne sfavilla e splende < '
£ subito da me si raffigura
ISella sanguigna orribile miiitur».
Oiacea prono non già , ma come volto
£bbé sempre alle stelle il suo desire,
Dritto ei teneva inverso il cielo il volto.
In guisa d'uom che pur là^suso aspire.
<^hiusala destra, e '1 pugno avea raccolto ,
£ stretto il ferro , e in atto è di ferire :
L' altra su 'I petto in modo umile e pio
6i posa, e par cheperdon chieggia a Dio.
Mentre io le piaghe sue lavo col pianto ;
N^ però sfogo il duol che 1' alma accora ;
CH aprì la chiusa destra il vecchio santo,
E '1 ferro che strlngea trattone fìiora :
Questa, a me disse, eh' oggi sparso ha tanto
^angae nemico, e n' è vermiglia ancora,
È,' come sai, perfetta : e non è forse
AUrt spada ch« debba a lei preporse.
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Al4 GERUSA-I^EMME |.IBEilATA..
Onde piace là su, che s' or la parte
Dal suo primo signore acjerbft D)ortt y
Osiosa non resti in ^pst9 pvr^;
Ma di man passi in mano ardft» * forte >
Che r nsi po^ cpp egoal for^a ed *rte >
Ma più lunga stagiftn ppg }it\^ spfte :
E con lei faccia, perchè f l^i •' aspetia >
Di chi Sneno V pccise ^spr« yendetta.
Soliman SueuQ nccise» e SpUn^BO
Dee per la spedii spa resUrne up€Ì«o.
Prendila dunque , p yapne ove il Crisiia«o
Campo fia intorpp all' alte murfi a«|{SA :
£ non temer che ne^ paese estrano
Ti sia il sentier di noyo anco preciso ;
Che t' agevolerà per 1' aspra via
L'alta destra di lui eh' or là t* invù|.
Quivi egli vuqI d^ <lg cotf sta yoce »
Che viva in te serhò , si manifèsti
La pietate , il valor, V ardir feroce
Che nel diletto tuo ^ignor vedesti i
Perchè a segnar dell» ptf fpurea Cro^e
L' arme , con tale esempio j altri si. de^t :
£d ora , e dopo pp corso anco di lustri
Infiammati ne siap gh animi il^u^ri.
Resta che sappia tu chi sia cqIuì
Che deve della spada esser ere^f ■
Questi è Rinaldo il giqyinett^, a cui
Il pregio di fortena ogfi' altro cede«
A lui la porgi , e di, che sol da lui
L* alta vendita il cielo e '1 paondo chiede.
Or mentre io le sue voci intento ascoilo >
Fui da miracol novo a se rivolto*
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CAUTO OTTAVO. ftl5
Ciìih la dove il cadavere giacca ,
iBbbi improi^viso un gran sepolcro scòrto^
Che sorgendo rinchinso in se 1' avéa ,
Come non so j né con qual' arte sorto :
£ in brevi note altmi vi si s|>onea
. 11 nome , e la virtù del guerr^er àiortó.
Io' non sapea da tal viita levarmi ,
Mirando ora ìt lettre, ed óra i marmi.
Qui , ditoe il vecchio , appresso ai fidi amici
Oiacera del tuo duce il corpo ascoso ,
Mentre gli spirti amando in ciel felici
Oodon perpetuò bene e glorioéo.
Ma tu col pianto ornai gli estremi uffici
Pagato hai loto : e tèmpo è di riposo.
Oste mio ne sarai smch' al viaggio
Mattutin ti nsve^ il novo raggio.
Tacque ; e per lochi ora sublimi or cupi
Mi scorse, onde a gran pena il iianco trassi ;
Sinch' ove pende Ìsl selvaggie rupi
Cava spelonca raccòglieitimo i passi.
Questo è il suo albergo : ivi fra gli orsi é i lupi ,
Col discepolo suo , sicuro stassi ;
Che difesi miglior eh' usbergo e scùdó^
È la santa innocenza al petto ighuc^o.
Silvestre cibo, e duro letto porse
Quivi alle membra mie posa e ristoro.
Ma poi eh* acòési in oriente scorse
I raggi del mattiti purpurei e d' oro ;
Vigilante ad orar subito sorse
L' uno e l'altro eremita , ed io con loro.
Dal santo vecchio poi congedo tolsi,
£ ^u), dove egli €0&fligH6> mi volsi*
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Ùl8 GEIUSÀLEMME LIBEIATA.
Qui si tacque il Tedesco ; e gli rispose
n pio Buglione : O cav aliar, tu porte
Dure novelle al campo e dolorose ,
Onde a ragion si turbi e si sconforte : '
Poiché genti si amiche e valorose
Breve ora ha tolte , e poca terra assorte i
£ in guisa d' un baleno il signor vostro
6' è in un sol punto dileguato, e mostro.
Ma che ? feUce è cotal morte e scempio.
Via più eh' acquisto di provincie e d' oro :
^è dar V antico Campidoglio esempio
D' alcun può mai si glorioso aQoro.
Essi del ciel nel luminoso tempio
Hàn corona immortai del vincer loro.
Ivi , credo io , che le sue belle piaghe
Ciascun lieto dimostri, e se n' appaghe.
Ma tu eh' alle fatiche-, ed al periglio
Nella miUzia ancor resti del mondo ;
Devi gioir de' lor trionfi , e '1 ciglip
Render, quanto conviene, ornai giocondo.
E perchè chiedi di Bertoldo il figlio ,
Sappi, eh' ei fuor dell' oste è vagabondo;
IVè lodo io gik che dubbia via tu prenda ^
Pria che di lui certa novella intenda.
' Questo lor ragionar nell' altrui mente *
Di Rinaldo 1' amor desta , e rinnova :
E v' è chi dice : Ahi fra Pagana gente
n giovinetto errante or si ritrova :
E non v' è quasi alcun che non rammente,
Narrando al Dano, i suoi gran fatti a prova;
£ dell' opere sue la lunga tela
Con istupor gli si dispiega, e svela.
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cakto ottavo.
Or quando del gar«on la rimembranat
Avea gli animi tutti inteneriti ;
^cco molti tornar che , per usanza^
Eran d' intorno a depredare usciti.
Conducean questi seco in abbondania
E mandre di lanuti , e buoi rapiti ,
E biade ancor, benché non molte, e ttrame
tuhe pasca de' corsier l' avida lame.
E questi di sciagura aspra e nojofta
Segno portar, che 'n apparenta è certo:
Rotta del buon Rinaldo e sanguinosa
La soprawesta, ed ogni arnese aperto.
Tosto si sparse ( e chi potria tal coìhi
Tener celato ? ) un romor vario , e incerto,
l^orre il volgo dolente alle noveUe
Del guerriero , e dell' arme , e vuol vedefle.
Vede , e conosce ben 1* immensa mole
Del grande usbergo, e '1 folgorar del lume,
E r armi tutte , ove è l' augel eh' al sole
Prova i suoi figli e mal crede alle piume :
Che di vederle già primiere o sole,
Nelle im|9rese più grandi ebbe in costume j
Ed or, non senxa alto pietade ed ira,
Rotte e sanguigne ivi giacer le mira.
Mentre bisbiglia il campo , e la cagione
Della morte di lui varia si crede j
A se chiama Aliprando il pio Buglione,
Duce di quei che ne portar le prede,
Uom di libera mente, e di sermone
Veracissimo e schietto, ed a lui chiede:
Di come, e donde tu rechi quest' arme ,
E di buono o di reo nulla celarmc.
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^1
ftl8 GERUSALEMME tTBCUATi..
GK rìspoM colui : Di qnì lontano
' Quanto in due giorni mi messaggiero ftodria,
Verso il confin ^ Oata , nn picciol piano
Chiuso tra colli alqaanto è fiior <li via :
£ in lui d' aké deriTa , e lento e piano y
Tra pianta e pianta , un fiumicel s* invia :
£ d' albm e di macchie ombroso e folto ,
Opportuno alle insidie il loco h molto.
Qnl greggia illcuna cercavam, che^sac
Tenuta ai paschi dell' erbose ì^nde ;
£ in su r erbe niriam dì sangue ros^e
Giacerne un guerrier morto in riva ali* onde.
All' arme , ed afieinsegne ogn' nom si mosse ;
Che furon conosciute , ancorché immonde.
Io m' appressai per discoprirgli il viso ;
M^ trovai eh' era ii capo indi recise.
Mancava ancor la destra : « '1 busto gri&de
Molte ferite avea dal tergo al petto :
£ non lontan cote l' aquila , che i^nde
Le candide ali, giacca il voto elmetto.
Mentre cerco d' dicuno a cui dimande ,
Un villanelisopragginngea scatto :
Che indietro il passo per fuggirne tKMrse
Subitamente dre di noi s' accorse.
Ma seguitato e pre^o , alla richiesta
Che noi gli facevamo , alfin rispose
Che '1 gionfo innanti uscir della foresta
Scorse molti guerrieri , onde ei s* ascose r
£ eh' un d' essi tenea recisa testa
Per le sue chiome bionde , e Sanguinose f
La qual gli parve , rimirando intento,
D' uom giovinetto > e sensa peli al mento*
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CAUTO OTTAVO. 119
E che '1 medesmo poco poi 1* avvolse
Tu un zendado dall' arcion pendente.
Soggiunse ancor, cW all' abito raccolse
Ch' erano i cavalier di nostra gente.
Io spogliar feci il corpo, e sì men doke ,
Che piansi nel sospetto amaramente :
£ portai meco l'arme, e lasciai cura
Ch' avesse degno onor di sepoltura.
Ma se quel nohil tropco è quel eh' io credo ,
Altra tomba , altra pompa egli ben merta.
Cosi detto, Aliprando ebbe congedo.
Perocché cosa non avea più certq.
Rimase grave, e sospirò Goffredo ;
Pur nel tristo pensier non si raccerta :
£ con più chiari segni il monco busto
Conoscer vnole , e l' omicida ingiusto.
Sorgea la notte intanto , e sotto 1* ali
Hicoprìva del cielo i campi immensi :
E 'l sonno , osio dell' alme , obblio de' mali ,
Lusingando sopia le cure , e i sensi ;
Tu sol punto , Argillan , d' acuti straK
D' aspro dolor , volgi gran cose , e pensi :
ìih V agitato sen , né gli occhi ponn^
La quiete raccorre , o '1 molle sonno.
Costui pronto di man , di lingua ardito ,
Impetuoso , e fervido d' ingegno
Nacque in riva del Tronto , e fu nutrito ,
JN elle risse civil, d' odio e di sdegno.
Poscia , in esiglio qpinto , i colU e '1 lito
£mp\ di sangue , e depredò quel regno ,
Sinché nell' Asia a guerreggiar sen venne >
£ per fama miglior chiaro divenne.
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fts9 GERUSALEMME tlBERATÀ.
ÀìBn questi su V alba i lumi chiose :
f9h gik fa sonno il suo queto e soare ;
Ma fìì stupor, eh' Aletto al cor gì' infuse , .
IVon men che morte sia , profondo e grave.
Sono le inteme sue virtù deluse ,
£ riposo dormendo anco non havtfy
Che la furia cmdel gli s' appresenta
Sotto orribili larve , e lo sgomenta.
Gli figura un gran busto , ond'è diviso
n capo , e della destra il braccio è mono :
E sostien con la manca il teschio inciso ,
Di sangue e di pallor livido e sosso.
Spira , e parla spirando il morto viso,
£ '1 parlar vien col sangue , e col singhioxso ;
Fuggi , Àrgillan, non vedi ornai la luce ì
Fuggi le tende infami , e V empio duce.
Chi dal Cero Goffredo , e dalla frode
Ch' uccise me, voi cari amici affida ì
D' astio dentro il feDon tutto si rode ,
£ pensa sol come voi meco uccida.
Pur, se cotesta mano a nobil lode
Aspira , e in sua virtù tanto si fida ,
Non fuggir nò : plachi il tiranno esangue
Lo spirto mio col suo malvagio sangue.
Io sarò teco ombra di ferro e d'eira
Ministra , e t' armerò la destra e '1 seno.
Così gli parla ; e nel parlar gli spira
Spirito novo di furor ripieno.
Si rompe il sonno : e sbigottito ei gira
Gli occhi gonfi di rabbia e di veleno :
Ed armato eh' egU è , con importuna
Fretta , i guer^ier d' Italia insieme aduna.
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CA5T0 OTTAVO. . *
dì aclnna Fa dove sospese stanno
Ja' arme del buon Rinaldo , e con superba
Voce, il furore e *l conceputo affanno
In tai detti divulga , e disacerba :
Dunque un popolo barbaro e tiranno
Che non prezxa ragion , che fé non serba.
Che non fu mai di sangue e d' or satollo ,
Tic terra *1 freno in bocca , e *1 giogo al collo ?
Ciò che sofferto abbiam d' aspro e d' indegno
Sette anni ornai sotto sì iniqua soma ,
£ tal, cb' arder di scorno , arder di sdegno
Potrà da qui a mill' anni Italia e Roma.
Taccio , che fa dall' arme e dall' ingegno
Del buon Tancredi la Gilicia doma ,
£ cbi' ora il Franco a tradigion la gode :
C i premj usurpa del valor la frode.
Taccio , eh* ove il bisogno e *1 tempo chiede
Pronta man , pensier fermo , animo audace ,
Alcuno ivi di noi primo si vede
Portar fra miOe morti o ferro , o face.
Quando le palme poi , quando le prede
8i dispensan nell' oiio e nella pace ,
Nostri non sono gik , mk tutti loro
I trionfi, gli onor, le terre, e 1* oro.
Tempo forse già fu , che gravi e strane
Ne potevan parer sì fatte offese ;
Qnasi bevi or le passo : orrenda , immane
Ferità leggierissime V ha rese.
Hanno ucciso Rinaldo , e con le umane
L' alte leggi divine han vilipese.
E non fulmina il cielo ? e non gì' inghiotte
La terra entro la sua perpetua notte ì
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A9ft GERUSALEMME LIBERATA.
BinaMo han morto , il qnal fu spa<)a e scucto -
Di nostra fede ; ed ancor giace inulto ?
Inulto giace : e sù'i terreno ignudo
Lacerato il tasciaro , ed insepulto.
Ricercate saper chi fosse il crudo ì
A chi puote , o compagni , esser' occulto ?
Deh chi non sa quanto al valor Latino
Portia GoHredo invidia , e Baldovino ?
Ma che cerco argomenti ? il cielo io giuro,
n ciel che n' ode , e cV ingannar non lìce ;
Ch* allor che si rischiara il mondo oscuro ,
Spirito errante il vidi ed infelice.
Che spettacolo , oimè ^ crudele e duro !
Quai frodi di Goffredo a noi predice !
10 '1 vidi, e non fu sogno : e ovunque or miri,
Par che dinanzi agli occhi miei s' aggiri.
Or che faremo noi ? dee quella mano ,
Che di morte sì ingiusta è ancora immonda ,
Reggerci sempre ? o pur vorrem lontano
Girne da lei dove l' Eufrate inonda ?
Dove a popolo imbelle in fertil piano
Tante ville e città nutre , e feconda :
Anzi a noi pur ; nostre saranno , io spero ,
Né co' Franchi comune avrem l' impero.
Andìanue , e resti invendicato il sangue
( Se così parvi ) illustre ed innocente.
Benché se la virtù , che fredda langue ,
Fosse ora in voi , quanto dovrebbe , ardente ;
Questo , che divorò, p4*stifero angue,
11 pregio e '1 fior della Latina gente,
Daria con la sua morte , e con lo scempio
Agli altri mostri memorando esempio.
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CANTO OTTATO. Aa5
10 y io vorrei , se '1 vostro alto valore ,
4[^aapto egli può, tanto voler osasse ,
Oh' oggi per questa man nell' empio core^
^ido dì tradigion , la pena entrasse.
Oosi parla agitato, e nel furore
£ nell' impeto suo ciascuno ei trasse.
Amie, arme freme il forsennato , e insieme
La gioventù superba arme y arme freme.
Rota Aletto (ira lor la desl|p armata,
£ col foco il velen ne' petti mesce.
IjO sdegno , la follia , la scellerata
Sete del sangue ogn' or più infuria, e cresce ;
£ serpe quella peste , e si dilata ,
* £ degli alberghi Italici fuor n' esce ,
£ passa fra ^i Elvez), e vi s' apprende,
£ di la poscia anco agi' Inglesi tende.
Ne sol r estrane genti avvien che mova
11 duro caso , e '1 gran pubblico danno :
Ma le antiche cagioni all' ira nuova
Materia insieme , e nutrimento danno.'
Ogni sopito sdegno or si rinnova :
Chiamano il popol Franco empio e tiranno :
£ in superbe minaccie esce difluso
L' odio j che non può starne ornai più chiuso.
Così nel cavo rame umor che bolle
Per troppo foco , entro gorgoglia e fuma :
Né capendo in se stesso , aliln s' estolle
Sovra gli orli del vaso, e inonda , e spuma.
Non bastano a frenar il volgo folle
Que' pochi , a cui la mente il vero alluma.
Vi Tancredi , e Camilloveran lontani ,
CngUehno , e gli altri in podestà soprani.
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ss4 GEftVSAl.EMME LIBERATA^
Corrono già firecipitosi all' armi
Confusamente i popoli feroci :
E già %* odon cantar bellici carmi ,
Sedisiose trombe in fere voci.
Gridano intanto al pio Bnglion che s' armi y
Molti di ^à di là nnnsj veloci ;
£ Baldoniyo innanti a tutti armato
Gli a' appresenta , e gli si pone a lato.
Bgli eh' ode Y accusa , i lumi al cielo
Drissa , e par, come suole , a Dio ricorre :
Signor , tu che sai ben con quanto selo
La destra mia dal civil sangue abborre ;
Tu squarcia a questi della mente il Telo ,
£ reprimi il furor che st trascorre :
£ V innocenaa mia , che costà sopra
£ nota , al mondo cieco anco si scopra.
Tacque : e , dal cielo infuso , ir £ra le vene
Sentissi un novo inusitato caldo :
Colmo d' alto vigor, d' ardita speae
Che nel volto si sparge, e '1 fa più baldo ;
£ da* suoi circondato , oltre sen viene
Contra chi vendicar credea Rinaldo :
IVè perche d' arme e di minacele senta
Fremito d' ogni intomo , il passo alleata.
Ha la coraxia indosso , e nobil veste
Riccamente T adoma oltra Ì costume :
JNudo è le mani e '1 volto , e di celeste
Maestà vi risplende un novo lume :
Scote 1' aurato scettro ; e sol con queste
Arme acquetar quegl' impeti presume.
Tal si mostra a coloro , e tal ragiona :
ìih come d' uom mortai la voce suona*
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CAUTO OTTATO. SaS
Quali stolte minaccte , e quale or 'odo
"Vano strepito d' arine ? e chi *l commove ?
Così qui riverito , e in qnesto modo
^oto soo io dopo sì Innglie prove ì
Ch' ancor t' è chi sospetti , e chi di frodo
Ooffredo accusi , e chi V accuse approve ì
Forse aspettate ancor eh' a voi mi pieghi ^
£ ragioni v' adduca , e porga preghi ?
Ah non fia ver che tanta indegnitate
La twra , piena del mio nome , intenda :
Me questo scettro , me delle onorate
Opre mie la memoria , e 1 ver difenda :
K per or la giustizia aHa pietate
Ceda , né sovra i rei la pena scenda.
Agli altri mertì or questo error perdono y
£d al vostro Rinaldo anco vi dono.
Col sangue suo lavi il commun difetto
Solo ÀrgiUan , di tante colpe autore :
Che mosso a leggierissimo sospetto ,
Sospinti gli altri ha nel medesmo errore.
Lampi e folgori ardean nel regio aspetto ,
Mentre ei parlò , di maestà , d' onore ;
Tal eh' Arginano attonito e conquiso
Teme ( chi '1 crederia ? ) l' ira d' un viso.
£ 1 volgo , eh' ansi irriverente , audace
Tutto fremer s' ndia d' orgogli e d' onte ;
E eh' ehhe al ferro , all' aste , ed alla face
Che '1 furor ministrò, le man sì pronte;
Non osa ( e i detti alteri ascolta , e tace )
Fra timor e vergogna alzar la fronte :
E sostien eh' ArgiUano , ancorché cinto
Peli' arme lor^ sìa da' ministri avvinto,
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Mff CERUSAtEMME LTBEKA.TA.
Cofì leon , cb' ansi l' ottìIhI coma
Con muggito scotea superbo e fero ;
Se poi vede il maestro onde fa doma
La natia ferita del core altero ;
Può del giogo soffrir l' ignolnl soma ,
E teme le minaccie , e 1' duro impero :
Né i gran velli, i gran denti , e l' unghie eh' haiuta
Tanta in se forca , insuperbire il fanno. .
E fama che fu visto , in volto crudo
Ed in atto feroce e mi|iacciante ,
Un alato gnerrier tener lo scudo ^
Della difesa al pio Buglion davante t
E vibrar fulminando il ferro ignudo ,
Che di sangue vedeasi anco stillante.
Sangue era forse di citta , e di regni
Che provocar del cielo i tardi sdegni^
Cosi , cheto il tumulto , ogn' un depon*
L' arme , e moki con 1' arme Ìl mal talento.
E ritoma Goffiredo al padi^one,
A varie cose , a nove imprese intento :
Ch' assalir la citude egli dispone,
Pria che '1 secondo , o '1 terso dì sia spento :
E rivedendo vk l' incise travi ,
Già in macchine conteste orrende , e gravù\
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«GERUSALEMME LIBERATA. i*7
CANTO NONO.
ARGOMENTO.
Trova U fnriii Solinanno , e '1 move
A far a* Franchi aspra notturna guerra.
Il giasto Iddio, che l' infernali prove
Mira dal del , manda Michele in terra.
Co»ì , poiché il soccorso si rimove
peli' inferno ai Pagani , e si disserra
Ai lor danni il drappel che segui Armida»
Fugge , e di vincer Solimau /diffida.
JVI A il gran mostre imSenial che Tede <pieti
Que' gik torbidi cori , e T ire spente :
E couar contra 1 fato , e i gran decreti
Srolger n^n può deH' immiitabil Mente ;
Si parte , e , dove passa , i caBi|n lieti
Secca , e pallido il sol si fa repente :
E d' altre furie ancora e d' altri mali
Ministro, a no\a impresa affrettn V «H.
Ella , che 4all* esercito Cristiano ,
Per industria sapea de' suoi consorti ,
n figUuol di Bertoldo esser lontano ,
Tancredi e gli altri ^ù teronti^ forti ;
Disse : Che più s' aspetta ? or Solimano
Inaspettato venga , e guerra porli.
Certo ( o eh' io spero ) alta vittoria avremo
Di campo mal concorde , e in parte sceno.
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%%f * CEKtrSlLEMME LIBERATA.
Ciò detto ) Tok oye fn sqnaclre emati f
Fattoseli duce , SoBman dimora :
Quel Soliman di cui non fu , tra cpanti
Ha Dio n:d>elli , uom pigerò ce allora :
Tih y M per nova ingiurila i suoi giganti
RinnoTasse la terra , anco ti fora :
Questi fu rè de' Turchi , ed in Nicea
La sede dell' imperio aver solca.
£ distendeva , incontro ai Greci lidi,
Dal Sangario al Meandro il suo confine :
Ove albergar già Misi , e Frìgi , e Lidi ,
E le genti di Ponto , e le Bitine.
Ma poi che contra i Turchi , et gli akrì infidi
Passar nell' Asia V armi peregrine ,
Fur sue terre es{mgnal^ , ed ei sconfitto
Ben due fiate in general conllitto.
E ritentata avendo invan là sorte ^
E spinto a forse dal natio paese ,
Ricoverò del rè d' Egitto in corte,
Ch' oste gli fu magnanimo e cortese ;
Ed ebbe a grado che guerrier sì forte
Gli s' o£frìsse compagno all' alte imprese ;
Proposto avendo già vietar 1' accpiisto
Di Palestina ai cavalier di X^risto.
Ma prima eh' egli apertamente loro
La destinata guerra annunsiasse :
Volle che Solimano , a cui molto oro
Die per tal uso , gli Arabi assoldasse.
Or mentre ei d' Asia , e dal paese Moro
L' oste accogliea , Sohman venne , e trasse
Agevolmente a se gli Arabi avari ,
Ladroni in ogni tempo , e mercenari.
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CÀITTO HOirO. afi9
Così fatto 1^ duce , or d' ogni intorno
La Giudea scorre , e fa prede e rapine :
Sicché *1 venire è chioso e *1 far ritorno
Dall' esercito Franco alle marine.
£ , rimembrando ogn'or 1' antico scorno ,
£ dell' imperio suo 1' alte mine ,
Cosa maggior nel petto acceso volve ;
Ma non ben s' assicura , o si rivive.
A costui viene Aletto : e da lei tolto
E '1 sembiante d' un uom d' antica etade«
Tota di sangue , empie di crespe il volto ^
Lascia barbuto il labbro , e '1 mento rade :
Dimostra il capo in lunghe tele avvolto ;
La veste oltra '1 ginocchio al pie gli cade y
La scimitarra al fianco , e '1 tergo carco
Della faretra , e nelle mani ha V arco.
Noi , gli dice ella, or trascorriam le vot« .
Piaggie , e le arene sterili e deserte j
Ove né far rapina omai si puote ,
Né vittoria acquistar che loda merte.
Goffredo intanto la città percote ,
E già le mura ha con le torri aperte :
£ già vedrem , s' ancor si tarda un poco y
Insin di qua kiSue mine , e '1 foco.
Dunque acoesi tuguri , e greggie , e buoi
GU alti trofei di Soliman saranno ì
Cosi racquisti il regno ? e così i tuoi
Oltraggi vendicar ti credi, e '1 danno ì
Ardisci ) ardisci : entro ai ripari suoi ,
Di notte ) opprimi il barbaro tiranno.
Credi al tuo vecchio Araspe , il cui consiglio
£ nel regno provasti , e nell' esiglio.
if so
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S50 GEKVSALEBIME LIBERATA.
Non d a^>etta egli e non ci teme, e sprexsÉ
Gli Arahì , ignndi invero e timorosi :
Né creder mai potrk che gente arvesta
AHe prede , alle foghe , or cotanto osi :
Ma fieri gli farà la taa fieressa
Contra nn campo che giaccia inerme, e posi.
Cosi gli disse ; e le soe furie ardenti
Spirogli al seno , e sì tnischiò tra' venti.
Grida il Gnerrier, levando al ciel la mano ,
O tu , che furor tanto al cor m' irriti ,
Ned uom sei già , sebben sembiante umano
Mostrasti ; ecco io ti seguo ove m' inviti.
Verrò , farò là monti ov' ora è piano ;
Monti d' uomini estinti , e di feriti :
Farò fiumi eh sangne. Or tu sia meco ,
£ reggi r arme mie per l' aer cieco.
Tace , e sema indugiar le turbe accoglie ^
E rincora parlando il vile e '1 lento :
E nell' ardor delle sue stesse vogUe
Accende il campo a seguitarlo intento.
Da il segno Aletto della tromba , e scioghe •
Di sua man propria il gran vessillo al vento.
Marcia il campo v«loce , ansi ^ corre ,
Che della fama il volo ance precorre.
Va seco Aletto , e poscia il lascia , e veste
D' uom che rechi novale abito « viso :
£ nell' ora che par eh '1 monda reste
Fra la notte e fra 1 dì dnU^o e diviso y
Entra in Gerusalemme , e , tra le meste
Turbe passando , al rè dà 1' alto avviso
Del gran campo che giunge , « del disegno ;
E del notturno «fsalto e l' ora , e '1 se^o.
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CAl*TO NOWÒ. a3l
Ma già ^stendon l' ombre orrido yelo
Che di rossi vapor si sparge e tigne.
La terra , in vece del nottnmo gelo ,
Bagnan rugiade tepide e sanguigne.
S' empie di mostri , e di prodigi il cielo r
S' odon fremendo errar larve maligne :
Totò Pluton gli abissi , e la sua notte
Tutta versò dalle tartaree grotte.
Per sì profondo orror verso le tende
DegV inimici il fier Soldan cammina.
Ma quando a mezzo del suo corso ascende
La notte, onde poi rapida dechina ;
A men d' un miglio , ove riposo prende
Il sicuro Francese , ei s' avvicina.
K^\ fé' cibar le genti , e poscia, d' alto
Parìapdo ^ confortoUe al crudo assalto.
y«dete là di mille furti pieno , '
Un campo più famoso assai che forte :
,Che quasi un mar nel suo vorace seno
Tutte dell' Asia ha le ricchezze assorte.
Questo ora a voi ( né già potria con meno
Tostro perigho ) espon benigna sorte.
L' arme, e i destrier d' ostro guemiti e d' oro
Preda fian vostra , e non difesa loro.
Né questa è già quell' oste , onde la Persa
Gente , e la gente di ISicea fu vinta ;
Perchè , in guerra sì lunga e sì diversa ^
Rimasa n' è la maggior parte estinta :
£ s' anco integra fosse , or tutta immersa
In profonda quiete , d' arme è scinta.
Tosto s' opprime chi di sonno è carco :
Che dal fonao alla morte è un picciol varco.
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ftS» GERUSALEMME IIBEKÀTA.
SU sk yenite : io primo aprir ìm strada
Vo' su i corpi langnenti , entro ai ripari :
Ferir da questa mia , ciascuna spada y '
E 1' arti usar di cmdeltate impari.
Oggi fia cke di Cristo il regno cada :
Oggi libera r Asia : oggi -voi chiari.
Così gì' infiamma aDe vicine prove :
Indi tacitamente oltre lor move.
Ecco , tra via , le sentinelle ei vede
Per r ombra mista d' una incerta luce :
Né ritrovar, come sicura fede
Avea , puote improvviso U saggio duce.
. Tolgon, quelle , gridando , indietro il piede ,
Scorto che sì gran turba egU conduce :
Sicché la prima guardia h da lor desta ,
Che , com può meglio , a guerreggiar s' appresta.
Dan fiato allora ai barbari metalli
CU Arabi , certi ornai d' esser sentiti.
Yan gridi orrendi al cielo , e de' cavalli
Col suon del calpestio misti i nitriti.
Gli alti monti muggir, muggir le valli,
E risposer gli abissi ai lor muggiti :
E la face innalsò di Flegetonte
Aletto, e '1 segno diede a quei del monte.
Corre innansi il Soldano , e giunge a quella
Confusa ancora e inordinata guarda.
Rapido sì, che torbida procella
Da' cavernosi monti esce più tarda :
Fiume eh' arbori insieme , e case svelta :
Folgore che le torri abbatta , ed arda :
Terremoto che '1 mondo empia d^orrore ^
Son picciole sembtaose al suo'^hfevre.
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CANTO !?o:ro. l3S
T^on cala il ferro inai eh' appìcn non colga' :
riè coglie appien che piaga anco non faccia :
Nèjpiaga fa che V alma altrui non tolga :
£ più direi ; ma il Ter di falso ha faccia.
E par eh' egli o k* infinga , o non sen dolga ,
O non senta il ferir delle altrui braccia ;
Sehben l' elmo percosso in suon di squilla
Rimbomba , e orribilmente arde e sfavilla.
Or quando ei solo ha quasi in fuga volto
Quel primo stuol delle Francesche genti ;
Giungono , in guisa d' un diluvio accolto
Di mille rivi , gli Arabi correnti.
^^gg<)i*o i Franchi allora a freno sciolto ,
E misto il vincitor va tra' fuggenti :
E con lor entra ne' riparì , e '1 tutto
Di mine e d' orror a' empie , e di lutto.
Porta il Soldan su 1' elmo orrido e grande
Serpe che si dilunga ^ e '1 collo snoda ,
où le sampe s' innalia , e l' ali spande,
E piega in arco la forcuta coda :
Par che tre lingue vibri , e che fuor mando
Livida spuma , e che '1 suo fischio s' oda :
Ed or eh' arde la pugna , anch' ei s' infiamma
IVel moto y e fumo versa insieme e fiamma.
E si mostra in quel lame a' riguardanti
Formidabil così 1' empio Soldano ,
Come veggion nell' ombre i naviganti
Fra mille lampi il torbido oceano.
Altri danno alla fuga i pie tremanti :
Dannb altri al ferro intrepida la mano :
E la notte i tumulti ogn'or più mesce ,
Ed occultando i rischi, i rischi accresce.
aO.
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«54 GERUSALEMME tIBCRATA,
Fra color che mostraro il cor più franco.
Latin , ftul Tebro nato , allor si mosse :
A cui nh le fatiche il corpo stanco ,
IVè gli anni dome aTcano ancor le posse.
Cinque suoi figli ^asi eguali al fianco
. CU erano sempre, OTonqne in guerra ei fosse ,
D' arme grayando, ansi il lor tempo moHo ,
IjC membra ancor crescenti , e '1 moUe toUo.
Ed eccitati dal paterno esempio
Aguxsafano al sangue il ferro, e 1* ire.
Dice egli loro : andianne ove quell' empio
Yeggìam ne* fuggitivi insuperbire.
IVè già ritardi il sanguinoso scempio ,
Cb' ei fa degli altri , in voi Y usato ardire:
Perocché quello , o figU , è vile onore ,
Cui non adomi alcun passato orrore.
Così feroce leonessa i figli,
Cui dal collo la coma anco non pende ,
Tih con gli anni lor sono i feri artigli
Cresciuti , e 1' arme della bocca orrende ,
Mena seco alla preda , ed ai perigli :
E con r esempio a incrudelir gli accende
Titl cacciator che le natie lor selve
Turba , e fuggir fa le men forti bdve.
Segne il buon genitor l' incanto stuolo
De' cinque , e Solimano assale e cinge :
E in un sol punto , nn sol consiglio e un solo
Spirito quasi, sei lunghe aste spinge :
Ma troppo audace il suo maggior figlinolo
Li' asta abbandona , e con quel fier si stringe ;
E tenta invan , con la pungente sparla ,
Che sotto il corrìdor morto gli cada.
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CAÌVTO NOKO. fl35
IVIa come alle procelle esposto monte ,
Che percosso dai flutti al' mar sovraste ,
Sostien fermo in se stesso i tuoni > e 1' onte
Del cielo irato , e i venti , e V onde vaste ;
Così il fero Soldan 1' audace fronte
Tien salda incontro ai ferri , e incontro all' aste :
Ed a colui , che '1 suo destrier percote )
Tra i cigU parte il capo , e tra le gote.
Aramante al fra tei , che giù mina ,
Porge pietoso il braccio e lo sostiene :
Vana e folle pietà , eh' alla ruina
Altrui la sua medesma a giunger viene :
Che 1 Pagan su quel braccio il ferro inchina ,
Ed attena con lui chi a lui s' attiene.
Caggìono entrambi , e l' un su V altro langue ,
Mescolando i sospiri ultimi , e '1 sangue.
Quinci egli ) di Sabìn 1' asta recisa ,
Onde il fanciullo di lontan l' infesta ,
Gli urta il cavallo addosso , e '1 coghe in guisa ,
Che giù tremante il batte : indi il calpesta.
Dal giovinetto corpo usci divisa
Con gran contrasto l' alma , e lasciò mesta
L' aure soavi della vita , e i giorni
Della tenera età lieti ed adomi.
Rimanean vivi ancor Pico , e Laureate ,
Onde arrichì un sol parto il genitore :
Similissima coppia , e che sovente
Esser solca cagion di dolce errore^
Ma se lei fé' natura indifferente ,
Differente or la fa 1* ostil furore.
Dura distinzion , eh' ^11' un divide
Dal busto il collo , all' altro il petto incide.
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aSff GERUSALEMME llBERATA.
n padre ( ah non più padre ! ahi fera sort* ,
Ch' orbo di tanti figU a un punto il face ! )
Rimira in cin({ue morti or la sua morte ,
E della stirpe sua che tutta giace.
fih sÀ come vecchiezza abbia sì forte
NeD' atroci miserie , e sì vivace,
Che spiri e pugni ancor : ma gli atti , e i visi
Non mirò forse de' figliuoli uccisi.
E di sì acerbo ktto agli occhi sui
Parte 1' amiche tenebre celaro.
Contuttociò nulla sarebbe a lui ,
Senza perder se stesso , il vincer caro.
Prodigo del suo sangue , e dell' altrui
Avidissimamente h fatto avaro :
Nh si conosce ben (piai suo desire
Paja maggior , l' uccidere , o '1 morire.
Ma grida al suo nemico : È dunque frale
Sì questa mano, e in guisa ella si sprezza.
Che con ogni suo sforzo ancor non vale
A provocare in me la tua fierezza ?
Tace , e percossa tiro aspra e mortale
Che le piastre e le maglie insieme spezza y
£ sù'l fianco gli cala , e vi fa grande
Piaga , onde il sangue tepido si spande. ,
A quel grido , a quel colpo in lui converse
Il barbaro crudel la spada e 1' ira.
Gli aprì r usbergo, e pria lo scudo aperse,
Cui sette volte -un duro cnojo aggira : ,
E 'i ferro nelle viscere gì' immei-se. '
Il misero Latin singhiozza e spira ,
E con vomito alterno or gli trabocca
Il sangue per la piaga , or per la bocca.
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CAUTO WOlfO. a37
Come ncll* Apennin robusta pianta ,
Che sprexzò ò* Euro e d' Aquilon la guerra ,
Se turbo inusitato a]£n la schianta ,
Oli alberi intomo minando atterra.;
Cosi cade egli , e la sua furia è tanta ,
Che più d' un seco tragge , a cui s* afferra.
E ben d' nom si feroce è degno fine,
Che faccia ai^cor , morendo , alte mine.
Mentre il Soldan sfogando V odio interno
Pasce un lungo digiun ne* corpi ujnani ;
Oli Arabi inanimiti aspro governo
Anch' essi fanno de' guerrier Cristiani. •
L* Inglese Enrico, e '1 Bavaro Oliferao
Mojono, o fer Dragntte , alle tue mani.
A Gilberto , a Filippo Ariadeno
Toglie la vita , i quai nacquer sù'l Reno.
Albasar con la massa abbatte Emesto :
Sotto Algaxel cade Engerlan di spada.
Ma cbi narrar potrìa <{uel modo o «piesto
Di morte , e quanta plebe ignobil cada ì '
Sin da que' primi gridi erasi desto
Goffredo , e non istava intanto a bada.
Già tutto h armato , e già raccolto un grosso
Drappello ha seco., e già con lor s' è mosso*
Egli , che dopo il grido udì il tumulto
Che par che sempre più terribil suoni ,
Avvisa hen , che repentino insulto
Esser dovea degli Arabi ladroni :
Chh gik non era al Capitano occulto
Ch' essi intomo scorrean le regioni;
Benché non istimò che sì fugace
Volgo malfoMe d' aisarlirlo audace.
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S58 'GERUSALEMME LIBERATA.
Or mentre egfi ne Tiene , ode repente
Arme, arme re|4icar dall' akro lato,
Ed in un tempo il ciel orribifanenle
Intonar di barbarico nlnlato.
QuesU h Clorinda cbe del rè la gentfe
Guida aU' assalto , ed ba^e Argante a lato.
Al nobii Guelfo , cbe sostien sua vice,
Allor si Tolge il Capitano , e dice :
Odi qnal nnoTO strepito di Marte
Di Terso il colle e la citta ne Tiene ì
D' nopo là fia cbe 1 tno valore e V arte
I primi assalti de' nemici afirene.
Tanne tu dunque, e là proTvedi; e parte
To' cbe di questi miei teco ne mene :
Con gli altri io me n' andrò dall' altro canto
A sostener l' impeto ostile intanto.
Così fra lor concluso , ambo gli move
Per diverso sentiero egual fortuna.
Al colle Guelfo , e '1 Capitan va dove
Gti Arabi omai non ban contesa alcuna.
Ma questi, andando , acquista forse, e nove
Genti di passo in passo ogn' or ragnna:
Tal cbè , già fatto poderoso e grande ,
Giunge OTe il Cero Turco il sangue spande.
Così scendendo dal natio suo monte
Non empie umile il Pò l' angusta q>onda ;
Ma sempre più , quanto h più Innge al foute^
Di nove forse insuperbito abbonda.
Sovra i rotti confini abta la fronte
Di tauro , e vindtor d' intomo inonda :
E con più coma Adria recinge ; e pare
Cbe guerra porti^ e non tnbuto al mare.
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CAHTO NOirO. «39
Oofiredo , ove fuggir l' impaunte
Sue genti Tede , accorre , e le minaccia.
<^iial timor , grida , è «pesto ì oire fìaggite ?
Ouardate almen chi «a quel che vi caccia.
"Vi caccia un vile stuol, che le ferite
^è ricever né dar sa nella faccia :
Va se '1 vedranno incontra a se rivolto ,
Temeran 1' arme sol del vostro volto.
Punge il destrier , ciò detto , e là si volve
Ove diSoliman gì' incendj ha scorti.
Va per raetso del sangue , e della polve ,
K de' ferri ^ e de' rischi , e delle morti.
Con la spada e con gli urti apre e dissolve
Le vie più chiuse, e gli ordini phi forti:
K sossopra cader fa d' amho i lati
Cavalieri e cavilli , arme ed armati.
Sovra i confusi monti a salta, a salto
Della profonda strage oltre cammina.
L' intrepido Soldan , che '1 £ero assalto
Seilte venir , noi fugge e noi declina ;
Ma segU spinge inconU-a, e 1 ferro in ako
Levando , per ferir , gli s' avvicina.
O quai duo cavalieri or la fortuna
Dagli estremi del mondo in prova aduna !
Furor contra virtnté or qui comlMtte
D' Asia, ki un picciol cercÙo , ià grande impero.
Chi può dir come gravi e come ratte
Le spade son ? quanto il duello è fero ì
Passo qui cose orribili che fatte
Furon , ma le coprì qnell' aer nero :
D' un chiarissimo sol degne, e che tutti
Siano i mortali a rignardar ridutti*
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a4o GERVSAI.EMME LIBERATA.
H popol di Gesù dietro a tal gù^,
Audace or di-veunto , ohre ai apinge :
£ de* anoi meglio armati all' omicida
Soldano intorno un denao atnol ai atrisge.
fih la gente fedel più che V infida ,
Né più queata che qndim il campo tinge ;
Ma gli uni e gli altri , e Tincitori e Tinti ,
Egualmente dan morte , e sono estinti.
Come' pari d' «r^ , con forsa pare
Quinci Austro in guerra TÌen , qmndi AqnSone:
Non ei fra lor, non cede il cido , o '1 mare;
Ma nuhe a nnhe , e flutto a flutto oppone.
Così nh ceder qua , né Ik piegare
Sì vede r ostinata aspra tensone.
S' affronta insieme , orribilmente urtandoi
Scudo a scudo , elmo ad elmo , e brando a brando.
, Non meno intanto son ferì i litigi
Dall' altra parte , e i gnerrìer folti e densi.
Mille nuTole e più d' Angioli stigi
Tutti han pieni dell' arìa i campi immensi ^
£ dan fona ai Pagani ; onde i vestìgi
Non è chi indietro di rìrolger pensi.
£ la face d' inferno Argante infiamma.
Acceso ancor deUa sua propria fiamma.
Egli ancor dal suo lato in fìiga mosse
Le guardie , e ne' rìparì entrò d' un salto.
Di lacerate membra emjnè le fosse :
Appianò il calle, agevolò l' assalto:
Sicché gli altri il seguirò , e fer poi resse
Le prìme tende di sanguigno smalto.
£ seco a par Clorinda , o dietro poco
Sen già, sdegnosa del secondo loco.
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CÀITTO HOHO. fl^l
E già fuggiano i Franchi , attor che qtiivi
Oinnse Guelfo opportuno , e '1 suo drappello :
£ Tolger fé' la fronte ai fuggitÌTÌ ,
£ sostenne il Airor del popol fello.
Cosi si comhatteira , e '1 sangue in rivi
Correa egualmente in questo lato e in quello*
Gli occhi frattauto atta battaglia rea ,
Dal suo gran seggio , U rè del ciel volgea.
Sedea colk , dond' egli é buono e giusto
^'^ 1^6S^ *^ tutto, e '1 tutto orna e produce
Sovra i bassi confin del mondo angusto ,
Ove senso , p ragion nen si conduce.
£ della Eternità nel trono augusto
Risplendea con tre lumi in una luce.
Ha sotto i piedi il fato e la natura ,
Ministri umili, e 1 moto, e chi '1 misura;
E '1 loco , e quella eh' è qual fumo o pólve
La gloria di qua giuso , e 1' oro e i regni,
Come piace là su , disperde e volve;
Ne Diva cura i nostri umani sdegni.
Quivi ei cosi nel suo splendor s' involve ,
Che v* abbaglian la vista anco i più degni ;
D' intomo ha innumerabili immortali
Disegualmente in lor letisia eguali.
Al gran concento de' beati carmi
Lieta risuona la celeste reggia.
Chiama egli a sa Michele , il qual neU' armi
Di lucido diamante arde e lampeggia :
£ dice a lui : Non vedi or come s' armi
Centra la mia fedel diletta greggia
L' empia schiera d' Avemo , e insin dal fondo
Dette sue morti a turbar sorga il mondo ?
I. *i
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M^ GERUSALEMME LTBCRA.TA..
Ta , dUle ti^, che lasci ornai le cure
Della ^erra ai gnerrier , cai ciò conTiene z
Né il regno de' viirenti , né le pure
Piaggie del ciel contnrbi ed avvelene.
Tomi alle notli d' Acheronte oscure ;
Suo degno albergo , alle sue giuste pene :
Quivi se stessa , e T anime d' abisso
Crucj ; così comando ; e così bò fisso.
Qui tacque : e '1 duce de' guerrieri alati
S' inchinò rìvermte al divin piede.
Indi spiega al gran volo i vanni aurati ,
Rapido sì eh' anco il pensiero eccede.
Passa il foco e la lucè , ove i beati
Hanno lor gloriosa immobil sede :
Poscia il puro oristaUo, e 'l cerchio mira
Che di stdle gemmato incontra gira.
Quinci d' opre diversi e di sembianti
Da sinistra rotar Saturno , e Giove ,
£ gli altri , i qnah esser non ponno erranti ^
S' angelica virtù gì' informa e move.
Vien poi da' campi lieti e fiammeggianti
D' eterno dì , la donde tuona e piove :
Ove se stesso il mondo strugge e pasce,
E nelle guerre sue muore e rinasce. ,
Venia scoteodo^ cau F eterne piarne
La calìgine densa, e i cupi orrori.
S' indara-va la notte al divin kime ,
Che spargea scintillando il volto fuori.
Tale il sol nelle nubi ha per costume
S[»iegar , dopo la pioggia , i bei colori.
Tal suol, fendendo il liquido sereno,
Stella cader della gran madre in seno.
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CAlTTa NONO. s43
Ma giunto ùwe la schiera empia infernale
Il furor de' Pagani accende e sprona ;
Si ferma in aria in sù'l vigor dell' ale ,
£ vibra 1' asta , e lor così ragiona :
Pur voi dovrete ornai saper con quale
Folgore orrendo il rè del mondo tuona ,
Oh n^l disprexto e ne' tormenti acerbi
Dell' estrema miseria anco superbi!
Fisso è nel ciel, eh' al venerabil segno
Chini le mura , apra Sion le porte.
A che .pugnar col Fato ? a che lo sdegno
Dunque irritar della celeste corte ì
Itene maledetti al vostro regno ,
Regno di pene , e di perpetua morte :
C siano in quegli a voi dovuti chiostri
Le vostre guerre , ed i trionfi vostri.
La incrudeUte, là sovra i nocentt
Tutte adoprate pur le vostre posse
Fra i gridi etertii , e lo stridor de' denti ,
K '1 suon del ferro , e le catene scosse.
Disse : e quei eh* egli vide al partir lenti,
Con la lancia fatai spinse , e jiercosse.
£ssi , gemendo , abbandonnar le belle
Region della luce , e 1' auree stelle.
E dispiegar verso gli abissi il volo
Ad inasprir ne' rei Le usate doglie.
Pf on passa il mar d' augei sì grande stuolo ,
Quando ai soli più tepidi s' accoghe :
Tih tante vede mai l' autunno al suolo
Cader, co' primi freddi, aride foglie.
Liberato da lor, quella sì negra
Faccia depone il mondo , e si rallegro.
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«44 6ERUSAI.CMME LTBEKATA.
Ha ii(Mi perciò nel disdegnoso petto
D' Argante vien V ardire o '1 fiiror manco ;
Benché suo foco in Ini non spiri Aletto ,
Tih flagetto ìnfemal gli sfeni il fianco.
Rota il ferro cmdd OTe h più stretto
E più calcato insieme il popol Franco.
Miete i -vili , e i potenti : e i ]mù snbUmi
E più superbi capi adegna agi' imi.
Non lontana i Clorinda, e gik non meno
Par che di tronche membra il campo asperga.
Caccia la spa^U a Berlinghier nel seno y
Per messo il cor, doTe la vita alberga.
£ quel colpo a trovarlo andò sì pieno y
Che sanguinosa uscì fuor ddle terga.
Poi fere Albin là W e primier s' apprende
Nostro alimento , e 'I -viso a Gallo fende.
La destra di Gemiero , onde ferita
Ella fu pria , manda recisa al piano.
Tratta anco il ferro , e con tremanti dita
Semiviva nel suol guitxa la mano.
Coda di serpe è tal, eh' indi partita
Cerca d' unirsi al suo principio invano.
Così mal concio la guerriera il lassa :
Poi si volge ad Achille , e '1 ferro abbassa.
E tra 1 collo e la nuca il- colpo assesta :
E tronchi i nervi, e '1 gorgosiuol reciso »
Gio rotando a cader prima la testa :
Prima bruttò di polve immonda il viso ,
Che giù cadesse U tronco : il tronco resta
( Miserabile mostro ! ) in sella assiso.
Ma , libero del fren, con mille rote
Calcitrando il desther da se lo scote.
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CAUTO H©WO» «4»
Mentre cosi V indomita guerriera
Le squadre d' occidente apre e flagella ,
^on fa , d' incontra a lei , Gildippe altera
De' Saracini suoi strage men fella.
£ra il sesso il medesmo , e simile era
L*' ardimento e '1 -valore in questa e in quella.
IMTa far prova di lor non è lor dato :
Ch' a nemico maggior le serba il fato.
Quinci una , e quindi l* altra urta e sospinge,
^ii può la turba aprir calcata e spessa.
Ma '1 generoso Guelfo allora strìnge
Contra Clorinda il ferro , e le s' appressa.
£ calando un fendente, alquanto tinge
La fera spada nel bel fianco : ed essa
Fa d' una punta a hn cruda risposta ,
Cb' a ferirlo ne ira tra costa e costa.
Doppia allor Guelfo il colpo, e lei non coglie ;
Che a caso passa il Paleatino Osmida ,
£ la piaga non sua sopra se toglie,
La qnal vien cbe la fronte a lui recida.
Ma intomo a Guelfo omai molta s' accoglie
Di quella gente eh' ei conduce e guida :
£ d' altra parte ancor la turba cresce,
Sicché la pugna si confonde e mesce.
L' aurora intanto il bel purpureo volto
Già dimostrava dal sovran balcone :
£ in quei tumulti già s' era disciolto
11 feroce Argillan di sua prigione :
£ d' arme incerte il frettoloso avvolto,
Qoah il caso gli offerse , o triste o buone : -
Già sen venia per emendar gli errori
Novi , con novi merti , e novi onori.
al.
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a49 GERUSALEMME LIBEFJLTA
Come destrier che dalle regie stalle y
Ove all' oso dell' arme si ris^ba ,
Fogge , e, libero alfin per largo caBe
Tk tra gli armenti , o al fiume usato , o afl' cii>a r
Scbertan sù'I eoMo i crini , e sn le spalle
Si scote la cervice aka e superba:
Suonano i pie nel corso, e par eh' avvampi ,
Di sonori nitriti empiendo i campi ;
Tal ne viene Argfflano : arde il feroce
Sguardo : ha k fronte intrepida « aubiknc :
Lieve è ne' salti , e sovra i pie veloce,
Sicché d' orme la polve appena imprime.
E giunto fra' nemici alsa la voce ,
Pur coro' uom che tutto osi, e nulla stime :
vU feccia del mondo , Arabi inetti ,
Ond' è cb' or tanto ardire kk voi s' alleUi ?
JVon regger voidegli elmr e degli sentii
Siete atti il peso, o Ì petto annarvi e '1 dorso;
Ma commettete , paventosi e nudi ,
1 colpi al vento , e la salute al corso.
L' opere vostre , e i vostri egregi studi
Notturni son : dk l' ombra a voi soccorso.
Or eh' ella &igge , chi fia vostro schermo ì
D' arme è ben d' uopo, e di valor più fermo^
Così parlando ancor die per la gola
Ad Algasel di sì crudel pereos» ,
Che gli secò le fauci ; e la paroh
Troncò eh' alla risposta era già mossa.
A quél meschin subito orrore invola
n lume , e sccnre un dnro gel per l' ossa..
Cade , e co' denti l' odiosa teira ,
Pieno di rabbia , in «à'i morire afferra.
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CANTO FONO. »47
Quinci per Tarj casi) e Saladino,
Ed Agrìcalto , e Muleasse uccìde :
£ dall' un fianco all' altro a lor vicino
Con esso un colpo Aldiatil divide.
Trafitto a sommo il petto Ariadino
Atterra, e con parole aspre il deride.
£i gli occhi gravi aliando , alle orgogliosa
Parole, in sù'l morir, così rispose:
^on tu , chiunque sia , di questa morte]
"Vincitor lieto avrai gran tempo il vanto.
Pari destin t' aspetta , e da più forte
Destra , a giacer mi sarai sjteso a canto.
Rise egli amaramente , e , Di mia sorte
Curi il ciel, disse ; or tu qui mori intanto
D' augei pasto , e di cani : indi lui preme
Col piede , e ne trae 1' alma , e 'l ferro insieme.
Un paggio del Soldan misto era in quella
Turba di sagittarj e lanciatori ,
A cui non anco la ftagion novella
n hel mento spargea de' primi fion.
Pajon perle e rugiade in su la bella
Guancia irrigando i tepidi sndori:
Giunge gratia la polve al orine incolto :
£ sdegnoso rigor dolce k in quel volto.
Sotto ha un destrier che di candore agguaglia
Pur 'or neir Apennin caduta neve :
Turbo o fiamma non è , che roti o saglia
Rapida si , come è quel, pronto e leve.
Vibra ei , presa nel messo , una sagaglia:
La spada al fianco tten ritorta e breve :
E con barbara pompa in un lavoro
Di porpora riipleiide iatetU e d' oro.
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«48 GERUSALEMME LIBERATA.
Mentre il fanciullo , a cai noTcl piacere
Di gloria il petto gioveoil lusinga ,
Di ({ua turba e di la tutte le schiere ,
E Ini non è chi tanto o quanto stringa ;
Cauto osserva Argillan tra le leggiere
Sue rote il tempo , in cui 1' asta sospinga :
£ colto il punto , il suo destrier di (urto
Gii uccide , e so-vra gli h , eh' appena è surto.
Ed al supplice Tolto , il quale invano
Con r arme di pietà fea sue difese ,
Drissò , crudel , 1' inesorahil mano ,
E di natura il più bel pregio offese.
Senso aver parve , e fu dell' uono>ià umana
Il ferro , che si volse e piatto sc^e :
Ma che prò ? se , doppiando il colpo fero ,
Di punta colse ove eg^ errò primiero.
Soliman , che di lìt non molto Innge
Da Goffredo in battaglia h trattenuto ,
Lascia la suffa , e 1 destrier volve e punge ,
Tosto che '1 rìschio ha del ganon veduto :
£ i chiusi passi apre col ferro , e giunge
Alla vendetta sì , non all' ajuto :
Perchè vede , ahi dolor ! giacerne ucciso
Il suo Le&bin , quasi bel fior succiso.
E in atto sì gentil languir tremanti
Gli occhi , e cader sù'l tevgo il coUo mira :
Così vago è il pallore , e da' sembianti
Di morte una pietà si dolce spira ;
Ch' ammolli il cor , che fu dnr marmo innanti y
E 'I pianto scaturì di mesco all' ira.
Tu piangi , Soliman ! tu , che distrutto
Mirasti il regno tuo col ciglio asciutto ì
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GANTa irOHO. «49
>Ia come et ye6ie il ferro ostil che molle
Puma elei sangue ancor del giovinetto ;
X^a pietà cede , e T ira avvampa e bolle y
£ le lagrime tue: stagna nel petto.
Oorre sovra Argillano , e '1 ferro estolle ,
Parte lo scudo opposto , indi Y elmetto ,
Indi il capo e la gola ; e dello sdegno
]>t Soliman ben quel gran colpo è degno.
Né di ciò ben contento, al corpo morto,
Smontato dal destriero , anco fa guerra ;
Quasi 'mastin che 1 sasso , ond' a lui porto j
Fu duro colpo, infellonito afferra.
O d' immenso dolor vano conforto ,
Incrudelir neH' iiMensibil terra !
Ma frattanto de' Franchi il Capitano
Non spendea T ire , e le percosse invano.
Mille Turchi aveà qui che di loriche ,
E d' elmetti, e dì scudi eran coperti ,
Indomiti di corpo alle fatiche ,
Di spirto audaci , e in tutti i casi esperti :
E furon già delle miUsie antiche
Di Solimano , e seco ne' deserti
Seguir d' Arabia i suo' errori infelici,
Ndle fortune avverto ancora amici.
Questi riAretti insieme in ordin folto
Poco cedeano o nulla al valor Franco.
In questi urtò Goffredo , e ferì il volto
Al fier Corcutte , ed a Rosteno il fianco :
A Selin dalle spalle il capo hk sciolto :
Tronco a Rossano il destro braccio e '1 manco.
Né già soli oostor ; ma in altre guise
Moki piagò di loro , e molti uccise.
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a50 GERUSALEMME MBCRATA.
Mentre ei così la gente Stnictna
Percote , e lor percosie anco sostiene :
E in nuOa parte al precìpixie incbina
La fortuna de' Barbari , e la spene :
Nova nube di polve ecco vicina ,
Cbe folgori di guerra in grembo tiene ;
Ecco d' arme improvvise uscir un lampo,
Cbe sbigottì degV infiedeli il campo.
Son cinquanta guerrìer, cbe in puro argento
Spiegan la trionfai purpurea Croce.
Non io, se cento boccbe e Hngue cento
Avessi , e ferrea lena e ferrea yoce,
Narrar potrei quel numero che spento ,
Ne' primi assalti , bk quel drappi feroce.
Cade r Arabo ìmbeQe , e *1 Turco invitto ,
Resistendo e pugnando anco è trafitto.
L' orror , la crudeltà , la tema , il lutto
Van d' intomo scorrendo : e in varia imago
Vincitrice la morte errar per tutto
Vedresti , ed ondeggisi: di sangue un lago.
Già con parte de* suoi s' era condutto
Fuor d' una porta il rè , quasi presago
Di fortunoso evento ; e quinci d' alto
Mirava il pian soggetto , e '1 dubbio assalto.
Ma , come prima egli bà veduto in piega
L' esercito maggior, suona a raccolta,
E con messi iterati instando , prega
Ed Argante , e Clorinda a dar di volta.
La fera coppia d' esequir ciò nega ,
Ebrft di sangue , e cieca d' ira e stolta ;
Pur cede alfine , e unite almen raccorre
Tenta le tui-be , e freno ai passi imporre. '
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CANTO nono. %5l
Ma chi dk legge al Tolgo, ed ammaestra
La -vikade e '1 timor ? la finga k preM.
Altri gitta lo tendo , altri la destra
Disarma : impaccio è il ferro , e noa difrsa.
Valle è tra '1 campo e la citta , eh' alpestra
Dall' occidente al messo giorno è stesa;
Qiù foggon essi , e si rivolge oscura
Caligine di polve inver le mura.
Mentre ne yan precipitosi al chino ,
Strage d' essi i Cristiani orrihU fanno;
Ma poscia che salendo ornai vicino
Li' ajuto avean del harharo tiranno ,
Non Tnol Guelfo d' alpestro erto cammino ,
Con tanto suo syfntaggio , esporsi al danno ;
Ferma le genti , e '1 rè le sue rìserra ,
Non poco avanso d' infelice guerra.
Fatto intanto ha il Soldan ciò che è CQnceiso
Fare a terrena forca , or più non puote ;
Tutto e sangue e sudore , e un grave e spesso
Anelar gli auge il petto , e i fianchi scote.
Langue sotto lo scudo il braccio oppresso ;
Gira la destra il ferro in pigre rote ;
Spessa , e non taglia , e divenendo ottuso.
Perduto il brando omai di brando ha l' uso.
Come sentissi tal, ristette in atto
D' nom che fra due sia dubbio , e in se discorre
Se morir debba , e di si illustre fatto
Colle sue mani altrui la gloria torre ;
O por sopravansando al suo disfatto
Campo , la vita in sicuressa porre.
Vinca ( alfin disse ) il fato , e questa mia
Fuga il trofeo di sua vittoria sia.
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%S% GERtTSAtEMME LIBERATA.
Veggi» il nemico k mie spaHe, e scliem»
Di novo ancora il nostro esigHo indegno ;
pOTchè di novo armato indi mi scema
Turbar sua pace , e '1 non mai stabil regno*
Tion cedo io , nò : fia con mooioria etema
Delle mie offese , eterno anco il mio sdegno.
Risorgerò nemico ogn'or più cmdo ,
Genere anco sepolto , e spirto ignndo-
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GERtJSALEMME LIBERATA. fl55
. CANTO DECIMO.
ARGOMENTO.
Al Soldan che dorniia , si mostra Ismene,
£ occultamente entro a Sion l' ha posto.
Qpivi il vigor dell' animo , che meno
Uel rè venia , costui rinfranca tosto.
Be' suoi Goffredo ode gli errori appieno ;
Ma poi che di Rinaldo ha ogn'un deposto
Ch' ei sia mono il timor, fa Piero aperto
De* nepoti di lui le lodi e '1 merto.
V-»osl dicendo ancor, -vicino scorse
Un destrier eh' a Ini volse errante il passo :
Tosto al libero frcn la mano ei porse,
E su vi salse , ancorch' afflitto e lasso.
Già caduto è il cimier eh' orribil sorse ,
Lasciando V elmo inonorato e basso :
Rotta è la sopraTvesta , e di superba
Pompa regal vestigio alcun non serba.
Come dal chiuso ovil cacciato viene
Lupo talor , che fogge e si nasconde :
Che 5 sebben del gran ventre ornai ripiene
Hi l'ingorde voragini profonde,
Avido pur di sangue anco fuor tiene
La lingua , e '1 sugge dalle labbra immonde 5
Tale ei sen già , dopo il sanguigno strazio.
Della sua cupa fame anco non sasio.
i. 9,
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a54 GERUSALEMME LIBERATA.
E come è sua ventura , alle sonanti
Quadrella ond' a lui intomo un nembo Tola ^
A tante spade , a tante lancie , a tanti
Instrumenti di morte alfin s' invola:
E sconosciuto pur cammina innanti
Per cpiella via eh* è più deserta e sola f
E rivolgendo in se quel che far deggia ,
In gran tempesta di penùeri ondeggia.
Disponsi alfin di girne ove raguna
Oste si poderosa il rè d' Egitto:
E giunger seco 1' arme, e la fortuna
Ritentar'anco di novel conflitto.
Ciò prefisso tra se, dimora alcuna
Non pone in meno , e prende il cammin dritto
( Che sa le vie , né d' uopo ha di chi 1 guidi )
Di Gasa antica agli arenosi lidi. ,
Né perchè senta inacerbir le doglie
Delle sue piaghe , e grave il corpo ed ^gro,
Tien però che si posi , e V armi spoglie ;
Ma , travagliando , il dì ne passa integro.
Poi quando l' ombra oscura al mondo toglie
I varj a^tti , e i color tinge in negro ,
Smonta , e fascia le piaghe , e come puote
BÌegUo , d' un' alta palma i frutti scote.
E cibato di lor , su '1 terren nudo
Cerca adagiare il travagliato fianco y
E , la testa appoggiando al duro scudo ,
Quetar i moti del pensier suo stanco.
Ma d' ora in ora a lui si fa più crudo
Sentire il duol delle ferite , ed anca
Roso gli è il petto , e lacerato il core
Dagl' intemi avoltoj , sdegno e dolore.
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CAUTO .DECTUO. a55
Alfin , quando già tutte intorno chete
Kella più alta notte eran le cose,
Tinto egli pur dalla stancliexxa , in Lete
Sopì le cure sue gravi e nojo&e ;
£ in una breve e languida cpnete
Ije afflitte meralira e gli occhi egri compose :
£ mentre ancor dormia , Toce severa
or intonò su le orecchie in tal maniera :
SoKman , Solimano , i tuoi sì lenti
Riposi a miglior tempo omai riserva ;
Che sotto il giogo di straniere genti
La patria , ove regnasti, ancor' è serva.
In questa terra dormì , e non rammenti
Ch' insepolte de' tuoi V ossa conserva i
Ove sì gran vestigio è del tuo scorno ,
Tu , neghittoso , aspetti il novo giorno ?
Desto il Snidano , alca lo sguardo e vede
Uom che , d' età gravissima ai sembianti y
Col ritorto baston , del vecchio piede
Ferma e dirissa le vestigia erranti.
£ chi sei tu ? ( sdegnoso a Ini richiede )
Che, fantasma importuno ai viandanti, /
Rompi i brevi lor sonni ? e che s' aspetta
A te la mia vergogna , o la vendetta ì
Io mi son un ( risponde il vecchio ) al quale
In parte è noto il tuo novel disegno :
£ siccome uom , a cui di te più cale
Che tu forse non pensi , a te ne vegno.
^^ il mordace parlare indarno e tale :
Percbè della virtù cote è lo sdegno.
Prendi in grado , Signor , che 'I mio sermone
Ài tuo pronto valor sia sfersa e sprone.
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«ss GERUSALEMME LIBERATA..
Or perchè p s' io m' appongo , esser dee Tolto
AI gran rh dell' Egitto il tuo camolino ;
Che inutilmente aspro -viaggio tolto
Avrai , s' innanzi segui , io m' indovino :
Che sebben tu non vai, fia tosto accolto
£ tosto mosso il campo Saracino :
Né loco è la dove s* impieghi e mostri
La tua virtù, contra i nemici nostri.
Ma se in duce ihe prendi , entro a quel maro
Che dall' armi Latine è intomo astretto ,
Nel più chiaro del dì porti sicuro ,
8enia che spada impugni , io ti prometto.
Quivi con r arme e ^o' disagj un duro
Contrasto aver ti fia gloria e diletto ;
Difenderai la Terr» , insin che giugiia
L' oste d' Egitto a rinnovar la pugna.
Mentre ei ragiona ancor, gli occhi e la Toca
Dell' uomo antico il fero Turco ammira ;
£ dal volto , e dall' animo feroce
Tutto depone omai 1' orgoglio e l' ira.
Padre , risponde , io già pronto e veloce
Sono a seguirti : ove tu vuoi mi gira.
A me sempre miglior parrà il consiglio ,
Ove ha più di fatica e di perito.
Lo^B il vecchio i suoi detti : e perchè 1' aur«
Notturna avea le piaghe incrudeUte ,
Un suo Ucor v' instilla , onde ristaura
Le forze , e salda il sangue e le ferite.
Quinci veggendo omai eh' Apollo inaura
Le rose che l' Aurora ha colorite ;
Tempq è, disse, al partir ; che già ne scopre
Le strade il sol eh' altrui richiama all' opre.
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CANTO DECIMO. . ftS/
£^ Borra nn carro suo , che non lontana
Quinci attendea , col fier ?4iceno ei siede :
he briglie allenta , e con maestra mano
Ambo i corsieri alternamente fiede.
Quei Tanno b\ , che *1 polveroso piano
r^on ritien della mota orma , o del piede.
Fumar gli vedi , ed anelar nel corso ,
E tutto biancheggiar di spuma il morso.
Maraviglie dirò : s' aduna e strìnge
li' aer d' intomo , in nuvolo raccolto,
Sicché i gran carro ne rìcopre e cinge ;
Ma non appar la nube, o poco , o molta:
fih sasso , che murai macchina spinge ,
Penetrerìa per lo suo chioso e folto :
Ben veder ponno i duo dal cavo seno
La nebbia intorno , e fnorì il ciel sereno.
Stupido il cavalier le ciglia inarca.
Ed increspa la fronte , e mira fiso
La nube , e Ì carro ch'x)gni intoppo varca
Veloce sì , che di volar gH è avviso.
L' altro j che di stupor V anima carca
Oli scorge all' atto dell' immobil viso ,
Gli rompe quel silensio , e lui rappeUa ;
Ond' ei si scote , e poi così favella :
O chiunque tu sia che , fuor d' ogni oso ^
Pieghi natura ad opre altere e strane ,
E spiando i secreti , entro al più chiuso
Spas) a tua vogKa delle menti umane ;
S' arrìvi eoi saper , eh' è d' alto infato ,
Alle cose. remote anco e lontane ;
Deh dimmi , qual rìposo o qnal mina
Ai gran moti dtU' ÀiU il cid destina ^
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%tH eXRUSlLEMME LIBEtATA«
Ma pria dimmi il tao nome , e con cpial' arte
Far cose tu ù inusitate soglia :
Che se pria lo stupor da me non parte,
^ Come esser paò eh' io gli akri detU ftcci^lÌA ì
8orri^ il vecdiio, e disse : In una parto
Mi «ara leve 1* adempir tua TOgUa.
Son detto Ismeno , e i Siri aj^Uan mago
Me , che deU' arti incognite son Tago.
Ma eh' io scopra il fatnro , e eh' io dii^iieghii
Dell' occnlto destin gli etemi «nnali >
Troppo è audace desio , troppo alti ]^«ghi :
^oa è tanto concesso a noi mortali. /
Ciascun , qqa giù , le forse e '1 senno impieghi
Per aransar fra le sciagure e i maU :
Che sovente addivien che '1 saggio e '1 forte
Fabhro a se stesso è di heata soite. •
Tu , questa destra invitta , a cui fia poco
Scoter le forse del Francese impero ,
Pion che munir, non che guardare 11 loco
Che strettamente oppugna il popol fero ,
Contra V arme apparecchia , e contra 1 foco :
Osa , soffri , confida ; io bene ^pero.
Ma pur dirò , perchè piacer ti debbia,
Ciò eh' oscuro vegg' io , quasi per nehlna»
Veggio , o parmi federe , ansi che lustiì
Molti rivolga il gran pianeta etemo ,
Uom che l' Asia ornerà co' fatti illustri,
E del fecondo Egitto avrà il governo.
Taccio i pregi ^^^ ^^ > * ^* *^ industri ^
Mille virtù , die non ben tutte io scemo;
Basti sol questo a te , che da lui scosse
Non pur saranno le Crùrtiane^posM^ .
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CANTO DECIMO. a59
Ma insin dal fondo suo V imperio ingiusto
Svelto sarà nell' ultime contese ;
£ T'afflitte reliquie entro un angusto
Giro sospinte , e sol dal mar difese.
Questi fia del tuo sangue : e qui il yetusto
Mago si tacque : e quegli a dir riprese :
O lui felice eletto a tanta lode !
£ parte ne l' invidia , e parte gode.
Soggiunse poi : Girisi pur fortuna
O buona o rea , come è là su prescritto :
Che non ha sovra me ragione alcuna ,
£ non mi vedrà mai , se non invitto. ,
Prima dal corso distornar la luna
£ le stelle potrà , che dal diritto
Torcere un sol mio passo : e in questo dire
Sfavillò tutto di focoso ardire.
Cosi gir ragionando, insin che furo
Là 've presso vedean le tende alsarse:
Che spettacolo fu crudele e duro !
In quante forane ivi la morte apparse !
Si fé' negli occhi allor torbido e sqiro ,
£ di doglia il Soldano il volto sparse.
Ahi con quanto dispregio ivi le degne
Mirò giacer sue già temute insegne l
£ scorrer lieti i Franchi, e i petti e i volti
Spesso calcar de' suoi più noti amici :
£ , con fasto superbo , agi' insepolti
L' arme spogliare e gli abiti infelici :
Molti onorare in lunga pompa accolti
Gli amati corpi degli estremi uffici :
Altri soppor le fiamme , e 1 volgo misto
1)' Arabi e Turchi , a un foco ardere ha TÌst«»
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a6o gerusàlemmeliberàta.
Sospirò dal profondo , e '1 ferro trasse,
E dal carro lanciossi , e correr volle ;
Ma il vecchio incantatore a se il ritrasse
Sgridando , e raffrenò Y impeto folle ;
E fatto elle di novo ei rimontasse ,
Drixxò il sup corso al più sublime colle.
Così alquanto n' andaro , insin eh' a tergo
Lasciar de' Franchi il militare albergo.
Smontaro aUor dal carro , e quel repente
8parye, e presono a piedi insieme il calle :
•^eUa solita nube occultamente,
Discendendo a sinistra in nne vaBe ; ,
Sinché giunsero là dove al ponente
L' alto monte Sion volge le spalle.
Quivi si ferma il Mago , e poi s' accosta
( Quasi mirando ) alla scoscesa costa.
Cava grotta s' aprìa nel duro sasso ,
Di lunghissimi tempi avanti fatta ;
Ma , disusando, or riturato il passa
Era tra i pruni e 1' erbe Qve s' appiatta.
Sgombra il Mago gì' intoppi , e curvo e bassa
Per r angusto sentiero a gir s' adatta :
£ r una man precede^ e '1 varco tenta,
ti* altra per guida al Prìncipe appresenta.
^ Dice allora il Soldan : Qnal via furtiva
È questa tua , dove convien eh* io vada ^ '
Altra forse miglior io me n' aprìva ,
Se '1 concedevi tu , con la mia spada,
^on sdegnar, gli risponde , anima schiva.
Premer col forte pie la buja strada ;
Che già soka calcarla il grande Erode ,
Quel eh' ha nell' armi ancQr sì chiara lode.
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CA9TO DECIMO. a6l
Cavò questa spelonca , allor che porre
YoUe freno ai soggetti , il rè eh' io dico :
£ per essa potea , da quella torre
Ch' egU Antonia appellò dal chiaro amico ,
Invisthile a tutti il pie raccorre
Dentro la soglia del gran tempio antico :
E quiudi occulto uscir della cittate ,
£ trame ed introdur genti celate.
Ma nota h questa via solinga e hrona
Or solo a me degli uomini iriventi.
Per questa andremo al loco , ove raguna '
I più saggi a consiglio e i più potenti
II rè, eh' al minacciar della fortuna,
Più forse che non dee , par che paventi.
Ben tu giungi a grand' uopo : ascolta , e tacif ;
Poi movi a tempo le parole audaci.
Cosi gli disse ; e '1 cavaliero allotta '^
Col gran corpo ingomhrò 1' umil caverna :
£ per le vie , dove mai sempre annotta ,
Seguì colui che 'I suo cammin governa.
Chini pria se n' andar ; ma quella grotta
Più si dilata , quanto più s* intema ;
Sicché ascesér con agio , e tosto furo
A messo quasi di queU' antro oscuro.
Apriva allora un picciol uscio IsmeiiOy
£ se ne gìan per disusata sesia ,
A cui luce mal certo e mal sereno
Jj' aer che giù d' alto spiraglio cala.
In sotterraneo chiostro alfin venieno ,
£ salian quindi in chiara e nohil sala.
Qui con lo scettro , e col diadema in test«
Metto ledeati il rè fra gante mesta.
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m6% GERUSALEMME LIBERATI.
Dalla concava nube il Torco £ero,
Non veduto y rimira e spia d* tutomo ;
Ed ode il rè frattanto , il qoal primiero
Incomincia co^ dal aeg^o adorne •
Veramente , o miei fidi , al nostro impero
Fu il trapassato assai dannoso giorno :
E , caduti d' altissima sperania ,
8oI 1' ajoto d' Egitto ooud n'
Ma ben vedete voi qnanto la i
Lontana sia da sì vicin periglio.
Dunque voi tutti ho qui raccolti in
Perchè ogn'nn porti in messo il sno Consilio.
Qui tace ; e quau in boéco aura che freme, \
8uona d' intomo «n picciolo bishii^o.
Ma con la faccia baldansosa e lieta
Sorgendo Argante il mormorare accheta.
O magnanimo rè ( fià la risposta
Del cavaliere indonnito e feroce )
Perchè ci tenti ? e cosa a nullo ascosta
Chiedi , eh' uopo non ha di nostra voce ^
Pur dirò ; sta la speme in noi sol posta :
E s' egli h ver che nulla a virtù noce ,
Di questa armiamci : a lei chiediamo aHa :
Tie più , eh' ella si voglia , amiam la vita.
Né parlo io gik cosi , per eh* io diapere
DeD' ajuto certissimo d' Egitto :
Che dubiUr, se le premesse vere
Fian del mio rè , non lece , e non è dritto ;
Ma il dico sol , perchè desio vedere
In alcuni di noi spirto più invitto ;
eh' egualmente apprestato ad ogni toite,
bi prometta vittoria , e spretai morU.
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CINTO DECimo. ' fl6f
iTanto sol disse il generoso Argante,
Quasi uom che parli dì non dubbia cosa. '
Poi sorse in autorevole sembiante
Orcano , nom d' alta nobiltà famosa ,
£ già nell' arme d' alcun pregio avante;
IMa or congiunto a giovinetta sposa ,
£ lieto ornai de' figlj , era invilito
JNegU affetti di, padre e di marito.
Disse questi : O Signor, già non accuso
H £ervor di magnifiche parole ,
4^ando nasce d' ardir che star rìnchinso
Tra i confini del cor non può , nh vuole.
Però se '1 buon Circasso a te per uso '
Troppo ih vero parlar fervido suole ,
Ciò si conceda a lui , che poi nell' opre
Il medesmo fervor non meno scopre. ,
' Ma si conviene a te , cui fatto il coi so
Delle cose e de' tempi han sì prudente ,
Impor colà de' tuoi consigH il morso ,
Dove costui sene trascorre ardente :
Librar la speme del lontan soccorso
Col periglio vicino , ansi presente : i
£ con r arme , e con 1' impeto nemico
I tuoi novi ripari , e '1 muro antico.
Noi ( se lece a me dir quel eh' io ne sento )
Siafuo in forte ciuà di sito , e d' arte ;
Ma di macchine grande e violento
Apparato si fa dall' altra parte.
Quel che sarà non so : spero , e pavento
I gindis) incertissimi di Marte ;
E temo che s' a noi più fia ristretto
L' assedio , alfia di cibo avrem dii«Uo.
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•64 GERUSALEMME LIBERATA.
Perocché que^i armenti , e qnelle biadie
Ch' jcri ttt ricettasti entro le mòra ,
Mentre nel campo a insanguinar le spade
8' atlendea solo ( e fu somma ventura )
PiccioV esca a gran fame, ampia cittade
Nutrir mal ponno , se I' assedio dora :
£ forca è pur che duri , ancorché Tegna
Xi' oste d'Egitto il di eh' ella disegna.
Ma che fia se più tarda ? or su concedo
Che tua speme prevenga , e sue promesse ;
La vittoria però , però non vedo
Liberate, o Signor , le mura oppresse.
Combatteremo , o rè , con quel Goffredo ,
£ con qi^e'-duci, e con le genti istesse
Che tante volte han gik rotti e dispersi
CU Arabi , i Turchi , i Soriani , e i Persi.
£ quali sian tu '1 sai, che Idr cedesti
Si spesso il campo , o valoroso Argante ,
E si spesso le spalle anco volgesti ,
Fidando assai nelle veloci piante :
E *1 sk Clorinda teco , ed io con questi :
Ch* un più dell* altro non convien si xante.
Né incolpo alcuno io già , che vi fu mostro ,
Quanto potea maggiore , il valor nostro.
E dirò pur , benché costui di morte
Bieco minacci , e *1 vero udir si sdegni ;
Veggio portar da inevitabil sorte
n nemico fatale a certi segni :
IVc gente potrà mai , né muro forte
Impedirlo cosi , ch* alfin non regni.
Ciò mi fa dir ( sia testimonio il cielo )
Del Signor, della patria amore e ceto.
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CANTO DECIMO. s65
Oli saggio il rè eli Tripoli che pace
Seppe impetrar dai Franchi e regno insieme !
lUa il Soldano ostinato , o morto or giace
O pur servii catena il pie gli preme :
O nell' esiglio timido e fugace
Si Ta serbando alle miserie estreme :
"E pur , cedendo parte , ayria potato
Parte salvar co' doni e col tributo.
Cosi diceva , e s' avvolgea costui
Con giro di parole obbUquo e incerto ;
CK' a chieder pace , a farsi uopo ligio altmi
Già non ardia di consigliarlo aperto.
"Slhi sdegnoso il Soldano i detti sui
Non potea omai più sostener coperto ;
Quando il Mago gli disse : Or vuoi tu darli
Agio , Signor , che 'n tal maniera parli ?
Io per me , gli risponde , or qui mi odo
Contra mio grado , e d' ira ardo e di scorno.
Ciò disse appena , e immantinente il velo
Della nube , che stesa è lor d' intomo ,
Si fende , e purga nell' aperto cielo ,
Ed ei riman nel luminoso giorno :
E magnanimamente in fiero viso
Rifulge in messo , e lor parla improvviso
Io , di cui si ragiona , or son presente,
Non fugace e non timido Soldano-:
Ed a costui , eh' egli è codardo e mente y
M' oSero di provar con questa mano.
Io , che sparsi di sangue ampio torrente.
Che montagne di strage alsai sù'l piano ^
Chiuso nel vallo de' nemici , e privo
Alfin d' ogni compagno ^ io fuggitivo ì
1. ftS
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J
a68 CERUSALEMIIE LIBERATA..
Ma se più C[aesti, o s' altri a lui sÌBiSle,
Alla sua patria , alla sua iede infido ,
Motto osa Ut à* accordo infame e vile,
Buon r^, sia con tna pace , io cpiì V uccida.
Oli agni e i lupi fian giunti in un'ovile,
E le colombe e i serpi in un sol nido ,
Prima cKe mai, di non discorde voglia,
^oi co' Francesi alcuna terra accoglia.
Tien su la spada , mentre ei s\ favella ,
La fera destra in minaccievol' atto.
Riman cìascuio, a ^piel paxlare, a quella
Orrilul faccia , muto e stupefaUo.
Poscia , con vista men turbata e fella ,
Cortesemente inverso II rè s' è tratto.
^ Spera, gK dice , alto Signor ; cV io reco
PJon poco ajuto : Or Solimano è teco.
Aladin, eh' a lai contra era già sorto ,
Rispon.de : Oh. come lieto or qui ti veggio ,
Diletto amico ! or del mio stnol eh' è niort«
Non sento il danno ; e ben temea di peggio^
Tu lo mio stabilire , e in tempo corto
Puoi ridrix«are il tuo caduto seggio ,
Se '1 ciel noi vieta. Indi le braccia al collo,
Così detto, gli stese e circondotto.
Finita r accoglienaa , il rè concede
n suo medesmo foglio al gran IViceno.
Egli poscia a sinistra in nobil sede
Si pone, ed al suo fianco alluoga Ismeno.
E mentre seco parla ed a lui chiede
Di lor venuta , ed ei risponde appieno ;
Li' alta donsella ad onorar in pria
Vien Solimano : ogni altro indi seguia.
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CAUTO DECIMO. »67
Segni fra gii altri Ormasse , il qual la sdiiera
Di quegli Arabi suoi a guidar tolse :
E mentre la battaglia ardea più fera ,
Per disusate vie cosi s' amrolse ,
€yh.* ajutando il silenzio , e V aria nera,
liei salva alfin nella città raccolse :
£ con le biade , e co' rapiti armenti
Aita porse alle affamate genti.
Sol con la faccia torva e disdegnosa
Tacito si rimase il fìer Circasso :
A guisa di leon , (piando si posa ,
Girando ^ eccfai , e non movendo il passo.
Ma nel Soldan feroce alsar non osa
Orcano il volto , e 1 tien pensoso e basso.
Così a consiglio il Palestin tiranno
£ 'l rè de' Turcbi , e i cavalier qui stanno
Ma il pio Goffredo la vittoria e i vinti
Avea seguiti , e Kbere le vie t
£ fatto intanto ai suoi guerrieri estinti
L' ultimo onor di sacre esequie e pie.
£d ora ogli altri impon che siano accinti
A dar r assalto nel secondo die :
£ , con maggiore e più terribil faccia ,
Di guerra i diinsi barbari minaccic
£ perchè conosciuto avea Ìl dra^^pdlp y
Ch' ajutò lui contra la gente infida ,
£sser de' suoi più cari , ed esser queflo
Che già •ejguà V insidiosa guida f
£ Tancredi con lor , che nel castello
Prigion restò della fallace Armida ;
JVeUa presenta sol dell' Eremita
£ d' alcuni più saggi a ae gì' invita.
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»€8 GERUSALEMME LIBERATA..
£ dice loi : Prego cb* alcun racconti
De* ▼pstrì hrtffi errori il dubbio corso : --.
E come poscia vi trovaste pronti
In sì grand' uopo a dar sì gran soccoti^.
Yergogoando tenean basse le fronti , ^
Ch' era al cor picciol fallo amaro morso.
Alfin del rè Britanno il cbiaro figlio
Ruppe il silensio ^ e disse , alaando il piglio t
Partimmo noi , cbe fnor dell' urna a sorte
Tratti non fummo , ogn'nn per se nascoso :
D' Amor ( noi nego ) le fallaci scorte
Seguendo , e d 'm bel toHo insidioso.
Per vie ne trasse disusate e torte ,
Fra noi discordi, e in se ciascun geloso.
Nutrian gli amori , e i nostri sdegm ( ahi tar^
Troppo il conosco } or parolette , or ^ardi.
Alfin giungemmo al loco , ove già scese
Fiamma dal cielo in dilatate falde :
E di natura vendicò 1' offese
Sovra le genti in mal oprar sì salde.
Fu già ter^ feconda , almo paese >
Or acque son bituminose e calde ,
E steril lago : e quanto ei torce e girq ,
Compressa h V ari^ , e grave il posso spira.
Questo h lo stagno in cui nulle di greve
Si getth mai cbe giunga inaino al basso ;
Ma in guisa^por d' abete , o d' omo leve ,
L' nom vi sornuota , e '1 duro ferro , e '1 sasso.
Siede in esso up castello : e stretto e breve
Ponte concede a' peregrini il passo.
Ivi n' accolse : e non so con qnal' arte ,
y aga è là dentiv > e lide ogni sua parte .
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CANtO DECIMO. ' a69
V "k V aora molle , e '1 ciel sereno , e lieti
"Oli alberi e i prati , e pure e dolci V onde :
Ove fra gli amedissimi mirteti
Sorge una fonte , e an fimnieel diffonde.
PioTono in grembo all' erbe i sonni ^eti
Oon un soave mormoriadi fronde :
Cantan gli augelli ; i marmi io taccio e 1' oro
JiHaravigliosi d' arte , e di lavoro.
Apprestar su 1* erbetta, ov' è più densa
IL' ombra, e vicino al suon delle ac^[ue chiara y
Fece di scuhi vasi altera mensa ,
£ ricca di vivande elette e care.
£ra qui ciò eh' ogni stagion dispensa :
Ciò che dona la terra, o manda il mare :
Ciò che r arte condisce ; e cento belle
Servivano al concito accorte ancelle.
EUa d' un parlar dolce , e d' un bel risa
Temprava altrui cibo mortale e rio.
Or, mentre ancor ciascuno a mensa assiso
Beve con lungo incendio un lungo obblio.
Sorse , e disse : Or qvX riedo ; e con un viso
Ritornò poi non sì tranquillo e pio.
Con una man picciok verga scote :
Tien r altra un libro, e legge in basse note.
Legge la l^aga : ed io pensiero e voglia
Sento mutar, mutar vita ed albergo.
( Strana virtù ! ) novo piacer m' invogKa :
Salto neir acqua , e mi vi tuffo e immergo.
Pfen so come ogni gamba entro s' accoglia :
Come F un braccio e V altro entri nel tergo.
M' accorcio , e strìngo : e su la pelle cresce
Sqiuunmoio il cuojo , e d' nom son fatto un |>eice^
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«70 GERUSALEMME LIBERATA.
Così ciascun degli altri anco fu Toko ,
E gaicsò meco in quel TÌvace argento.
Qiule attor mi foss' io , come di stolte ,
Vano e torbido aogno , or men ramnaesto.
Piacquale al6n tornarci il proprio volto :
Ma tra la maraviglia e lo spavento
Muti eravam ; quando , turbata in visU ,
In tal guisa minaccia e ne contrista :
Ecco a voi noto è il mio j>oter, ne dice y
E quanto sovra voi Y impero bò pieno :
Pende dal mio voler cb' altri infelice
Perda , in prigione etema , il ciel sereno :
Altri divenga augello : altri radice
Faccia, e germogli nel terrestre seno :
O cbe s' induri in selce , o in moHe fonte
6i liquefaccia , o vesta irsuta fronte.
Ben potete scbivar l' aspro mio sdegno y
Quando seguire il mio piacer v' aggrade ;
Farvi pagani , e per lo nostro regno
Contra 1' empio BugKon mover le spade.
Ricusar tutti, ed abborrir V indegno
Patto : solo a Rambaldo il persuade.
Noi ( cbè non vai difesa ) entro «ma l>uca ,
Di lacci KfpreAacy ove non è cbe luca.
Poi nel castello istesso a sorte venne
Tancredi , ed egli ancor fu prìgioitìere.
Ma poco tempo in carcere ci tenne
La falsa Maga : e ( s' io n' intesi il vero )
Di seco trarne da quefl* empia ottenne
Del Signor di Damasco un messaggiero :
Cb' al rh d' Egitto in don , fra cento armati ,
Ne condnceva inezmi e incateiMiti.
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CANTO DECIMO. Hjl
Cos\ cen' andavamo : e come 1' alta
Provvldenaa del cielo ordina e move,
Il buon Rinaldo , il qnal più sempre esalta
X>a gloria sua con opre eccelse e nove ,
la noi s' avviene , e i cavalieri assalta
Mostri custodi ^ e fa le usate prove :
Oli uccide e vince , e d» quell' arme lóro
Fa noi vestir, che nostre in prima foro.
Io i vidi , e '1 vider questi : e da lui porta
Ci fu la destra , e fu sua voce udita.
Falso h il roroor che qa\ risuona e porta
Sì rea novella , e salva è la sua vita :
£d oggi è il tento dì cbe, conia scorta
D' un peregrin , fece da noi partita
Per girne in Antiochia : e pria depose
L' arme che rotte aveva e sanguinose.
Cosi parlava, e 1' Eremita intanto
Volgeva al cielo 1' una e V altra luce.
Non un color , non serba un volto : o qnant*
Più sacro e venerabile or riluce !
Pieno di Dio, ratto dal selo, accanto
Alle angeliche menti ei si conduce :
GU si svela il futuro , e nell' etema
«Serie àefjà anni e dell' etk s' intema.
£ la bocca sciogliendo, in maggior snono ,
Scopre le cose altrui eh' indi verranno.
Tutti conversi alle sembianse , al tuono
Dell' insoUta voce attenti stanno.
Vive, dice, Rinaldo : e le altre sono
Arti e bngie di femminile inganno :
Vive , e la vita giovinetta acerba
A più mature f^rìe il citi ns«rba«
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I
1
a7« GEBtrSALZMIlE LIBERATI.. *
Presagi fono , e fanciulleschi affanni
QuesU , ond' or 1' Asia lui conosce , e noma. \ \
Ecpo chiaro Tegg' io , correndo gli anni , * fH
Ch' egli s' oppone all' empio Angusto, e '1 doma :
E sotto r ombra degli argentei vanni
L' aquila sua copre la Chiesa , e Roma y
Che della fera arrk tolte agli artigli :
£ ben di lui nasceran degni i figli.
De' igli i figli, e chi yerra da quelli
Quinci avran chiari e memorandi esempi :
E da' Cesari ingiusti , e da' ruheQi
Difeoderan le mitre , e i sacri tempi.
Premer gli alteri , e sollevar gV imbelli ,
Difender gì' innocenti , e punir gli empi
Fian r arti Ipr : cosi verrli che vole
L' aquila Estense oltra le vie del sole.
E dritto h ben che, se *I ver mira e 1 laroe^
Ministri a Pietro ì folgori mortali.
U' per Cristo si pugni , ivi le piuiùe
Spiegar dee sempre invitte e trionfali :
Che cì6 per suo nativo alto costume
Dielle il cielo , e per le^ a lei fatali :
Onde piace la su , eh' a questa degna
Impresa , onde parti, chiamata vegna.
Con questi detti ogni timor discaccia
Di Rinaldo concetto il saggio Piero.
Sol nel plauso comune awien che taccia
Il pio Buglione immerso in gran pensiero.
Sorge intanto la notte, e su la faccia
Della terra distende il velo nero. ^
Tansene gh altri, e dan le membra al sonno ;
M«i i suoi pensieri in lui dormir non ponno.
11. FISE DfiL TOMO PRIMO.
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